classe62

"i Profumi del quartiere"


Sapete cosa stavo pensando?che da tempo non sento più gli odori, i profumi della vita di tutti i giorni.Andiamo sempre cosi veloci, come macchine impazzite, che a volte ci dimentichiame del valore che hanno le cose semplici. Ero in fila l'altro ieri con il biglietto in mano, aspettando il mio turno davanti al bancone del fornaio, quando alla vista di pizze, pizzette,tortine e salatini mi sono accorto che non sentivo il profumo del pane. Quell'irresistibile odore che sentivo da bambino quando prima di andare a scuola passavo a prendere la focaccia, ancora calda. Dal profumo inconfondibile di ingredienti sani...buoni.. troppo buoni.Erano i profumi del quartiere. Io in quegli anni, negli anni sessanta vivevo in via Tadino un piccolo quartiere del grande Corso Buenos Aires a Milano.Per descrivervi il mio quartiere posso dire che le foto in bianco e nero ricordano con un po di fantasia una location di Sergio Leone in "C'era una volta in America". Scendevi in strada e trovavi Cesare, il fruttivendolo che mi chiamava Johnatthan, e con le cassette della frutta vuote mi faceva trovare sempre una spada di legno per giocare. Ermelinda la zia acquisita che mi chiamava quando erano pronti i biscotti alla marmellata.La pizzeria al taglio del toscano. Non si poteva passare dalla sua bottega se non avevi i soldi per un trancio, perchè voleva dire farsi del male.A mezzogiorno dalle finestre, odori di mille profumi, si mischiavano in un'orgia di sapori, per quello che era un momento sacro per le donne del quartiere. Aspettare l'arrivo del marito, i bambini al ritorno da scuola, per uno dei momenti più importanti. Il pranzo.Quel giorno avrò avuto sei o forse sette anni, e con i pattini a rotelle giravo in casa correndo attorno al tavolo della cucina. Mia madre santa donna, stirava seduta a pochi metri da me, con un'occhio sul ferro e con l'altro sempre rivolto su di me in attesa di qualche mia scorribanda. Non ricordo come successe, ma correndo sempre più veloce persi l'equilibrio e inciampando nel filo caddi a terra trascinandomi il ferro da stiro che mia madre in quel momento aveva tra le mani. Ci fù un'attimo di silenzio, poi mia madre scoppiò in un pianto.. silenzioso.. curva su se stessa con le mani tra i capelli. Ricordo l'immagine della disperazione, per la rottura del ferro, per i momenti difficile e per un figlio che combinava sempre guai. Andai verso mia madre e le dissi;<non ti preoccupare mamma per il ferro, adesso ci penso io>Probabilmente questa frase preoccupò maggiormente mia madre, che non ebbe neanche il tempo di fermarmi perchè saltando due gradini alla volta in men che non si dica ero in fondo alla scale e poi subito in strada. Girai l'angolo ed entrai nella bottega degli elettrodomestici. Sulle punte dei piedi mi allungai con le braccia sul bancone e dissi al signore anziano< ho rotto il ferro a mia madre e mi serve un ferro nuovo. Poi glielo pago! >Il signore anziano mi guardò sorridendo. Prese il ferro dallo scaffale e mi salutò dicendomi < Vai Gianni porta il ferro a tua madre>Quando arrivai a casa dissi < mamma,mamma non piangere ti ho comprato il ferro> Mia madre si mise a ridere. E il giorno successivo riportò il ferro spiegando l'accaduto.Questo era il quartiere! Gli amichetti per giocare a figurine, una canna di plastica per soffiare i bussolotti.... ed un panino con dentro la frittata che mia madre mi portava alle cinque del pomeriggio.