Post N° 26

Post n°26 pubblicato il 14 Febbraio 2006 da fataalbertina
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PRONTI PER FESTEGGIARE?

                      

                                  

 
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Post N° 25

Post n°25 pubblicato il 14 Febbraio 2006 da fataalbertina
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BUON  SAN VALENTINO...

                 

                

                  

 
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Post N° 24

Post n°24 pubblicato il 24 Gennaio 2006 da fataalbertina
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Dugongo - Le leggende

Il dugongo e il lamantino vengono messi in relazione al mito delle sirene, tanto da essere classificati nell'ordine Sirenia (o Sirenidi). Il mito delle sirene, che risale alla civiltà greca, è antico così come lo sono i dugonghi, di cui sono stati ritrovati resti che risalgono a 6.000 anni fa.
Il più noto riferimento alle sirene è forse quello tratto dall'Odissea, quando la maga Circe avverte Ulisse del pericolo che le sirene rappresentano con il loro canto ammaliatore e gli suggerisce di tappare le orecchie dei marinai con della cera. Ulisse, se vuole ascoltare questo canto, deve farsi legare saldamente all'albero della nave, ordinando ai marinai di non slegarlo, qualsiasi cosa egli dica o ordini loro. Con questo trucco, Ulisse può sentire il canto, pur scampando il pericolo.
Meno noto, l'incontro di Giasone e degli Argonauti con le sirene, di cui ci narra Apollonio Rodio ne 'Le Argonautiche'. In questo caso fu Orfeo a salvare i marinai dal canto delle sirene, suonando a sua volta in maniera così melodiosa che gli uomini ascoltarono lui e ignorarono le sirene che, deluse e umiliate, si suicidarono gettandosi da una rupe.
Ma il mito delle sirene non si limita al bacino mediterraneo: è presente anche nelle mitologie scandinave, irlandesi e inglesi, tedesche, russe e in quelle del medio oriente e dei paesi asiatici. Spesso alla figura femminile si aggiungono anche figure maschili, come Tritone, figlio di Nettuno, nella mitologia greca, Ningyo in Giappone e Vatea, il 'creatore', in Polinesia.
Le origini del mito delle sirene sono oscure e discordanti. Curioso è invece il fatto che in origine esse avessero corpo d'uccello dai lunghi artigli, con grossi seni e volto di donna. Questa fisionomia ben si associa alla caratteristica del canto ammaliatore, essendo il canto elemento tipico degli uccelli e non degli esseri marini. Sembra anche che il nome 'Sirena' derivi dalla radice semitica 'sjr', che significa, appunto, cantare. Come si sia passati poi dalla figura di donna-uccello a quello di donna-pesce, resta un mistero. Tra le ipotesi, un errore di trascrizione, dal latino 'pennis' (penne, piume) a 'pinnis' (pinne). Mi è comunque difficile credere che un mito così largamente diffuso presso culture tanto differenti e distanti tra loro, possa aver subito un mutamento così radicale sulla base di un semplice errore trascrittivo, in epoche in cui la tradizione orale aveva una notevole importanza. Un'altra ipotesi è che il mito donna-uccello sia nato in paesi lontani dal mare, o in zone interne, una figura mitologica molto simile come raffigurazione e attitudine alle Arpie, per mutarsi poi in donna-pesce quando il mito delle sirene ha raggiunto culture rivierasche, proiettate verso il mare.

Quello che va invece sottolineato è che le sirene erano considerate esseri malevoli, portatrici di disgrazie. Rappresentavano il binomio 'inganno-morte', con il loro canto ammaliatore che attirava le navi sottocosta, verso scogli nascosti, per farle naufragare. Per alcuni le sirene erano reincarnazioni di spiriti respinti dall'Aldilà, esseri assetati di sangue che si cibavano dei marinai che riuscivano a nuotare fino a loro, senza affogare. Il loro canto soggiogava chiunque lo udisse, che ritornava però in pieno possesso delle proprie facoltà mentali, una volta allontanatosi sufficientemente da non udire più il loro canto. Una forma, insomma, di follia temporanea.
Nei secoli la figura della sirena ha subito cambiamenti graduali, da simbolo dell'inganno mortale, a semplice frutto della fantasia di marinai, che raccontavano di averle incontrate, conseguenza questa dell'essere rimasti troppo a lungo in mare e di aver così perduto il senno. Le segnalazioni di avvistamenti sono proseguite fin quasi ai tempi nostri, mentre la figura della sirena si è trasformata in un simbolo di donna misteriosa, dotata di fascino magnetico, capace di risvegliare fantasie, spesso raffigurata con connotati sexy, quasi un simbolo erotico.
Oppure, come nella favola di Andersen, il simbolo dell'eterna lotta tra razionalità e istinto nel cammino dell'evoluzione spirituale: la conquista di un'anima che fa diventare umani e la perdita della coda, simbolo animale, con conseguente rinuncia all'ambiente e alla condizione originaria.


Una curiosa immagine di sirena. penso sia lecito porsi una domanda: come è stato possibile che il dugongo (o il lamantino), animali socievoli e non certo avvenenti, siano stati scambiati per sirene, dotate invece di grande fascino, crudeli e dal canto ammaliatore? Chi ha ascoltato il verso del dugongo nella pagina introduttiva, si sarà reso conto che è tutt'altro che ammaliatore! Credo che in questo caso la responsabilità di aver alimentato questo malinteso sia veramente da imputare alla fantasia dei marinai e dei loro troppo lunghi soggiorni in mare, nonché al loro ambiente, che è sempre stato ricco di superstizioni e credenze. Pare che anche Cristoforo Colombo, alla vista di tre lamantini, abbia espresso tutto il suo disappunto per la bruttezza di quelle 'sirene'!
Anche in questo caso si è cercato di dare una spiegazione logica, cercando negli attributi fisici del dugongo delle giustificazioni a questo abbinamento. La femmina ha i capezzoli molto vicini all'attaccatura delle pinne: spesso, durante l'allattamento, stringe il piccolo al seno con la pinna, ricordando, con questo atteggiamento, una donna. Con tutta la mia buona volontà, non vedo altre somiglianze. Forse una femmina che allattava il suo piccolo, vista da lontano, dopo molti mesi di solo mare, senza vedere una donna, dopo una pinta di rum, ha tratto qualche marinaio in inganno? Difficile rispondere, sarebbe molto più facile liquidare l'intera faccenda attribuendo alle fantasie di marinai visionari questo errore d'identificazione. Ma restano comunque delle coincidenze curiose, riscontrabili tra popolazioni e culture molto diverse e lontane fra loro. La prima curiosità riguarda il nome attribuito al dugongo in vari paesi (al lamantino, in Brasile):
  1. Egitto: Arusa el bahar = la fanciulla, la bella del mare;
  2. Kenia: Queen of the sea = la regina del mare;
  3. Indonesia: Putri duyung = principessa dugongo;
  4. Brasile: Peixe mulher = pesce donna (ma anche Peixe boi = pesce bue).

In tutti questi casi, il nome fa sempre esplicito riferimento alla figura femminile. Non sono riuscito a rintracciare il nome comune in altri paesi (se qualcuno ne fosse a conoscenza, lo pregherei di comunicarmelo), ma credo che ci siano altri esempi simili.
Non solo, ma i nomi hanno sempre termini elogiativi: non dimentichiamo che le sirene, pur nella loro crudeltà, erano esseri dotati di poteri sovrumani, figlie o generate da dei.
Altra curiosità, in Indonesia si crede che i dugonghi siano reincarnazioni di donne e sono considerati spiriti benigni, così come c'era la credenza che le sirene fossero incarnazioni di spiriti che non avevano avuto accesso all'Aldilà (spiriti maligni, in questo caso). Una leggenda thailandese narra di una donna trasformata in dugongo per la sua smodata passione per i baccelli di alcune piante acquatiche. Da allora le lacrime di dugongo sono considerate una potente pozione amorosa, come avviene in Indonesia. Alle lacrime di dugongo mischiate con del profumo, così come al consumo della sua carne, viene attribuito, da alcune popolazioni, il potere di attrarre il sesso opposto, ricordando in questo il potere di attrazione delle sirene.
Molte popolazioni considerano il dugongo un porta sfortuna, attribuendogli una connotazione negativa, come negative erano le sirene. Anche nelle Filippine viene considerato un porta sfortuna e per questo vengono fabbricati, con le sue ossa, amuleti contro gli spiriti maligni. In Cina, al contrario, per secoli il dugongo è stato considerato un animale dai poteri 'miracolosi' e la sua uccisione causa di sfortuna. In molti villaggi di Sabah, nel Borneo malese, i pescatori associano al dugongo credenze superstiziose e non lo cacciano, rimettendolo in libertà se resta impigliato nelle loro reti.

Difficile indagare sui motivi storici e culturali che hanno fatto fiorire in così tanti paesi il mito delle sirene, così come è difficile capire come mai il dugongo sia stato identificato con le sirene da parte di culture tanto differenti. Resta il fatto che al dugongo vengano attribuiti molti poteri, sia positivi che negativi e che a lui siano legate molte credenze e superstizioni. Da parte mia posso solo aggiungere che la femmina che ho incontrato mi ha 'stregato' al primo sguardo, dolce e mansueto, senza nessun canto ammaliatore, nel silenzio totale del mio approccio in apnea.

 
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Post N° 23

Post n°23 pubblicato il 21 Gennaio 2006 da fataalbertina
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La danza delle Sirene

Tanto tempo fa In un bellissimo castello viveva una principessa.
Il suo castello era ricco e sontuoso con degli affreschi incantevoli e meravigliosi che raffiguravano ogni sorta di creature fantastiche e mitologiche: c’erano centauri, satiri, ninfe, sirene così squisitamente dipinti da sembrare vivi e reali.
La principessa almeno all’apparenza era tranquilla e riflessiva.
Come nelle favole aveva la pelle liscia e bella come i petali delle rose di maggio, gli occhi azzurri come il fondo del mare e dei piedini piccoli e graziosi come Cenerentola.
Ma non era la solita principessa delle favole; in fondo al cuore, anche se non l’avrebbe mai ammesso nemmeno a sé stessa, lei odiava il castello squallidamente meraviglioso in cui viveva e tutte le convenzioni, le pompe e le etichette a cui doveva sempre sottostare, odiava il principe bello ma banale che avrebbe dovuto sposare per ragion di stato, odiava babbo re e mamma regina quando le facevano notare quanto doveva essere felice e soddisfatta per tutto ciò che aveva e avrebbe avuto in futuro.
Ma al di sopra di tutto e di tutti la nostra dolce principessina si odiava, odiava sé stessa perché sapeva che avrebbe sempre subito tutto ciò senza mai ribellarsi.
Aveva infatti un cuore ribelle e selvaggio e tuttavia, forse anche perché era stata troppo viziata, era di carattere debole.
Quindi si limitava a cercare la libertà solo fuggendo nei suoi sogni invece di lottare per averne almeno un po’ nella realtà.
Una notte di plenilunio si svegliò di soprassalto da sogni strani e vagamente inquietanti  che tuttavia riusciva a ricordare solo vagamente e ancora nel dormiveglia le parve di udire un canto sommesso ma dolcissimo.
Si affacciò alla finestra della torre che dava sul mare e non molto lontano le parve di vedere su una piccola spiaggia un gruppetto di ragazzi e ragazze tutti completamente nudi che danzavano e cantavano in maniera così aggraziata e selvaggia allo stesso tempo che ne rimase profondamente turbata.
Così, per vedere meglio, si sporse un po’ dalla finestra ma i ragazzi sembrarono vederla e subito fuggirono tutti tuffandosi nel mare oscuro.
Poiché nessuno riapparve dalle onde lei pensò di aver avuto una allucinazione, causata magari dalla sua fervida fantasia.
La mattina dopo si convinse di averli solamente sognati.
I giorni successivi comunque non ebbe nemmeno il tempo di ripensarci, fervevano i preparativi per il suo matrimonio imminente e lei si sentiva del tutto rassegnata a quello che le appariva il suo dovere e destino.
Si era spinta persino a sorridere piacevolmente al principe, il quale ne fu profondamente felice dato che la felicità, a volte, è l’incapacità di vedere al fondo delle cose.
La notte prima del giorno del matrimonio, però, non riuscì assolutamente a prendere sonno tanto si sentiva inquieta ed infelice; una parte di lei voleva disperatamente fuggire, fuggire da tutto, da tutti e per sempre.
Si avvicinò alla finestra della torre pensando vagamente di buttarsi di sotto ma sapendo allo stesso tempo benissimo che anche il suo suicidio l’avrebbe solamente sognato.
Sarebbe stata una brava principessa alla fine, pensò mestamente.
Fu allora che vide di nuovo (Oh, si, questa volta ne era certa!) i ragazzi e le ragazze che come l’altra volta, danzavano nudi sulla spiaggetta.
Ma questa volta il loro canto non era sommesso ma si faceva di momento in momento più forte e esultante: un inno alla libertà e alla gioia.
La principessa ascoltandolo ne rimase rapita.
Fu allora che una ragazza della spiaggetta
le fece un saluto con la mano  ma più che un saluto sembrava un esplicito invito.

La principessa si sentiva come preda di un incantesimo a cui non poteva in alcun modo resistere, allora si spogliò completamente, aprì la porta della sua camera e discese la scalinata della torre mentre le prime luci dell’alba rischiaravano il castello.

 
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Post N° 22

Post n°22 pubblicato il 21 Gennaio 2006 da fataalbertina
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La storia di Sirena

Sirena, la leggendaria sirena di Guam, era un tempo una giovane ragazza che viveva nella regione di Agana vicino al fiume Minondo dove fresche acque di sorgente che dividono la città di Agana  incontrano l'oceano alla foce del fiume.
Amava molto l'acqua ed era solita andare a nuotare nel fiume ogni volta che poteva rubare un momento dai suoi doveri per soddisfare la sua più grande passione.
Un giorno fatale, la mamma di Sirena la mandò a prendere gusci di noci di cocco da usare al posto del carbone per la stufa.
Sirena però, dimentica dell'ora e dei suoi doveri, non potè resistere alla tentazione delle fresche acque del fiume.
Là nuotò a lungo, mentre la sua mamma la chiamava con impazienza.
La madrina di Sirena si trovava per caso a visitare quel posto, e mentre la madre di Sirena adirata con lei la malediceva con queste parole: "Siccome ami l'acqua più di ogni altra cosa, allora dovresti diventare un pesce" la madrina subito disse:"Rimanga però umana la parte di te che mi appartiene".
Sirena non tornò mai più a casa, perché avvertendo una strana sensazione mentre nuotava, scoprì presto che dalla vita in giù era diventata in parte pesce.
Sua madre, pentitasi della sua maledizione, non potè però disfarla.
Sirena, dicendo addio ai suoi cari, nuotò fin nell'oceano Pacifico. Dalla sua sparizione i marinai hanno testimoniato di averla vista in diverse parti del mondo. Un marinaio dice di averla vista prendere il sole su uno scoglio di un isoletta oceanica. Secondo alla leggenda, potrebbe essere catturata solo con una rete di capelli umani.

 
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