classe62

"La grande Inter del 69"


 
Se vivevi a Milano quando il calcio si giocava ancora con il cuore, potevi tifare solo due squadre ...e la mia non era certo quella dei diavoletti.Del resto con un padre come il mio come potevo non conoscere a memoria la formazione della grande Inter del Mago Herrera. Vieri, Facchetti, Jair, Suarez, Mazzola, Boninsegna e poi lui...la classe per eccellenza Mario Corso. Ricordo che in quegli anni  una tappa d'obbligo era quella di fermarmi  almeno una volta al giorno davanti alla vetrina di una piccola bottega che vendeva palloni di cuoio,scarpe con i tacchetti di gomma e le maglie dell'Inter..anche quella tutta bianca con la striscia diagonale che la grande Inter usava nelle partite  di coppa. Orgoglioso di un figlio che amava giocare a pallone mio padre non mi faceva mancare niente e lavorando in un negozio di calzature avevo anche  il grasso di foca per ammorbidire le scarpe di cuoio duro. Così tra il corredo del piccolo calciatore avevo: pantaloncini imbottiti da portiere con maglia e guanti,maglia tradizionale ed un pallone di cuoio con relativo ago per gonfiarlo.Trainer ed allenatore personale;mio padre.Per fortuna in quegli anni  dietro le maglie dei calciatori non c'erano numeri come il 33, il 22 o follie del genere. I calciatori erano undici e di conseguenza anche i loro numeri.Così con un numero potevo fare due ruoli. Si perche'  quando volevo giocare in porta  facevo cucire a mia madre il numero uno, e quando volevo imitare il grande Mariolino mia madre mi cuciva l'undici. Quel pomeriggio arrivai casa dall'oratorio con una grande notizia.Aspettai l'arrivo di mio padre e ancora sulle scale gli corsi incontro sventolando  la maglia arancione.Finalmente avevo una squadra la Scarlatti... e anche un campionato. Mio padre da quel giorno inizio ad allenarmi con pallone di gomma, per non rovinare quello in cuoio. Poi per insegnarmi a tirare le punizioni con la barriera mi compro' un libro pensate di chi...del mio mito Mario Corso. Era il 1969 ed era per me una settimana fantastica la domenica avrei iniziato il mio primo campionato e mercolodi sarei andato alla stadio con mio padre a vedere una grande partita di coppa; Inter Borussia. Erano altri i tempi, dove in campo si giocava un calcio di classe e sulle tribune non c'era violenza ma il cuore dei tifosi. Che emozione quando vidi da vicino i miei campioni salire sul campo erboso per riscaldare i muscoli prima della partita. C'erano tutti ma i miei occhi erano solo per lui Mariolino Corso; ala sinistra e capitano dell'Iter. Non so perchè lo facesse , ma noi tifosi aspettavamo quell'attimo come un rito scaramantico. Prima del tocco di inizio quando tutti i giocatori erano fuori dalla mezza luna; lui si chinava in avanti e abbassava i calzettoni sulle caviglie. In quel momento capivi che la partita stava iniziando. Io ero al settimo cielo e quella sera l'Inter vinse 4 a 3.Tornando in metropolitana continuando a parlare della partita dissi a mio padre < vedrai domenica quanti gol ti faccio>.  Per le successive tre notti continuai a sognare stadi, gol, Corso che mi chiamava per giocare nell'Inter, insomma sta di fatto che per tutti quegli eventi ero tirato come un'arco pronto a sfrecciare la sua freccia. Domenica mattina. Spgliatoio dell'oratorio. Mio padre in ginocchio mi ricordava tutte le tecniche provate negli ultimi giorni.Le squadre entrano in campo. Io maglia della Scarlatti con il numero undici aspetto di entrare nella mezza luna ; poi mi chino e abbasso i calzettoni. A battere il calcio di inizio tocca agli avversari, cosi come da copione faccio qualche passo indietro  verso la metà del mio campo. Quell'attimo durò un secolo. Il ragazzo passo indietro la palla al compagno che tirò uno spiovente nella mia direzione. Io alzai lo sguardo e vidi la palla "di cuoio" che saliva altissima nella mia zona praticamente sopra di me. Io avrei potuto fare due cose; lasciarla rimbalzare e tirare di controrimbalzo oppure passare di testa al mio compagno. Niente di tutto questo successe il quella frazione di secondo. Non ebbi neanche il tempo di irrigidire i muscoli del collo per tirare di testa,che il macigno di cuoio mi colpi sulla parte centrale della testa. Ripresi conoscenza tra le braccia di mio padre nello spogliatoio con lui che sorrideva per un figlio messo fuori campo al primo minuto.Sulla strada di casa continuai a chiedere a mio padre come fosse potuta accadere una simile sfortuna. In effetti non c'era stata sfortuna ma la sola ingenuità di non considerare che un pallone di cuoio era più pesante da quello di plastica.A parte questa parentesi fantozziana, Feci quello e tanti altri campionati, continuai a seguire la mia squadra del cuore... e il migliore allenatore che ho avuto nel calcio come nella vita ....è stato sempre mio padre.