Creato da quattro.mani il 02/05/2007
Quando la fantasia non riesce più a stare dentro la mente,e corre via,imbratta i muri e riempie le righe dei diari.Quando si consumano le penne, e la voce non smette di raccontare i pezzi della storia creata per gioco..è il momento di agire!

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Post N° 10

Post n°10 pubblicato il 08 Maggio 2007 da quattro.mani

“Susan, Susan, forza riprenditi…” Lentamente Susan cominciò a risvegliarsi. Aveva un terribile mal di testa e la gola in fiamme. Aprì gli occhi e vide il viso familiare di Emily. “Cosa mi è successo? Dove sono?... l’interrogatorio… devo andare in centrale”

Emily la guardò con severità mentre le porgeva un bicchiere di acqua e zucchero. “Non rispondevi al cellulare, in centrale non riuscivano a contattarti nemmeno sul cercapersone e ci siamo precipitati qui. Robert è dovuto tornare in ospedale ma prima si è assicurato che non fosse nulla di grave. Ha detto di passare da lui appena ti sentirai meglio per un controllo. Eri svenuta a terra, accanto alla porta”

Emily e Robert erano i suoi amici da sempre. Con Emily avevano pianto e riso insieme, si erano date coraggio l’un l’altra nei momenti difficili e avevano condiviso negli anni dell’ università un piccolo appartamento nel campus. Più che un’amica, Emily era per lei come una sorella. Anche dopo aver conosciuto Robert ed essersi sposata, non aveva smesso di essere presente nella sua vita. Susan sapeva che era molto preoccupata per lei negli ultimi mesi e sentì una fitta di dispiacere. “Sarà la stanchezza, non ho dormito molto in questi ultimi giorni. E poi… no… nulla. Non devi preoccuparti, ora stò bene. Faccio una doccia e vedrai che sembrerò come nuova!” disse guardandola negli occhi con dolcezza. Era la prima volta che le nascondeva qualcosa e si sentiva in colpa. Ma il suo sesto senso le consigliava di tacere, come se rivelarle di quelle strane chiamate potesse in qualche modo metterla in pericolo. “Stai tranquilla Emily, e dici a Robert che passerò in questi giorni per un controllo”. Cercò di essere quanto più convincente possibile, ma dallo sguardo dell’amica capì di non riuscire a nascondere lo stato di terribile ansia che la attanagliava. Abbassò lo sguardo e si alzò dal divano. “ok… so che mi nascondi qualcosa ma non voglio forzarti. Ora vado ma più tardi ti chiamo va bene? Susan, qualsiasi cosa sia sappi che con me puoi parlare” . Emily l’abbracciò forte, poi prese la borsa e le chiavi e la salutò con un sorriso preoccupato. Susan si sforzò di non piangere e ricambiò il sorriso. Poi, prese il telefono e chiamò in centrale. Quando riagganciò si sentiva ancora più nervosa.

Il suo capo, dopo essersi assicurato che stesse bene le aveva detto che Wash aveva cominciato a fare domande su di lei in relazione ad un omicidio che era avvenuto la sera prima. Poi, l’aveva sollecitata ad andare in centrale, il suo sospetto era già lì da un po’ e l’avvocato stava dando in escandescenza. Susan respirò profondamente e si andò a buttare sotto la doccia.

Quando arrivò in centrale si sentiva meglio, la doccia bollente aveva lavato via un po’ della stanchezza e del nervosismo di quella mattina. Prima di entrare, si impose di sembrare più rilassata e decisa di quanto in realtà non fosse. Percorse il corridoio velocemente ed entrò nella piccola sala dalla quale si poteva assistere agli interrogatori. Salutò con un cenno della testa il suo capo e guardò al di là del vetro-specchio. Lui era seduto sul lato corto del tavolo e sembrava assorto nei suoi pensieri. Susan lo osservò attentamente. A volte gli sembrava impossibile che fosse la stessa persona che aveva scritto quel diario, la stessa persona che aveva commesso quelle violenze. Una delle cose che l’aveva colpita, oltre al suo sguardo, era stata l’enorme mole. Gli era sembrato gigantesco quando si era alzato nella stanza degli interrogatori. Un fascio di muscoli e rabbia. Aveva poco più della sua età ma sembrava aver vissuto almeno il doppio. Susan pensò che era uno di quegli uomini che piacevano tanto alle ragazzine. Mentre formulava quell’ultimo pensiero, lui si voltò verso lo specchio. Non poteva vederla, Susan lo sapeva con certezza… eppure… sembrava che stesse guardando proprio lei. Come se stesse cercando di leggerle dentro.

Ancora una volta distolse lo sguardo, poi raccolse i suoi appunti ed entrò nella stanza.

 
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