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Un blog creato da felicedambrosio il 20/11/2007

VENTO DI PENSIERI.

la sola verita' e' amarsi

 
 

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Citazioni nei Blog Amici: 15
 

L'OMBRA DELLA LUCE.

Difendimi dalle forze contrarie,
la notte, nel sonno, quando non sono cosciente,
quando il mio percorso, si fa' incerto.
E non mi abbandonare mai...
Non mi abbandonare mai!
Riportami nelle zone piu' alte
in uno dei tuoi regni di quiete:
e' tempo di lasciare questo ciclo di vite.
E non abbandonarmi mai...
Non mi abbandonare mai!
Perche', le gioie del piu' profondo affetto
o dei piu' lievi aneliti del cuore
sono solo l'ombra della luce.
Ricordami, come sono infelice
lontano dalle tue leggi;
come non sprecare il tempo che mi rimane.
E non abbandonarmi mai...
Non mi abbandonare mai!
Perche', la pace che ho sentito in certi monasteri,
o la vibrante intesa di tutti i sensi in festa,
sono solo l'ombra della luce.

Franco Battiato (un maestro).

 

SGUARDI VITALI.

Cammino sui marciapiedi affollati, urto tra la gente, e procedo a fatica con passi impacciati tra l'indifferenza generale. Tanta gente incontrata per caso che mai piu' rivedremo, e' questo il nostro destino ma io mi oppongo: voglio un amico. Nel mare dell'indifferenza ci sono dei segnali di vita, che sono la speranza, la salvezza dell'umanita'. E tali segnali sono gli sguardi, specchi dell'anima, così brevi ma intensi, così occasionali ma sublimi. Incontrando la gente s'incrociano gli sguardi, così carichi di curiosita' e di vita, ma che nascondono anche molta malinconia. E alle volte con uno sguardo insistente, cerco di far breccia tra la gente, che, prigioniera dei propri pensieri, ha paura, ed abbassa lo sguardo per terra, come turbata. Eppure la salvezza del mondo risiede in quegli sguardi, segnali d'amicizia e d'amore pieni di voglia di comunicare. E ancor piu' la salvezza, sta nella certezza che tali sguardi si ripeteranno puntuali nell'arco della vita, giorno dopo giorno, con infinite diverse sfumature. Quando guidando la macchina, un pallone mi taglia la strada, io rallento, poi mi fermo, e mi volto indietro a guardare perche' so che apparira' un bambino, che di corsa attraversera' la strada per raccogliere la palla. Dietro un pallone, c'e' sempre un bambino, come dietro un bambino c'e' sempre una mamma. Allo stesso modo dietro un incontro, c'e' sempre la certezza di uno sguardo che c'invita alla fratellanza, che ci sprona alla vita.

Felice.

 
SONO SOLO UN UOMO, E NON MI BASTO PIU'.
 
Insultato da uno stupido, Buddha rimase ad ascoltarlo in silenzio. Quando l'uomo ebbe finito, gli chiese: "Buon uomo, se un tale rifiutasse di accettare un dono, a chi apparterrebbe di diritto quest'ultimo?". "A colui che lo aveva offerto" rispose il sempliciotto. "Figlio mio" disse il Buddha "io rifiuto di accettare il tuo insulto, e ti chiedo di tenerlo per te".
 

NON SI PUO' INSEGNARE QUALCOSA AD UN UOMO. PUOI SOLO AIUTARLO A SCOPRIRLA DENTRO DI SE'.

GALILEO GALILEI.

 

 

VIAGGIO

Post n°157 pubblicato il 11 Febbraio 2012 da felicedambrosio

L'unico vero viaggio verso la scoperta

non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi,

ma nell'avere nuovi occhi.

 
 
 

CAMBIAMENTO

Post n°155 pubblicato il 18 Febbraio 2010 da felicedambrosio

Quando non coincide più l'immagine che hai di te
con quello che realmente sei
e cominci a detestare i processi meccanici e i tuoi comportamenti
e poi le pene che sorpassano la gioia di vivere
coi dispiaceri che ci porta l'esistente,
ti viene voglia di cercare spazi sconosciuti
per allenare la tua mente a nuovi stati di coscienza.
Domani parto, cambio vita e altitudine.

 
 
 

A proposito del significato del Natale

Post n°154 pubblicato il 06 Gennaio 2010 da felicedambrosio

Ciao a tutti Voi. Le feste sono ormai passate e cisacuno di noi avrà avuto modo, seppure per brevi momenti, di meditare sul significato del Natale. Il Natale porta con sé un'atmosfera particolare, magica se vogliamo. Ma oggi non è proprio come una volta. Oggi c'è sempre meno mistero e stupore. Per molti diventa una festa stressante in cui bisogna fare dei regali e pensare a ricevere nel miglior modo possibile i parenti e gli amici, magari organizzando un bel pranzo. Lo stress è dovuto anche ai risvolti economici che tutto questo implica, e non da ultimo, al disordine a cui si va incontro, mettendo a disposizione la propria casa. Certo, poi arriva il giorno di Natale, e tutto si sfuma, e anzi, alla fine si puo' essere generalmente soddisfatti di come siano andate le cose. Ma cosa significa il Natale? E' difficile spiegare questioni così intimamente legate alla propria interiorita'. Voglio però raccontare una storia afro-americana che viene tramandata dagli africani che sono stati deportati nelle Americhe a coltivare le piantagioni di cotone.
La storia si ambienta proprio nel giorno di Natale, e cioe' in coincidenza della nascita di Gesù. La nascita di Gesù già all'epoca aveva avuto una grande risonanza, ed erano in molti a fare pellegrinaggio verso il luogo della nascita. Ad un certo punto si era creata una lunga fila di persone giunte per adorare il nuovo nato, e ciascuna di loro aveva pronto un regalo da donare. Con il trambusto della fila, si era svegliato di soprassalto un bambino, il quale, ancora assonnato, vedendo l'enorme fila, si era accodato. Man mano che avanzava in fila, il bambino cominciava a preoccuparsi, poiche' vedeva che lui era l'unico a non portare regali. Intorno a lui, in fila, c'era chi aveva tra le mani dei batuffoli di lana o cotone, chi una cesta di datteri, chi dei frutti della terra, ecc.. Lui, il nostro bambino, non aveva niente, e man mano che si avvicinava a Gesù, la sua preoccupazione aumentava, poiche' lui non aveva nulla da offrire. Con la testolina faceva capolino di tanto in tanto, uscendo dalla fila, per vedere se poteva fare qualcosa.
La Madonna in quei frangenti, era un po' impacciata poiche' con una mano teneva Gesù e con l'altra riceveva e sistemava i doni che la gente offriva. Ad un certo momento, la Madonna, vedendo il bambino fare capolino con la testa, lo chiamò a Sé. Il bambino, tutto timoroso, Le si avvicinò, e la Madonna, vedendo che quel bambino era l'unico ad avere le mani libere, gli affidò Suo figlio Gesù.
Il bambino che si sentiva a disagio pensando di non avere nulla, ora aveva fra le braccia la cosa piu' preziosa. Cosa dire... Le mani libere rappresentano quello che dovrebbe essere il nostro cuore: libero, puro, umile, senza affanni, non contaminato dalle avidità, dagli interessi di qualunque tipo, dagli egoismi e dal consumismo. Solo un cuore così potrebbe aprirsi maggiormente alle questioni spirituali, rimanendone attratto. E solo così, potremmo ricevere in cambio, il senso del vero significato del Natale o della vita. Grazie per l'attenzione. Buon anno, e a presto.

 
 
 

EVOLVERSI (PARTE 16° ED ULTIMA)

Post n°153 pubblicato il 13 Dicembre 2009 da felicedambrosio

Ben trovati a tutti Voi. Credo che in pochissimi abbiano seguito la mia lunga indagine circa la possibile evoluzione dell'uomo. Ma sono molto contento di averla fatta ed anche dei commenti che ho ricevuto. Vedete... non vi e' spettacolo piu' patetico di quello di un'epoca in cui si e' annoiati della vita. Materialmente il nostro mondo moderno è piu' ricco di quanto non lo fosse in tempi precedenti; ma noi spiritualmente non siamo che dei poveri. A nascondere il nostro stato di poverta' interiore non bastano tutti i nostri progressi fisici veramente meravigliosi, né l'abbondanza dei divertimenti e delle sensazioni. Infatti il compito di questi è per l'appunto di nascondere la nostra indigenza interna. Quando la nostra vita è arida, noi dobbiamo assolutamente creare degli stimoli artificiali al di fuori per sostituire quel che ci manca, o per lo meno cercare di produrre una tale ininterrotta sequela di sensazioni sempre nuove, da non avere tempo di accorgerci della mancanza di vita interna. Pochi soltanto possono sopportare la solitudine o il silenzio e trovare una ricchezza di vita sgorgante in loro stessi anche senza alcun stimolo esterno; eppure soltanto questi sono felici, soltanto questi vivono veramente. Dove si scorge la smania di divertimenti e di sensazioni esterne, vi e', in modo manifesto, un'abietta confessione della mancanza di vita interna. Qui sta la differenza tra i vivi e i morti: alcuni sono morti pur vivendo, altri non possono mai morire poiche' sono la vita stessa. Noi tutti cerchiamo la vita perche' essa e' felicità, è realtà; ma è soltanto quando abbiamo il coraggio di rinunciare al sensazionalismo ed agli stimoli esterni che possiamo aver successo nella nostra ricerca. L'uomo la cui natura interna non è ancora risvegliata conosce soltanto fatti, non misteri; per lui le cose hanno in se stesse la propria spiegazione: il mondo è là e che altro vi è da conoscere? Tale la visione animalesca: ai bovini può parere buona o cattiva la pastura, ma non hanno bisogno di spiegazione. L'uomo non risvegliato è contento dei fatti dell'esistenza: il suo ambiente, il suo cibo, il suo lavoro, la sua famiglia, gli amici sono fatti piacevoli o spiacevoli che lo circondano per i quali egli non ha bisogno di spiegazione alcuna. Non avrebbe significato per lui parlargli dei misteri nascosti nella sua vita e nel suo mondo; egli esiste ed il fatto di esistere gli è sufficiente. Vita e morte possono per un momento cagionargli gioia o dolore, ma esse gli sono familiari ed abituali e non suscitano in lui il bisogno di farsi delle domande. Ed e' proprio la familiarità della vita che nasconde il suo mistero alla mente animale. Ciò che susciterebbe meraviglia se veduto una volta, diventa familiare quando è veduto centinaia di volte e cessa di suggerire la possibilita' di ulteriori spiegazioni. Non abbiamo noi acceso e spento tante volte le nostre lampadine elettriche che l'inesplicata meraviglia dell'elettricità si è dileguata nella familiarità dell'azione ed il fatto è diventato la sua propria spiegazione? L'uomo primitivo viveva in un mondo di misteri e si muoveva fra angosciose paure ed ignoti terrori; ma faceva troppo parte della natura stessa per poterla investigare. Oggi, se dovesse intravedere un barlume del mistero della vita, si affretterebbe a nasconderlo ed anche a rinnegarlo per paura che il suo placido sonno intellettuale possa essere turbato. Piuttosto che correre il rischio di disturbare i suoi familiari e comodi fatti della sua esistenza, egli chiudera' gli occhi all'inesplicato e condannera' al rogo chi persistera' nel vedere e nell'indagare.
La mia sensazione è che verrà il tempo in cui la maggior parte di noi sara' sbalzata fuori dalle vecchie rotaie familiari, quando il nostro vecchio mondo crollera' senza speranza di salvezza. Credo che lo svegliarsi al mistero della vita sara' un avvenimento rivoluzionario; per esso un vecchio mondo si distruggera' affinché un altro e migliore possa prenderne il posto. Chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo: le domande di sempre. Siamo quell'essere che porta il nostro nome, che credevamo di conoscere così bene nel passato? Siamo la forma che vediamo nello specchio, il nostro corpo, la discendenza dei nostri genitori? Chi dunque è che sente e pensa dentro di noi, che vuole e lotta, progetta e sogna, che può opporsi e guidare questo corpo fisico che ritenevamo esser noi stessi? LA NOSTRA STESSA COSCIENZA E' TERRA INCOGNITA. Non sappiamo come lavora la nostra mente. Che cosa accade quando pensiamo e sentiamo, quando una lotta morale ci travaglia, quando siamo ispirati, quando sentiamo il bello o ci sacrifichiamo per gli altri?  E' come se fossimo prigionieri nel vasto palazzo della nostra coscienza, vivendo confinati in una piccola e nuda stanza oltre la quale si estendono gli appartamenti del nostro mondo interno, dove non penetriamo mai, ma dove misteriosi visitatori - sentimenti, pensieri, idee, consigli, desideri e passioni - vengono e attraversano la prigione senza che noi sappiamo da dove vengano e dove vadano. La sete di verita' nel cercare di comprendere e conoscere il significato e lo scopo della nostra vita, dovrebbe animarci sempre. Qualsiasi sistema che pretenda di spiegare la vita e' destinato a fallire perche' la vita non puo' essere contenuta in un sistema in quanto essa e' continuo divenire. Ma l'uomo puo' e deve evolversi in modo tale che il mistero della vita non sia un problema da risolvere ma una realta' da sperimentare.
Nel far questo, servitevi dell'INTUIZIONE amici miei. Vi e' molta piu' conoscenza intuitiva nella vita di ognuno di noi di quanto non realizziamo. Ben sovente ci accade, incontrando una persona o entrando in un luogo, di avere un lampo d'intuizione che, con infallibile certezza, ci conduce proprio nel cuore delle cose e ci procura una conoscenza del carattere della persona o del luogo, assai più profonda di quanto non sarebbe possibile ottenere con qualsiasi lungo processo di ragionamento o di deduzioni dall'esterno. Le nostre prime impressioni sono spesso di questa natura; anche prima che una persona abbia parlato, sappiamo già che cosa sarà per noi, se essa ci piacera' o meno, se confideremo in essa e ne faremo la nostra guida. Tutto questo e' conoscenza intuitiva, da non confondere con il semplice pregiudizio, e rappresenta nella nostra vita una parte molto piu' grande di quanto riteniamo. Determinate cose dobbiamo "sentircele" vere e debbono "risuonare" dentro di noi. Chi volesse approfondire tali argomenti, c'e' un bellissimo libro che tratta sulla possibile evoluzione dell'uomo. Tale libro potra' esservi di aiuto, parola mia. Il titolo è: "Frammenti di un insegnamento sconosciuto" di P. D. Ouspensky (allievo del maestro Gurdjieff), casa editrice Astrolabio.
Grazie a tutti Voi. Davvero... grazie.

 
 
 

PER CAUSA DELL'AMORE

Post n°152 pubblicato il 08 Novembre 2009 da felicedambrosio

="http://www.youtube.com/v/veLVCAuZons

 
 
 

EVOLVERSI (PARTE 15°)

Post n°150 pubblicato il 12 Ottobre 2009 da felicedambrosio

Ben trovati a tutti Voi, miei carissimi amici. Oggi affronteremo nel dettaglio lo studio dei centri. Cominciamo con il centro intellettuale. La parte meccanica del centro intellettuale lavora quasi automaticamente, e non esige alcuna attenzione; ma proprio per questo non è in grado di adattarsi ai cambiamenti delle circostanze, non puo' pensare, continuando a lavorare come ha cominciato, anche quando le circostanze sono completamente cambiate. Nel centro intellettuale, la parte meccanica include tutto il lavoro della registrazione delle impressioni, dei ricordi e delle associazioni. Questo è quello che dovrebbe fare normalmente, se cioe' le altre parti facessero il proprio lavoro. Non dovrebbe mai rispondere agli interrogativi che si rivolgono al centro intellettuale nella sua totalita' e neppure tentare di risolvere i problemi, né prendere mai alcuna decisione. Sfortunatamente il fatto è che essa è sempre pronta a decidere e che risponde sempre a tutti i generi di questioni, in maniera molto ristretta e limitata, a frasi fatte, in gergo, con slogan da partito politico. Tutto cio', e molti altri elementi delle nostre reazioni abitudinarie, costituisce il lavoro della parte meccanica del centro intellettuale. Questa parte ha un nome: si chiama "apparecchio formatore" o anche "centro formatore". Molte persone, soprattutto tra gli uomini numero 1, ossia la grande maggioranza degli uomini, passano tutta la loro vita con il solo apparecchio formatore, senza mai ricorrere alle altre parti del loro centro intellettuale. Per tutti i bisogni immediati della vita, per ricevere le influenze di tipo A e rispondere ad esse, per deformare o respingere le influenze di tipo C (derivanti dalle scuole), l'apparecchio formatore è del tutto sufficiente. E' sempre possibile riconoscere il pensiero del "centro formatore". Sembra che il centro formatore sappia contare soltanto fino a due. In effetti divide ogni cosa in due: comunismo e fascismo, lavoratori e borghesi, proletari e capitalisti, e così via. Siamo debitori al pensiero del centro formatore della maggior parte dei nostri "clichè" moderni - e non soltanto della maggior parte dei nostri clichè - ma di tutte le teorie popolari moderne. Forse è possibile dire che, in tutti i tempi, tutte le teorie popolari derivano dall'apparecchio formatore.
La parte emozionale del centro intellettuale consiste specialmente di cio' che si chiama emozione intellettuale, cioè desiderio di conoscere, desiderio di comprendere, la soddisfazione di sapere, la insoddisfazione di non sapere, il piacere di scoprire e così via, benchè tutte queste emozioni possano anch'esse manifestarsi a livelli diversissimi. Il lavoro della parte emozionale esige attenzione, ma in questa parte del centro l'attenzione non richiede alcun sforzo. Viene attirata e trattenuta dal soggetto stesso, il piu' delle volte attraverso in'identificazione, che abitualmente viene chiamata "interesse" o "entusiasmo" o "passione", oppure "devozione".
La parte intellettuale del centro intellettuale contiene in sé la facolta' di creare, di costruire, di inventare, di scoprire. Essa non puo' lavorare senza attenzione, ma l'attenzione in questa parte del centro deve essere controllata e mantenuta dalla volonta' e dallo sforzo. Tale criterio sara' per noi fondamentale nello studio delle differenti parti dei centri. Se li consideriamo dal punto di vista dell'attenzione, sapremo subito in quale parte del centro ci troviamo. Senza attenzione o con un'attenzione vagabonda ci troviamo nella parte meccanica; con un'attenzione attirata e trattenuta dal soggetto dell'osservazione o della riflessione, ci troviamo nella parte emozionale; con l'attenzione controllata e mantenuta sul soggetto dalla volonta', siamo nella parte intellettuale. Allo stesso tempo questo metodo indica come far lavorare le parti intellettuali dei centri. Osservando l'attenzione e cercando di controllarla, ci costringiamo a lavorare nelle parti intellettuali dei centri; lo stesso principio si applica egualmente a tutti i centri, benchè per noi non sia così facile distinguere le parti intellettuali, in particolare nel centro istintivo, la cui parte intellettuale non richiede per il suo lavoro un'attenzione percepibile o controllabile.
Consideriamo ora il centro emozionale, lasciando da parte le emozioni negative. Tale centro emozionale lo suddividiamo come sempre in tre parti: meccanica, emozionale, intellettuale.
La parte meccanica del centro emozionale comprende l'umorismo e la battuta spiritosa facile, il senso della comicita' grossolana, il gusto dell'eccitamento, il piacere degli spettacoli sensazionali, dell'esibizione, del sentimentalismo, il piacere di mescolarsi alla folla e di farne parte, l'attrazione per emozioni collettive di ogni sorta, la tendenza ad essere sommersi totalmente dalle piu' basse emozioni semianimali: crudeltà, egoismo, vigliaccheria, invidia, gelosia e così di seguito.
La parte emozionale del centro emozionale, può essere molto diversa, secondo le persone. Può comportare il senso dell'umorismo e del comico, come pure l'emozione religiosa, l'emozione estetica, l'emozione morale; in tal caso, può condurre al risveglio della coscienza morale. Ma con l'identificazione può diventare qualcosa di totalmente differente; può essere molto ironica, sarcastica, beffarda, può essere malvagia, ostinata, crudele e gelosa, anche se in modo meno primitivo della parte meccanica.
La parte intellettuale del centro emozionale (con l'aiuto delle parti intellettuali del centro motore ed istintivo) include il potere della creazione artistica. Nel caso in cui le parti intellettuali dei centri motore ed istintivo non siano abbastanza educate o non corrispondano nel loro grado di sviluppo alla facolta' creatrice, alla quale sono necessarie, questa può manifestarsi in sogno. Questo spiega la bellezza, talvolta stupefacente, dei sogni di certe persone che per altro non sono affatto artisti.
La parte intellettuale del centro emozionale può essere una via verso i centri superiori.
Nel centro motore la parte meccanica è automatica. Appartengono ad essa tutti i movimenti automatici detti, nel linguaggio ordinario, "istintivi", come pure l'imitazione e la capacita' di imitare a cui spetta una così gran parte nella vita.
La parte emozionale del centro motore corrisponde specialmente al piacere del movimento. L'amore dei giochi e dello sport, normalmente dovrebbe dipendere da questa parte del centro motore, però è raramente così, perchè altre emozioni e l'identificazione vi si mescolano e nella maggior parte dei casi l'amore per lo sport viene a trovarsi nella parte motrice del centro intellettuale e del centro emozionale.
La parte intellettuale del centro motore è uno strumento importantissimo ed estremamente interessante. Chiunque abbia avuto l'occasione di eseguire BENE un qualsiasi lavoro fisico, sa che ogni specie di lavoro richiede molta INVENTIVA. Occorre inventare per tutto quel che si fa dei propri, piccoli metodi particolari. Tali invenzioni costituiscono il lavoro della parte intellettuale del centro motore, come molte altre invenzioni dell'uomo. La facolta' che possiedono gli attori di imitare a volonta' voce, intonazioni e gesti altrui, deriva anch'essa dalla parte intellettuale del centro motore; ma allorche' questa facolta' di imitazione raggiunge un grado superiore, esige contemporaneamente il lavoro della parte intellettuale del centro emozionale.
Il lavoro del centro istintivo resta per noi molto oscuro. Noi non conosciamo realmente (voglio dire: non sentiamo e non possiamo osservare), che la sua parte sensoria ed emotiva. La sua parte meccanica comprende le sensazioni abituali che il piu' delle volte non notiamo affatto, ma che servono di base ad altre sensazioni; essa comprende anche i movimenti istintivi nel significato corretto dell'espressione e cioe' tutti i movimenti interni, come la circolazione del sangue, la digestione e i riflessi interni ed esterni. Poi c'e' la parte intellettuale del centro istintivo che nello stato di coscienza di sé, puo' farci raccogliere molti dati sul funzionamento della macchina umana e sulle sue possibilita'.
Lo studio delle parti dei centri e delle loro funzioni specifiche richiede un certo grado di "ricordo di sé". Senza ricordarsi di sé non e' possibile osservare abbastanza a lungo o con sufficiente chiarezza per sentire e comprendere la differenza tra le funzioni che hanno origine nelle diverse parti dei centri. Senza il ricordarsi di sè, nessun progresso e' possibile. Lunedì 26 ottobre concludero' questo argomento con alcune considerazioni finali e rivelero' il testo con il quale ciascuno di Voi potrà approfondire tutto quanto e' stato sin qui detto. Notte. Grazie, e a presto.

 
 
 

EVOLVERSI (14° PARTE)

Post n°149 pubblicato il 28 Settembre 2009 da felicedambrosio

Eccoci di nuovo qui, cari amici: ben trovati. Per approfondire lo studio del possibile sviluppo dell'uomo, resta da stabilire un punto molto importante. Sono due gli aspetti che nell'uomo devono essere sviluppati, ossia il suo sviluppo deve effettuarsi simultaneamente su due linee. Questi due aspetti dell'uomo, o queste due linee di sviluppo, sono il SAPERE e l'ESSERE.
In effetti, non si comprende che l'essere e' completamente distinto dal sapere. Inoltre, come abbiamo gia' visto, ci sono diversi gradi di "essere". L'idea dell'essere e dei differenti gradi di essere è completamente ignorata dal pensiero moderno. Al contrario, è opinione corrente che piu' ci sono divergenze e contraddizioni nell'essere di uomo, piu' egli possa essere brillante ed interessante. In genere si ammette, sebbene tacitamente, ma talvolta anche apertamente, che un uomo possa vivere nella menzogna, essere egoista, vile, irragionevole, perverso ed essere allo stesso tempo un grande uomo di scienza, un grande filosofo o un grande artista. Tutto cio' e' considerato originalita', quando invece si tratta di debolezza. Non è possibile essere un grande pensatore o un grande artista con uno spirito perverso, così come non è possibile essere un atleta da circo se si è malati di tisi. E' necessario capire chiaramente che cosa significa l'essere, e perchè debba crescere e svilupparsi parallelamente al sapere, pur restandone indipendente. Se il sapere prevale sull'essere o l'essere sul sapere, ne risultera' sempre uno sviluppo unilaterale e uno sviluppo unilaterale non potra' condurre molto lontano: dovra' fatalmente sfociare in qualche grave contraddizione interiore e fermarsi.
Cos'è mai la comprensione?
Abbiamo sempre confuso comprendere con sapere, ossia avere delle informazioni. Ma sapere e comprendere sono due cose del tutto differenti, che dobbiamo imparare a distinguere. La comprensione è, in un certo modo, la media aritmetica tra il sapere e l'essere. Se l'uno dei due diminuisce mentre l'altro aumenta questo non modifichera' la media aritmetica, ma è auspicabile che ci sia una crescita simultanea del sapere e dell'essere. Per comprendersi, due uomini debbono non solo possedere un uguale sapere, ma devono anche avere un essere uguale. Soltanto allora una comprensione reciproca è possibile. Inoltre non si puo' comprendere e non essere d'accordo. Nel modo solito di conversare noi diciamo sovente: lo comprendo, ma non sono d'accordo con lui. Dal punto di vista dell'insegnamento che studiamo, questo è impossibile. Se comprendete un uomo, siete d'accordo con lui; se non siete d'accordo con lui, non lo comprendete. E' difficile accettare questa idea, ma questo significa che è difficile comprenderla. Ricordate la suddivisione degli uomini in sette categorie? Immaginiamo gli uomini numero 1, 2 e 3 da una parte, e quelli delle categorie superiori dall'altra. Immaginiamo due cerchi concentrici. Il cerchio esteriore è meccanico, perche' in esso tutto accade e, a tale cerchio, appartengono gli uomini 1, 2 e 3. Al cerchio piu' interno, appartengono gli altri uomini. Sulla linea di confine tra i due cerchi, vi sono gli uomini numero 4. Ciascuno comprende a modo suo, ma la comprensione è qualcosa che appartiene al cerchio interiore dell'umanita'. Se taluni uomini del cerchio esteriore si rendono conto di non comprendersi l'un l'altro, e se sentono il bisogno di comprendersi, devono tentare di penetrare nel cerchio interiore, perche' soltanto la' è possibile una reciproca comprensione. Se formulate il vostro scopo come un desiderio di comprendere gli altri, ricordate che potete comprendere gli altri soltanto nella misura in cui comprendete voi stessi e soltanto al livello del vostro proprio essere. Questo significa che potete giudicare il sapere degli altri, ma non potete valutare il loro essere. Non potete vedere in loro, altro che nella misura in cui avete gia' visto in voi stessi. Ma noi facciamo sempre l'errore di credere di poter giudicare l'essere degli altri. In realta' se desideriamo incontrare e comprendere degli uomini con uno sviluppo superiore al nostro, dobbiamo lavorare allo scopo di cambiare il nostro essere.


 La prossima volta, affronteremo lo studio dei centri intellettuale, emozionale, motorio ed istintivo. Ma ciascun centro oltre alla suddivisione gia' fatta, nelle parti positiva e negativa, puo' essere suddiviso ulteriormente in tre parti: MECCANICA, EMOZIONALE, INTELLETTUALE. Siamo così giunti nel cuore dello studio sull'attenzione e del ricordo di sé, perche' sono le sole vie che conducono alla comprensione. Quindi il centro intellettuale avra' una parte meccanica, una emozionale ed una intellettuale. Il centro emozionale avra' anch'esso una parte meccanica, una emozionale ed una intellettuale. Così come i centri motore ed istintivo. Ma di questo ne parleremo la prossima volta che sara' pure il post conclusivo sull'argomento a meno di alcune considerazioni finali. Grazie a tutti, e a lunedì 12 ottobre. Vi pregherei di non mancare.

 
 
 

EVOLVERSI (13° PARTE)

Post n°148 pubblicato il 13 Settembre 2009 da felicedambrosio

Ben trovati, cari amici. Spero davvero che abbiate passato delle piacevoli vacanze. Mi spiace aver dovuto saltare l'appuntamento del 31 agosto, ma ora non vi sono piu' ostacoli per la ripresa del nostro cammino. Questo lo dico per tutti ma soprattutto per quei pochi ma preziossimi Amici che mi seguono sempre. Nello scorso appuntamento c'eravamo lasciati argomentando sulle emozioni negative. Nella nostra presente condizione l'unico lato buono è che in noi non vi è nulla di permanente. Se qualcosa diviene permanente nel nostro stato attuale è segno di pazzia. Solo gli alienati possono avere un ego permanente. Detto di sfuggita, questo fatto svuota di contenuto un certo termine errato che si è insinuato nel linguaggio psicologico attuale sotto l'influenza della psicanalisi: intendo dire la parola "complesso". Nella nostra struttura psicologica non vi è niente che corrisponda all'idea di complesso. Nella psichiatria del secolo XIX, cio' che ora si indica con il nome complesso era chiamato " idea fissa" e le idee fisse erano considerate come segno di follia, cio' che continua ad essere perfettamente giusto. Un uomo normale non puo' avere idee fisse, complessi o fissazioni. E' utile ricordarsene nel caso in cui qualcuno tentasse di trovarvi dei complessi. Abbiamo gia' fin troppe cattive qualità e le nostre possibilità sono minime anche senza complessi.
Ritorniamo ora alla questione del lavoro su noi stessi e domandiamoci quali siano realmente le nostre possibilità. Dobbiamo scoprire dentro di noi delle funzioni e delle manifestazioni che possiamo entro certi limiti dominare, e dobbiamo esercitare questo potere cercando di aumentarlo il piu' possibile. Per esempio, abbiamo un certo controllo sui nostri movimenti. Ma forse abbiamo un maggior controllo sui nostri pensieri. Esiste d'altronde un metodo speciale secondo il quale possiamo lavorare allo sviluppo della nostra coscienza, facendo uso dello strumento che meglio obbedisce alla nostra volontà, cioe' il nostro MENTALE, o centro intellettuale. Per comprendere meglio quello che sto per dirvi, cercate di ricordare che non abbiamo alcun controllo sulla nostra coscienza. Quando ho detto che possiamo diventare piu' coscienti o che un uomo puo' divenire cosciente per un istante, semplicemente perchè gli viene domandato se è cosciente o no, io ho usato la parola coscienti o coscienza in un senso relativo. Vi sono tanti gradi di coscienza e ognuno di questi gradi significa coscienza in rapporto ad un grado inferiore. Ma se non abbiamo alcun potere sulla coscienza, abbiamo un certo controllo sul nostro modo di pensare e possiamo costruire i nostri pensieri in modo tale che essi conducano alla coscienza. Voglio dire che dando ai nostri pensieri l'orientamento che avrebbero in un momento di coscienza, possiamo farla sorgere.
Ora cercate di precisare cio' che avete notato quando avete cercato di osservarvi. Avrete notato tre cose. PRIMO, CHE NON VI RICORDATE DI VOI STESSI: cioè che non arrivate a una conoscenza di voi stessi nel momento in cui tentate di osservarvi. SECONDO, che l'osservazione è resa difficile dal flusso incessante di pensieri, immagini, echi di conversazioni, frammenti di emozioni che attraversano la vostra mente e molto sovente distolgono la vostra attenzione dall'osservazione. INFINE avete notato che nel momento in cui cominciate ad osservarvi, qualcosa in voi mette in moto l'immaginazione, e che l'osservazione di sé, se la tentate realmente, è una lotta costante contro l'immaginazione. Ora questo è il punto essenziale del lavoro su di sé. Se l'uomo si rende conto che nel lavoro tutte le difficoltà dipendono dal fatto che egli non può ricordarsi di se stesso, sa già quel che deve fare.
EGLI DEVE TENTARE DI RICORDARSI DI SE'.
Per questo deve lottare contro i pensieri meccanici e deve lottare contro l'immaginazione. Se fa questo coscienziosamente, con perseveranza, vedrà dei risultati dopo un tempo relativamente breve. Ma non deve credere che la cosa sia facile, né di poter impadronirsi immediatamente di questa tecnica. Il ricordarsi di se stessi, è un atto difficile da mettere in pratica. Purtroppo nella nostra condizione ordinaria, possiamo rimanere coscienti di noi stessi per un paio di minuti al massimo. Tale è il limite cercando di mantenere la percezione di noi stessi. Provare per credere. Inoltre, il ricordarsi di sé, non deve essere basato sull'attesa dei risultati: altrimenti, ci si potrebbe identificare con i propri sforzi. Deve essere basato sulla comprensione del fatto che non ci ricordiamo di noi stessi, ma che al tempo stesso POSSIAMO ricordarci di noi stessi, se ci sforziamo abbastanza e nel modo giusto. Quando si osserva qualcosa, l'attenzione è diretta su cio' che si osserva. Ma tentando di ricordarsi di se stessi, oltre all'oggetto osservato l'attenzione dovrebbe dirigersi anche su se stessi. Se, per esempio, cammino per strada, l'attenzione dovrebbe essere DOPPIA: dovrebbe focalizzarsi sulla strada e contemporaneamente dovrei avere la visione di me stesso che attraversa la strada, senza mai perdere dunque, il controllo di se stessi. Non possiamo diventare coscienti a volontà, nel momento in cui lo desideriamo, perchè non siamo padroni dei nostri stati di coscienza. Ma possiamo ricordarci di noi stessi per un breve momento, quando lo vogliamo, poiche' in una certa misura comandiamo i nostri pensieri. Se cominciamo a ricordarci di noi stessi, dando ai nostri pensieri una certa forma, cioe' vedendo che non ci ricordiamo di noi stessi, che nessuno si ricorda di se stesso e comprendendo tutto cio' che questo significa, troveremo cio' che ci condurrà alla coscienza.
Dovete tener presente che abbiamo trovato il punto debole nel muro della nostra meccanicità. Questo punto debole consiste nel sapere che non ci ricordiamo di noi stessi e nel renderci conto che noi possiamo cercare di ricordarci di noi stessi. Fin qui il nostro solo scopo è stato lo studio di sé. Ora, con la comprensione della necessità di un cambiamento reale in noi stessi, il lavoro puo' cominciare. La pratica del ricordo di sé, legata all'osservazione di sé e alla lotta contro l'immaginazione, non ha soltanto un significato psicologico, ma è un qualcosa che cambia la parte piu' sottile del nostro metabolismo e che produce nel nostro corpo degli effetti chimici definiti, che forse sarebbe meglio dire alchemici. Così, partendo dalla psicologia siamo giunti all'alchimia, cioè all'idea della trasformazione di elementi grossolani in elementi sottili. Bene, per oggi puo' bastare. Spero che possiate meditare su questo post. A lunedì 28 settembre. Grazie.

 
 
 

EVOLVERSI (12° PARTE)

Post n°147 pubblicato il 03 Agosto 2009 da felicedambrosio

Eccoci di nuovo qui, miei cari amici. Oggi, dobbiamo cercare di comprendere un'altra caratteristica dei centri, il che ci dara' in seguito eccellenti dati per l'osservazione di sé e per il lavoro su di sé. Il post risultera' un po' lungo e so benissimo che piu' lungo diventa meno lettori avra', ma dovro' per forza dilungarmi sulle emozioni negative, le quali giocano un ruolo fondamentale nella nostra vita. Supponiamo che ciascun centro sia diviso in due parti, POSITIVA e NEGATIVA. Questa divisione è particolarmente chiara per il centro intellettuale e per il centro istintivo. Tutto il lavoro del centro intellettuale si divide così in due parti: affermazione e negazione, sì e no. Ad ogni istante nei nostri pensieri, uno dei due aspetti prevale sull'altro oppure sono entrambi di egual forza: da qui l'indecisione. La parte negativa del centro intellettuale è utile quanto la positiva, e la minima diminuzione di forza dell'una in rapporto all'altra provoca dei disturbi mentali. Nel lavoro del centro istintivo, la divisione è pure molto chiara e le due parti, negativa e positiva, sono ambedue necessarie ad un giusto orientamento nella vita.
Le sensazioni positive o piacevoli, di gusto, di odorato, di tatto, di calore, di frescura, di aria pura, attestano tutte condizioni salutari all'esistenza; le sensazioni negative o spiacevoli, di gusto cattivo, di cattivo odore, di contatto sgradevole, l'impressione di calore soffocante o di freddo eccessivo, indicano tutte condizioni nocive all'esistenza.
Si puo' dire insomma che non è possibile un giusto orientamento nella vita se mancano sensazioni sia piacevoli che spiacevoli. Esse sono la guida sicura di tutta la vita animale sulla terra, e se subissero la minima alterazione, ne risulterebbe una mancanza di orientamento con coseguente pericolo di malattia e di morte. Pensate come farebbe presto un uomo ad avvelenarsi se perdesse completamente il senso del gusto o dell'odorato, o se in qualche modo artificiale superasse il suo naturale disgusto per le sensazioni sgradevoli.
Nel centro motore la divisione in due parti, positiva o negativa, non ha che un senso logico: il movimento in opposizione al riposo. Essa è priva di utilita' per l'osservazione pratica.
Nel centro emozionale, a tutta prima, la divisione è semplice ed evidente. Considerando che le emozioni piacevoli come gioia, simpatia, affetto, fiducia in sé derivano dalla parte positiva, e che le emozioni sgradevoli come noia, irritazione, gelosia, invidia e paura derivano dalla parte negativa, le cose parrebbero molto semplici; in realta' esse sono molto piu' complicate. INNANZI TUTTO NON C'E' PARTE NEGATIVA NATURALE NEL CENTRO EMOZIONALE. La maggior parte delle emozioni negative sono artificiali, non appartengono al centro emozionale propriamente detto e sono basate su delle emozioni ISTINTIVE, completamente estranee ad esse, ma che sono snaturate dall'immaginazione e dall'identificazione. In effetti le emozioni positive come amore, speranza, fede, nel senso in cui sono comprese abitualmente, ossia come delle emozioni permanenti, non sono accessibili all'uomo nel suo stato ordinario di coscienza. Esse richiedono piu' elevati stati di coscienza; esigono l'unita' interiore, la coscienza di sé, un Io permanente e la volontà. Le emozioni positive sono delle emozioni che NON POSSONO DIVENIRE NEGATIVE. Ora, tutte le nostre emozioni piacevoli, come gioia, simpatia, affetto, fiducia in sé, possono AD OGNI ISTANTE degenerare in noia, irritazione, invidia, timore, ecc... L'Amore si puo' volgere in gelosia o in paura di perdere cio' che si ama o in collera e in odio; la speranza puo' cambiarsi in sogni e aspettativa di cose impossibili, e la fede in superstizione e accettazione passiva di sciocchezze confortanti. Persino una pura emozione intellettuale, come il desiderio di conoscere, o un'emozione estetica (per esempio: un sentimento di bellezza o di armonia), non appena cade nell'identificazione, si associa immediatamente a emozioni d'ordine negativo quali orgoglio, vanita', egoismo, amor proprio e così via. Si puo' dunque dire senza timore di sbagliare che NON POSSIAMO AVERE EMOZIONI POSITIVE. Allo stesso tempo è altrettanto vero che NON ABBIAMO EMOZIONI NEGATIVE CHE POSSANO ESISTERE SENZA IMMAGINAZIONE O IDENTIFICAZIONE. Non si puo' negare naturalmente che accanto a molteplici sofferenze fisiche, appartenenti al centro istintivo, l'uomo ha molte sofferenze morali che appartengono al centro emozionale. Vi sono molti dispiaceri, fastidi, timori, apprensioni, eccetera, che non possono essere evitati e che sono intimamente legati alla vita dell'uomo quanto la malattia, il dolore e la morte. Tuttavia queste sofferenze morali non hanno niente a vedere con le emozioni negative basate sull'immaginazione e l'identificazione. 
Le emozioni negative sono un fenomeno terribile. Esse occupano un posto enorme nella vita. Si potrebbe dire che per molta gente, tutta la vita è regolata, controllata ed infine rovinata dalle emozioni negative. Al tempo stesso le emozioni negative nonrappresentano alcuna utilita' nella nostra vita. Non servono al nostro orientamento, non ci apportano alcuna conoscenza, non ci guidano mai in maniera sensata. Al contrario guastano tutti i nostri piaceri, fanno della nostra vita un peso e oppongono degli ostacoli veramente reali al nostro possibile sviluppo, PERCHE' NULLA E' PIU' MECCANICO NELLA VITA CHE LE EMOZIONI NEGATIVE.
L'uomo nel suo stato ordinario non puo' mai dominare le proprie emozioni negative. Coloro che credono di poter controllare le proprie emozioni negative e manifestarle quando lo vogliono non fanno che ingannarsi. Le emozioni negative dipendono dall'identificazione. Ogni qualvolta l'identificazione è distrutta, esse scompaiono. La cosa piu' strana e piu' fantastica riguardo alle emozioni negative è che la gente le adora. Penso che per un uomo ordinario e meccanico, la cosa piu' difficile da ammettere sia che tanto le proprie emozioni negative quanto quelle degli altri, non hanno il minimo valore E NON CONTENGONO NIENTE DI NOBILE, DI BELLO O DI FORTE. In realta' le emozioni negative non contengono che debolezza e sovente sono l'inizio dell'isterismo, della follia e del crimine. Il loro unico lato buono è che, essendo perfettamente inutili e create di sana pianta dall'immaginazione e dall'identificazione, possono essere distrutte senza alcun pregiudizio. Ed è questa la sola possibilita' che l'uomo ha di salvarsi. Se le emozioni negative fossero utili o necessarie a qualcosa, anche ad uno scopo minimo, e se costituissero la funzione di una parte del centro emozionale la cui esistenza fosse reale, l'uomo non avrebbe alcuna possibilita' di sviluppo, perche' nessuno sviluppo è possibile fintanto che l'uomo conserva le sue emozioni negative. Nel linguaggio delle scuole esiste un precetto relativo alla lotta contro le emozioni negative: L'UOMO DEVE SACRIFICARE LA SUA SOFFERENZA.
"Che cosa è piu' facile da sacrificare?", si dira'. Ma in realta', la gente sacrificherebbe qualunque cosa piuttosto che le sue emozioni negative. Non vi è piacere né gioia che l'uomo non sia pronto a sacrificare per delle ragioni futili, ma non sacrifichera' mai la propria sofferenza. In un certo senso questo è spiegabile. Illuso da una vecchia superstizione, l'uomo aspetta sempre qualche cosa dal sacrificio dei suoi piaceri, ma non s'aspetta niente dal sacrificio della propria sofferenza. Egli è pieno di idee false sulla sofferenza, continua a pensare che la sofferenza gli è inviata da Dio, o dagli dei, per suo castigo o per sua edificazione ed avra' persino paura di venire a sapere che è possibile sbarazzarsi della propria sofferenza in modo tanto semplice. Cio' che rende questa idea ancora piu' difficile da capire, è l'esistenza di molte sofferenze di cui l'uomo non puo' davvero liberarsi, senza contare quelle sofferenze basate sull'immaginazione, alle quali l'uomo non puo' né vuole rinunciare, come l'idea dell'ingiustizia e la credenza nella possibilita' di sopprimerla.
Inoltre c'e' il fatto che molta gente non ha che emozioni negative. Tutti i loro "io" sono negativi. Se toglieste loro le emozioni negative essi, semplicemente, crollerebbero e svanirebbero in fumo. E che cosa avverrebbe di tutta la nostra vita senza le emozioni negative? Che avverrebbe di cio' che noi chiamiamo "arte", del teatro, del dramma, della maggior parte dei romanzi? Sfortunatamente non c'è alcuna eventualita' che le emozioni negative spariscano da sole e lottare contro di loro e' faticoso. Qual è dunque l'origine delle emozioni negative, se esse sono artificiali, anormali ed inutili? Dato che non conosciamo l'origine dell'uomo, non siamo in grado di discutere tale questione, e non possiamo parlare delle emozioni negative e della loro origine, se non riferendoci a noi stessi e alle nostre vite. Per esempio, osservando i bambini, possiamo vedere come siano loro INSEGNATE le emozioni negative e come le imparino da soli imitando gli adulti e i bambini piu' grandi. Se fin dai primissimi giorni di vita, un bambino potesse essere circondato da persone prive di emozioni negative, egli probabilmente non ne avrebbe alcuna o così poche che potrebbero essere facilmente dominate con una educazione corretta. Ma nella vita attuale succede ben altrimenti, e grazie a tutti gli esempi che puo' vedere e udire, grazie alle letture, al cinema, alla tv, eccetera, un bambino di dieci anni conosce già tutta la gamma delle emozioni negative e puo' immaginarle, riprodurle ed identificarsi con esse come un adulto. Negli adulti, le emozioni negative sono alimentate dalla letteratura e dall'arte, che continuamente le giustificano e le glorificano, come pure dall'autogiustificazione e dall'indulgenza verso se stessi. Persino quando diventano insopportabili, non riusciamo a credere che sia possibile liberarcene completamente. In realtà, abbiamo sulle emozioni negative un potere ben maggiore di quanto pensiamo, soprattutto dal momento in cui ci rendiamo conto di quanto siano pericolose e di quanto sia urgente lottare contro di esse. Ma noi le giustifichiamo eccessivamente e nuotiamo in un mare di egoismo o di autocompatimento, a seconda dei casi, trovando difetti dappertutto eccetto che in noi. Cio' che è stato detto dimostra che ci troviamo in una strana situazione riguardo al nostro centro emozionale. Esso non ha parte positiva né parte negativa. La maggior parte delle sue funzioni negative sono inventate e vi sono molte persone che in tutta la vita non hanno mai provato un'emozione "reale", talmente la loro esistenza è occupata dalle emozioni immaginarie. Non possiamo dunque dire che il nostro centro emozionale sia diviso in due parti, positiva e negativa: possiamo dire soltanto di avere emozioni piacevoli ed emozioni sgradevoli, e che tutte le emozioni che non sono negative al momento stesso POSSONO DIVENIRLO ALLA MINIMA PROVOCAZIONE, O ANCHE SENZA ALCUNA PROVOCAZIONE. Questo è il vero quadro della nostra vita emozionale, e se noi ci osserviamo sinceramente, dobbiamo renderci conto che fin tanto che coltiveremo ed ammireremo in noi stessi tutte queste emozioni avvelenate, non potremo sperare di essere capaci di sviluppare l'unità o la coscienza o la volontà. Se tale sviluppo fosse possibile, tutte queste emozioni negative s'integrerebbero al nostro nuovo essere e diventerebbero permanenti in noi. Questo significherebbe che non potremmo mai piu' sbarazzarcene. Per nostra fortuna una simile eventualità è esclusa. Per oggi puo' bastare. Per quanto ci riguarda il prossimo appuntamento è per lunedì 31 agosto. Buon ferragosto e buone vacanze a tutti. Grazie.

 
 
 

EVOLVERSI (11° PARTE)

Post n°146 pubblicato il 21 Luglio 2009 da felicedambrosio

Ben trovati a tutti Voi. Eccoci di nuovo qui. Oggi cominceremo con un esame piu' particolareggiato dei centri. Come gia' abbondantemente detto esistono quattro centri: il centro intellettuale (testa), il centro emozionale (torace), il centro motore e quello istintivo (parte inferiore del tronco e dorso). In effetti ogni centro occupa tutto il corpo e compenetra, per così dire, l'organismo intero. Al tempo stesso ciascun centro possiede quel che vien detto il suo "centro di gravità". Il centro di gravita' del centro intellettuale è nel cervello; il centro di gravita' del centro emozionale è nel plesso solare; i centri di gravita' del centro motorio e del centro istintivo si trovano nel midollo spinale. Tale asserzione va presa per buona, ma non puo' essere verificata poiche' l'anatomia del corpo umano è ben lontana dall'essere una scienza completa. Quindi, poiche' i centri sono per noi inaccessibili, il loro studio deve cominciare dall'osservazione delle loro funzioni, che si offrono interamente al nostro studio. I centri hanno molti punti comuni, ma allo stesso tempo ciascun centro possiede caratteristiche particolari che non dobbiamo mai perdere di vista. Uno dei principi piu' importanti che dobbiamo capire è la grande differenza che esiste tra le velocita' dei centri, cioe' tra le rispettive velocita' delle loro funzioni. Il piu' lento è il centro intellettuale. In seguito, sebbene molto piu' rapidi, vengono i centri istintivo e motore, che hanno, piu' o meno, la stessa velocita'. Il piu' rapido di tutti è il centro emozionale che però, nella condizione di "sonno in stato di veglia", non lavora che molto raramente ad una velocita' che si avvicina alla sua reale; in genere lavora alla velocita' dei centri istintivo e motore. L'osservazione può aiutarci a constatare una grande differenza tra le velocita' delle funzioni, ma non puo' darcene le cifre esatte. In realta', la differenza tra le funzioni di uno stesso organismo è grandissima, molto piu' grande di quanto si possa immaginare. Come ho detto, noi non possiamo, con i nostri mezzi ordinari, calcolare la differenza di velocita' dei centri; ma se ci venisse detto qual e', potremmo trovare, se non le cifre esatte, molti fatti che confermerebbero l'esistenza di una enorme differenza. Prima di citare delle cifre, desidero parlarvi delle osservazioni ordinarie che si possono fare senza alcuna specifica conoscenza.
Cercate, per esempio, di confrontare la velocita' dei processi mentali con quella delle funzioni motrici. Cercate di osservarvi quando dovete fare simultaneamente numerosi rapidi movimenti: guidando in una strada affollata, galoppando su una strada accidentata o facendo qualsiasi altro lavoro che richieda una decisione pronta e dei riflessi istantanei. Vedrete subito che non potete osservare tutti i vostri movimenti, che dovete o rallentare, oppure lasciarvi sfuggire la maggior parte dell'osservazione, altrimenti rischierete un incidente e con ogni probabilita' l'avrete se persistete ad osservarvi. Si potrebbero fare molte altre constatazioni di questo genere, in modo particolare sul centro emozionale, che e' ancora piu' rapido. Tutti abbiamo fatto simili constatazioni sulla differenza di velocita' delle funzioni, ma ben raramente siamo capaci di riconoscere il valore delle nostre osservazioni ed esperienze. Sappiate comunque, che il rapporto di velocita' dei centri, si esprime con un numero sorprendente. Questo numero è 30.000. Il che vuol dire che i centri motore ed istintivo sono 30.000 volte piu' rapidi del centro intellettuale, e che il centro emozionale, quando lavora alla velocita' che gli e' propria, è 30.000 volte piu' rapido dei centri motore ed istintivo.
E' difficile credere che ci sia una così grande differenza di velocita' fra le funzioni di uno stesso organismo. In realta', questo vuol dire che i diversi centri hanno ciascuno UN TEMPO DEL TUTTO DIFFERENTE. I centri motore ed istintivo hanno un tempo 30.000 volte piu' lungo di quello intellettuale, e il centro emozionale ha un tempo 30.000 volte piu' lungo dei centri motore ed istintivo. Capite chiaramente che cosa significa un "tempo piu' lungo?". Significa che, per ogni lavoro che ha da fare, un centro dispone di piu' tempo di quanto ne abbia un altro. Per quanto cio' sembri strano, il fatto della grande differenza nella velocita' dei centri spiega un gran numero di fenomeni ben noti, che la scienza ordinaria non puo' spiegare e che generalmente passa sotto silenzio o semplicemente rifiuta di discutere. Mi riferisco alla stupefacente velocita', in apparenza inspiegabile, di certi processi fisiologici.
Ad esempio, un uomo beve un bicchiere d'alcool e ALLO STESSO ISTANTE, IN MENO DI UN SECONDO, prova ogni sorta di sensazioni nuove. Una sensazione di calore, di distensione, di sollievo, un sentimento di pace, di appagamento, di benessere o al contrario d'angoscia, di irritazione e così via. Cio' che egli prova puo' variare a seconda dei casi, ma avviene sempre che il corpo reagisce allo stimolante molto rapidamente, quasi istantaneamente. Non c'e' neppur bisogno di parlare di alcool o di qualche altro stimolante; se un uomo ha molta sete o molta fame, un bicchiere d'acqua o un pezzo di pane produrranno in lui lo stesso effetto immediato. Naturalmente, per un uomo che non abbia mai rivolto l'attenzione su di sé e che non abbia mai tentato di studiarsi, non vi e' nulla di strano, né in questo, né d'altronde in qualsiasi altra cosa. Ma in realta', dal punto di vista della fisiologia ordinaria, questi fenomeni sembrano quasi miracolosi. Un fisiologo sa quanti complicati processi si effettuano tra il momento in cui si beve un sorso d'alcool o un bicchiere d'acqua ed il momento in cui se ne risentono gli effetti. Ogni sostanza che dalla bocca entra nell'organismo deve essere analizzata, sottoposta a diversi controlli prima di essere accettata o rifiutata. E tutto questo accade in meno di un secondo.
E' un miracolo e al tempo stesso non lo è. Perché se noi conosciamo la differenza di velocita' dei centri e se ricordiamo che il centro istintivo, al quale spetta questo lavoro, dispone di un tempo 30.000 volte maggiore di quello del centro intellettuale, di cui ci serviamo per misurare il nostro tempo ordinario, comprenderemo come cio' possa avvenire. Questo significa che il centro istintivo dispone non di un secondo, ma DI PIU' DI OTTO ORE del suo proprio tempo per fare questo lavoro, e in otto ore questo lavoro puo' certamente essere eseguito in un comune laboratorio senza inutile fretta (1 secondo x 30.000= 30.000 secondi e cioe' 8 ore e 20 minuti).
La nostra idea della straordinaria rapidita' di questo processo è quindi una semplice illusione, dovuta al fatto che consideriamo il nostro tempo ordinario, o tempo del centro intellettuale, come il solo che esista. Per oggi basta così. Riprenderemo lunedì 3 agosto, ferie permettendo. Grazie.

 
 
 

EVOLVERSI (10° PARTE)

Post n°145 pubblicato il 06 Luglio 2009 da felicedambrosio

Eccoci di nuovo qui miei cari amici. Sapete, sarei tentato di parlare d'altro, ma devo proseguire nel nostro studio, quindi andiamo dritti per la nostra strada... Spero solo di non risultare noioso... Eravamo rimasti sui due tipi di influenze che raggiungono l'uomo. L'influenza A, interessi ed attrattive creati dalla vita stessa, e l'influenza B, costituita da interessi che traggono le loro origini dalle scuole. Per un uomo completamente assoggettato alle influenze A o ad una particolare influenza A, e del tutto indifferente alle influenze B, niente potra' cambiare e le sue possibilita' di svilupparsi diminuiranno di anno in anno. A una certa eta', talvolta anche molto presto, esse possono scomparire per sempre; questo significa che l'uomo muore pur restando fisicamente in vita, come un seme non piu' in grado di germogliare e produrre una pianta. Se invece un uomo non e' completamente schiavo delle influenze A e se le influenze B lo attirano, lo commuovono e lo fanno pensare, i risultati delle impressioni che queste influenze producono, si concentrano in lui attirandone altre della stessa specie e crescono, occupando nella sua mente e nella sua vita un posto sempre piu' importante. Quando i risultati delle influenze B hanno preso sufficiente forza, si fondono insieme formando nell'uomo cio' che viene detto un CENTRO MAGNETICO. Bisogna pero' capire subito che il termine "centro" in tal caso non ha lo stesso senso che nelle espressioni "centro intellettuale" o "centro motore"; questi appartengono all'essenza. Il centro magnetico appartiene invece alla personalita'; e' semplicemente un gruppo di interessi, che, diventando sufficientemente forti, servono entro certi limiti da fattore di orientamento e di controllo. Il centro magnetico convoglia i nostri interessi in una certa direzione e contribuisce a mantenerli.
Tuttavia, da solo, il centro magnetico non puo' fare molto; e' necessaria una scuola, e, purtroppo, e' molto difficile incontrarne una. Puo' succedere anche che quando s'incontra una scuola, non la si riconosce nemmeno, o la si critica prima ancora di saperne qualcosa, oppure si smarrisce il proprio interesse alle prime difficolta'. In effetti un vero centro magnetico non aiuta soltanto a riconoscere una scuola, ma anche ad assimilarne l'insegnamento, il quale differisce sia dalle influenze A che dalle influenze B, e puo' essere chiamato influenza C. L'influenza C puo' essere trasmessa solo oralmente, con l'insegnamento diretto, con la spiegazione e la dimostrazione. Quando un uomo incontra l'influenza C e si dimostra capace di assimilarla, si puo' dire di lui che in un certo punto di se', ossia nel centro magnetico, e' libero dalla legge dell'accidente e le nuove idee penetrano dentro di lui nell'essenza.
Purtroppo l'uomo e' sostanzialmente addormentato, e qualsiasi lavoro esso intraprenda, perde ben presto interesse per quel lavoro e, o lo abbandona, o lo continua meccanicamente. Ecco del perche' della necessita' di una scuola. Diciamo che la scuola impedirebbe all'uomo di dormire così tranquillo come prima, risvegliandolo continuamente. Torniamo ora ai CENTRI e cerchiamo di capire perche' non possiamo realizzare rapidamente il nostro sviluppo.
Sappiamo che quando impariamo qualcosa, accumuliamo nuovo materiale nella nostra memoria. Pero', che cos'è la memoria? Per comprenderlo, dobbiamo imparare a considerare i nostri centri come macchine distinte e indipendenti, provviste di nastri di materia sensibile paragonabili alle matrici dei fonografi. Tutto quello che ci capita, quello che vediamo, che udiamo, sentiamo e impariamo è registrato su queste matrici. In altri termini, gli avvenimenti interiori ed esteriori lasciano particolari "impressioni" su questi nastri. "Impressione" è un ottimo termine, poiché in questo caso si tratta proprio di una impressione, di una impronta. Ma un'impressione puo' essere profonda, superficiale, o essere semplicemente un'impressione fugace che scompare ben presto senza lasciare traccia. Profonde o superficiali che siano, si tratta sempre di impressioni. Le impressioni su questi nastri sono tutto cio' che possediamo. Tutto cio' che conosciamo, che abbiamo appreso e che abbiamo provato, è tutto lì, sui nostri nastri. Così tutti i nostri processi di pensiero, i calcoli, le speculazioni, si limitano a paragonare le iscrizioni dei nastri, a rileggerle piu' e piu' volte, a tentare di ravvicinarle per comprenderle e così via. NON POSSIAMO PENSARE NULLA DI NUOVO, nulla che gia' non sia inscritto su questi nastri. Non possiamo ne' dire, ne' fare nulla che non corrisponda ad una iscrizione dei nastri. Non possiamo inventare un pensiero nuovo, come non possiamo inventare un nuovo animale; poiche' tutte le nostre idee di animali si fondano sull'osservazione di animali gia' esistenti. Le iscrizioni e le impressioni incise sono messe in rapporto dalle associazioni. Le associazioni mettono in rapporto impressioni che sono ricevute simultaneamente e che hanno tra di loro una certa similitudine. Ho gia' detto che la memoria dipende dalla coscienza e che effettivamente ricordiamo solo i momenti in cui abbiamo avuto degli attimi di coscienza. E' evidente che impressioni diverse, ricevute simultaneamente e percio' collegate tra di loro, resteranno piu' a lungo nella memoria che non delle impressioni sconnesse. Nel momento di coscienza di sé, o anche al suo approssimarsi, tutte le impressioni del momento si trovano connesse e tali rimangono nella memoria. Lo stesso avviene per le impressioni che sono collegate tra loro da una similitudine interiore. Se l'uomo è piu' cosciente nel momento in cui riceve delle impressioni, stabilisce un miglior legame tra le nuove impressioni e quelle anteriori ad esse somiglianti, di modo che rimangono tutte associate nella memoria. Se invece l'uomo riceve delle impressioni in stato di identificazione, non le nota nemmeno, e le loro tracce spariscono ancor prima di esser state valutate o associate. Nello stato di identificazione non vediamo e non sentiamo. Siamo completamente immersi nelle preoccupazioni, nei desideri o nell'immaginazione. Non possiamo separarci dalle cose, dai sentimenti o dai ricordi; siamo tagliati fuori dal resto del mondo.
Bene amici, per ora basta così. Lunedì 20 luglio inizieremo a fare un esame piu' particolareggiato dei centri: intellettuale, emozionale, motore ed istintivo. Grazie per la Vostra attenzione.

 
 
 

EVOLVERSI (9° PARTE)

Post n°144 pubblicato il 22 Giugno 2009 da felicedambrosio

Ben trovati a tutti voi... L'idea che l'uomo sia una macchina non e' nuova. In effetti questa idea mostra chiaramente che l'attivita' della macchina umana dipende dalle impressioni esteriori e comincia con delle reazioni a queste impressioni. Con ogni impressione esterna, sia che prenda la forma di suono, di visione o di odore, noi riceviamo dall'esterno una certa quantita' di energia, un certo numero di vibrazioni. Questa energia che dall'esterno penetra nell'organismo e' un nutrimento.
L'uomo si nutre di alimenti e l'organismo puo' sopravvivere svariati giorni senza alimentarsi (sono conosciuti casi di digiuno di circa sessanta giorni).
L'uomo si nutre anche di acqua, ma anche senz'acqua un uomo puo' sopravvivere per molti giorni. Poi c'e' il nutrimento dell'aria. Senz'aria, l'uomo puo' sopravvivere per alcuni minuti. Ebbene, senza impressioni, un uomo non puo' vivere un solo istante. Se il flusso delle impressioni, per una qualsiasi ragione, si arrestasse, o se l'organismo dovesse essere privato della sua capacita' di ricevere le impressioni, morrebbe istantaneamente. Il motore principale e' per noi la natura, il mondo circostante. La natura ci trasmette con le impressioni l'energia con la quale noi viviamo e ci moviamo. Così, il nutrimento piu' importante e' quello delle impressioni. Non scendero' nei dettagli ma e' proprio sulle impressioni che dovremmo lavorare cercando di trasformare le sostanze che entrano nell'organismo in elementi piu' fini, piu' sottili come in una sorta di processo alchemico.
Nella macchina umana ogni centro e' perfettamente atto a ricevere il genere di impressioni che gli e' proprio e a reagire in modo adeguato. Purtroppo i centri lavorano assai raramente come dovrebbero e tendono a sostituirsi l'uno con l'altro. Di fatto ad ogni istante questo o quel centro abbandona il suo lavoro tentando di fare quello di un altro, che a sua volta cerca di fare il lavoro di un terzo. I centri possono sostituirsi uno all'altro fino ad un certo punto, ma non completamente; e in tal caso inevitabilmente lavorano in un modo molto meno efficace. Per esempio: il centro motore, puo' in una certa misura, imitare il lavoro del centro intellettuale, ma non produrra' che dei pensieri molto vaghi, molto slegati, come nei sogni o nel fantasticare. A sua volta, il centro intellettuale, puo' lavorare al posto del centro motore. Provate, per esempio, a scrivere pensando a ciascuna lettera, e al modo nel quale la tracciate. Potrete tentare analoghe esperienze proponendovi di impiegare il vostro pensiero nel fare qualche cosa che le vostre mani o le vostre gambe sono in grado di compiere da sole. Provate a scendere una scala osservando ogni movimento, o ad eseguire un consueto lavoro manuale calcolando e prevedendo mentalmente ogni piccolo gesto: vedrete immediatamente quanto piu' difficile diventi cio' che state facendo e fino a qual punto il centro intellettuale sia piu' lento e maldestro del centro motore. E questo lo constaterete ancora imparando un movimento nuovo. Supponete di imparare a scrivere a macchina o di intraprendere un qualsiasi nuovo lavoro fisico, oppure prendete per esempio un soldato che si eserciti a maneggiare il fucile. Per un certo tempo, tutti i vostri movimenti dipenderanno dal centro intellettuale e soltanto piu' tardi passeranno al centro motore. Tutti conoscono il sollievo che si prova quando i movimenti, divenuti abituali sono regolati automaticamente in modo tale che non vi e' piu' bisogno di pensarvi e di calcolarli continuamente. Questo significa che i movimenti sono passati al centro motore, al quale normalmente appartengono. Il centro istintivo puo' lavorare per il centro emozionale ed il centro emozionale puo', all'occasione, lavorare al posto di tutti gli altri centri.
Bisogna dire ed ammettere che tutto questo lavoro scorretto dei centri riempie praticamente tutta la nostra vita. Le nostre impressioni torbide, vaghe, la mancanza di impressioni, la lentezza nel capire molte cose, sovente la nostra identificazione e considerazione, persino la nostra menzogna dipendono dal lavoro sbagliato dei centri. L'idea di un lavoro sbagliato dei centri non fa' parte del nostro modo di pensare, né della nostra comprensione ordinaria; non vediamo tutto il male che ci arreca questo lavoro sbagliato, quanta energia consuma senza necessita', quante difficolta' ci crea. Il non renderci conto del lavoro scorretto della nostra macchina e' abitualmente legato alla nozione illusoria di una unita' in noi. Non appena comprendiamo sino a qual punto siamo divisi in noi stessi, cominciamo a renderci conto del pericolo che rappresenta il fatto che una parte di noi lavori al posto di un'altra, a nostra insaputa. L'uomo che voglia studiarsi ed osservarsi dovra' dunque studiare ed osservare non solo il lavoro corretto dei centri, ma anche quello sbagliato. E' necessario conoscere ogni specie di lavoro sbagliato, e le caratteristiche particolari che esso assume in certi individui. E' impossibile conoscersi senza conoscere le proprie imperfezioni e le proprie storture. Oltre ai difetti comuni a tutti, ciascuno di noi ha i suoi difetti particolari, propri a lui solo, che devono essere studiati al momento giusto. E'  bene ricordare pero', che se lo sviluppo evolutivo dell'uomo e' possibile, rimane tuttavia MOLTO RARO anche perche' richiede un gran numero di condizioni esteriori ed interiori. Quali sono queste condizioni? La prima e' che l'uomo deve rendersi conto della sua situazione, delle sue difficolta' e delle sue possibilita'; deve avere un intenso desiderio di uscire dal suo stato attuale, oppure avere un grandissimo interesse per lo stato nuovo e sconosciuto che dovra' venire con il cambiamento. In breve, deve provare una violenta ripugnanza per la sua attuale condizione, oppure una viva attrazione per lo stato futuro che potra' raggiungere. Oltre a cio', occorre che vi sia una certa preparazione. L'uomo deve essere in grado di comprendere quanto gli viene detto. Inoltre le condizioni esteriori della sua vita devono essere favorevoli, deve avere abbastanza tempo per studiare e vivere in un ambiente che renda possibile questo studio. Una vita relativamente ordinata, un certo grado di cultura e di liberta' individuale sono tutte cose necessarie. Il fattore "fortuna" non e' da escludere, ma allo stesso tempo, almeno per quanto riguarda le condizioni interiori, l'uomo non e' interamente abbandonato alla legge dell'accidente. Cerchiamo ora di rispondere alla questione: che cos'e' che fa' nascere nell'uomo il desiderio di ottenere una nuova conoscenza e di cambiare se stesso? L'UOMO VIVE SOTTO DUE SPECIE DI INFLUENZE: questo deve essere compreso bene, così come deve essere ben chiara la diversita' tra queste due specie di influenze. La prima consiste in interessi ed attrattive creati dalla vita stessa: interessi di salute, sicurezza, comodita', ricchezze, piaceri, distrazioni, vanita', orgoglio, reputazione, ecc... La seconda consiste in interessi di un altro ordine, risvegliati da idee che non sono create dalla vita, ma che traggono le loro origini dalle scuole. Queste influenze non raggiungono l'uomo direttamente, esse sono gettate nel turbine generale della vita, passano attraverso tante varieta' di spiriti e raggiungono l'uomo per mezzo della filosofia, della scienza, della religione e dell'arte, sempre mescolate alle influenze della prima specie, e finiscono per perdere ogni somiglianza con cio' che erano all'inizio. Il piu' delle volte, l'uomo non distingue la differente origine delle influenze della seconda specie e sovente le motiva come se avessero la stessa origine delle influenze della prima specie. Sebbene l'uomo ignori l'esistenza di due tipi di influenze, esse agiscono entrambe su di lui e, in un modo o nell'altro, egli reagisce ad esse. L'uomo puo' essere piu' o meno identificato con una o piu' influenze della prima specie, senza percepire quelle della seconda specie, oppure puo' essere attratto e toccato da questa o quella influenza della seconda specie. In ogni caso il risultato sara' diverso. Chiameremo quelle della prima specie (influenze create dalla vita stessa) "influenza A", e quelle della seconda (che hanno origini dalle scuole) "influenza  B". Lunedì 6 luglio vedremo gli effetti che tali influenze hanno sull'uomo. Grazie a tutti voi per l'attenzione mostrata fin qui e per i vostri commenti.

 
 
 

EVOLVERSI (8° PARTE)

Post n°143 pubblicato il 08 Giugno 2009 da felicedambrosio

Ciao amici miei, eccoci di nuovo qui. Sì, lo so che non stiamo raccontando barzellette ma che volete farci: questi sono argomenti che mi stanno davvero a cuore. Siete pronti? Allora cominciamo. Dobbiamo parlare dell'IDENTIFICAZIONE e della CONSIDERAZIONE.
L'IDENTIFICAZIONE è uno strano stato nel quale l'uomo trascorre piu' di meta' della sua vita. L'uomo si "identifica" con tutto: con cio' che dice, con cio' che sa, con cio' che crede, che non crede, che desidera, che non desidera, che l'attira o lo respinge. Tutto l'assorbe ed egli rimane incapace di separarsi dall'idea, dal sentimento o dall'oggetto che l'assorbe. Questo vuol dire che nello stato di identificazione l'uomo è incapace di considerare con imparzialita' l'oggetto della sua identificazione. E' difficile trovare una cosa, per piccola che sia, con la quale l'uomo non possa identificarsi. Al tempo stesso, in stato di identificazione, l'uomo possiede meno che mai un controllo sulle sue reazioni meccaniche. Manifestazioni quali la menzogna, l'immaginazione, l'espressione delle emozioni negative e il chiaccherare continuo ESIGONO L'IDENTIFICAZIONE. NON POSSONO ESISTERE SENZA IDENTIFICAZIONE. Se l'uomo potesse liberarsi dall'identificazione, si libererebbe da molte manifestazioni inutili e stupide.
Il secondo fattore di sonno è uno stato molto vicino all'identificazione, che si chiama CONSIDERAZIONE. Infatti, "considerare" è identificarsi con altri. E' uno stato in cui l'uomo si preoccupa costantemente di cio' che gli altri pensano di lui: se lo trattano secondo i suoi meriti, se l'ammirano abbastanza e così via. La CONSIDERAZIONE ha una parte molto importante nella vita di ognuno, ma in taluni diventa un'ossessione. Tutta la loro vita è intessuta di considerazione cioe' di preoccupazione, di dubbio e di sospetto, tanto che non resta posto per nient'altro. Il mito del "complesso di inferiorità" e degli altri complessi è nato da questi fenomeni di identificazione e di considerazione, vagamente percepiti, ma non compresi.
L'identificazione e la considerazione devono entrambe essere osservate molto seriamente. Soltanto la piena conoscenza di esse puo' indebolirle. Se non si puo' osservarle in se stessi, è facile osservarle negli altri. Occorre pero' ricordarsi che non si è in nulla differenti dagli altri. Sotto questo aspetto tutti gli uomini sono uguali.
Ritornando a quel che è stato detto prima, dobbiamo sforzarci di comprendere piu' chiaramente come deve cominciare lo sviluppo dell'uomo, e in quale modo lo studio di se stessi puo' essere di aiuto. Fin dall'inizio, incontriamo una difficolta' costituita dal nostro linguaggio. Vogliamo, per esempio, parlare dell'uomo dal punto di vista dell'evoluzione; ma la parola "uomo", nel linguaggio ordinario, non ammette variazioni né gradazioni. L'uomo che non è mai cosciente e che neppure sospetta di non esserlo, l'uomo che lotta per divenire cosciente, l'uomo che è pienamente cosciente, è tutt'uno per il nostro linguaggio. In ogni caso è sempre l'uomo. Per evitare questa difficolta' e facilitare la classificazione delle nuove idee, questo "insegnamento" suddivide l'uomo in sette categorie.
Le prime tre categorie sono praticamente sullo stesso livello.
L'uomo numero 1 è l'uomo il cui centro istintivo o il centro motore prevalgono sui centri intellettuale ed emozionale, cioe': L'UOMO FISICO.
L'uomo numero 2 , in cui il centro emozionale prevale sui centri intellettuale, motore ed istintivo: L'UOMO EMOZIONALE.
L'uomo numero 3, in cui il centro intellettuale prevale sui centri emozionale, motore ed istintivo: L'UOMO INTELLETTUALE.
Nella vita ordinaria, incontriamo soltanto queste tre categorie di uomini: ognuno di noi, ed ognuno di coloro che conosciamo, e' un uomo n. 1, o n. 2, o n. 3. Esistono categorie superiori di uomini, ma nessuno di noi appartiene sin dalla nascita a queste categorie. Tutti gli uomini nascono n. 1, 2 o 3, e possono raggiungere le categorie superiori soltanto attraverso una scuola. L'uomo numero 4 non e' nato tale, ma e' il prodotto di una cultura di scuola. Differisce dall'uomo n. 1, 2 e 3 per la conoscenza di se stesso, per la comprensione della propria situazione e per il fatto di avere acquisito UN CENTRO DI GRAVITA' PERMANENTE. Franco Battiato, il noto cantautore, si rifa' nelle sue canzoni proprio a questi insegnamenti. Avere un centro di gravita' permanente significa che l'idea di acquistare l'unita', la coscienza, un "Io" permanente e la volonta', cioe' l'idea del suo sviluppo, e' divenuta per lui piu' importante di tutti gli altri suoi interessi. A queste caratteristiche dell'uomo n. 4 occorre aggiungere che le sue funzioni e i suoi centri sono meglio equilibrati, e questo ad un livello che non avrebbe mai potuto raggiungere senza aver lavorato su se stesso. L'uomo numero 5 e' un uomo che ha acquisito L'UNITA' e la COSCIENZA DI SE'. Egli differisce dall'uomo ordinario, perche' uno dei centri superiori gia' lavora in lui, e possiede numerose funzioni e poteri che l'uomo ordinario, l'uomo n. 1,2 e 3, non possiede.
L'uomo numero 6 e' un uomo che ha acquisito la COSCIENZA OGGETTIVA. Un altro centro superiore lavora in lui, ed egli possiede un numero molto piu' grande di nuove facolta' e poteri, al di la' di quanto l'uomo ordinario possa concepire.
L'uomo numero 7 e' l'uomo che ha raggiunto tutto cio' che un uomo puo' raggiungere. Egli ha un IO PERMANENTE ed una VOLONTA' LIBERA. Ha la possibilita' di controllare in se stesso tutti gli stati di coscienza ed ormai non puo' piu' perdere niente di quanto ha acquistato. Secondo un'altra definizione, EGLI E' IMMORTALE NEI LIMITI DEL SISTEMA SOLARE.
Comprendere una simile divisione dell'uomo in sette categorie e' molto importante, poiche' essa trova applicazione in tutte le forme possibili dello studio dell'attivita' umana. Nelle mani di coloro che la comprendono, costituisce poi uno strumento dei piu' sottili e pure dei piu' solidi, per la definizione di manifestazioni altrimenti impossibili da definire. Consideriamo per esempio i concetti generali di religione, di arte, di scienza e di filosofia. Cominciando dalla religione, possiamo vedere immediatamente che puo' esserci una religione dell'uomo n. 1, che comprende tutte le forme di feticismo comunque siano chiamate; una religione dell'uomo n. 2, cioe' una religione di emozione, di sentimento, che giunge talvolta al fanatismo, alle forme piu' brutali d'intolleranza, alla persecuzione degli eretici, e così via; una religione dell'uomo n. 3, teorica, scolastica, piena di sottili distinzioni sulle parole, sulle forme e sui rituali che acquistano importanza preminente; una religione dell'uomo n. 4, cioe' dell'uomo che lavora allo sviluppo di se stesso; una religione dell'uomo n. 5, cioe' dell'uomo che ha raggiunto l'unita' ed e' in grado di vedere e conoscere molte cose che l'uomo n. 1, 2 o 3 non puo' vedere, ne' conoscere; infine una religione dell'uomo n. 6 e n. 7 sulla quale non ci e' dato di conoscere nulla. La stessa divisione e' applicabile all'arte, alla scienza e alla filosofia. Ci sara' quindi un'arte dell'uomo n. 1, un'arte dell'uomo n. 2 e un'arte dell'uomo n. 3; una scienza dell'uomo n. 1, una scienza dell'uomo n. 2, dell'uomo n. 3, n. 4 e così via. Di esempi se ne possono fare molti. Questa estensione di concetti aumenta di molto la nostra possibilita' di trovare delle soluzioni giuste per un gran numero dei nostri problemi. E cio' significa che questo insegnamento ci offre la possibilita' di STUDIARE UN NUOVO LINGUAGGIO, beninteso "nuovo" per noi, che ci permettera' di collegare idee appartenenti a differenti categorie che sono in realta' legate tra di loro, e di separare delle idee che sembrano della stessa categoria, ma che in realta' sono differenti. La suddivisione della parola "uomo" in sette parole: uomo n. 1, 2, 3, 4, 5, 6, e 7, con tutto cio' che ne deriva, e' un esempio di questo nuovo linguaggio. Abbiamo così una quarta definizione della psicologia: LA PSICOLOGIA E' LO STUDIO DI UN NUOVO LINGUAGGIO. E forse questo nuovo linguaggio puo' essere la "lingua universale" che gli uomini talvolta cercano di scoprire o di inventare. Bene... a lunedì 22 giugno. Grazie a tutti voi per essere giunti fino a qui.

 
 
 

EVOLVERSI (7° PARTE)

Post n°142 pubblicato il 24 Maggio 2009 da felicedambrosio

Ben trovati a tutti voi e spero che vi sentiate pronti per continuare il nostro viaggio.
Conosci te stesso; questo era il principio fondamentale e la prima esigenza di tutte le antiche scuole di psicologia. Ricordiamo ancora queste parole, ma ne abbiamo perduto il senso. Riteniamo che conoscere noi stessi voglia dire conoscere le nostre particolarita', i nostri desideri, i nostri gusti, le nostre capacita' e le nostre intenzioni, mentre in realta' questo vuol dire conoscersi in quanto macchine, cioe' conoscere la struttura della nostra macchina, le sue parti, le funzioni delle diverse parti, le condizioni che reggono il loro lavoro e via di seguito. In generale comprendiamo di non poter conoscere nessuna macchina senza averla studiata. Dobbiamo ricordarcene quando si tratta di noi stessi, e dobbiamo studiare la macchina che noi siamo in quanto tale. Il mezzo per studiarla e' L'OSSERVAZIONE DI SE'. Non vi e' altro modo, e nessuno puo' compiere questo lavoro al nostro posto. Dobbiamo farlo da noi stessi; prima però dobbiamo imparare il modo di osservare. Intendo dire che dobbiamo comprendere il lato tecnico dell'osservazione, sapere che e' necessario osservare funzioni differenti e distinguerle fra di loro, ricordandoci al tempo stesso di cio' che sappiamo dei diversi stati di coscienza, del nostro sonno e dei numerosi "io" che sono in noi.
Osservazioni di tale ordine danno molto presto dei risultati. Inizialmente l'uomo rilevera' di non poter osservare imparzialmente nulla di cio' che trova in se stesso. Gli piaceranno certi tratti, altri gli dispiaceranno, l'irriteranno, gli faranno persino orrore. Non puo' essere altrimenti. L'uomo non puo' studiare se stesso come se fosse una stella lontana o uno strano fossile. In modo molto naturale, amera' in se stesso tutto cio' che favorisce il suo sviluppo e detestera' quello che rende il suo sviluppo piu' difficile, o addirittura impossibile. Questo significa che, non appena avra' cominciato ad osservarsi, distinguera' in sé le caratteristiche utili e quelle dannose: cioe', utili o dannose dal punto di vista di una possibile conoscenza di se stesso, di un possibile risveglio e di un possibile sviluppo. Egli distinguera' in sé cio' che puo' divenire cosciente da cio' che non puo' diventarlo e deve essere eliminato. Mentre si osservera', non dovra' mai dimenticare che lo studio di sé è il primo passo sulla via della sua evoluzione possibile.
Ora, vi prego di fare molta attenzione: dobbiamo esaminare quali sono i tratti o le caratteristiche dannose che l'uomo trova in se stesso.
In generale, sono tutte manifestazioni meccaniche. Come abbiamo gia' detto, la prima e' quella di MENTIRE. La menzogna e' inevitabile nella vita meccanica. Nessuno puo' sfuggirvi, e piu' crediamo di essere liberi dalla menzogna, maggiormente ne siamo presi. La vita, così com'è oggi, non potrebbe esistere senza la menzogna. Da un punto di vista psicologico la menzogna ha pero' un altro senso. Significa parlare di cose che non si conoscono, che non si possono nemmeno conoscere, come se si conoscessero o si potessero conoscere. Occorre premettere che non parto da un punto di vista morale, qualsiasi esso sia. Non siamo ancora giunti alla questione di cio' che in sé è il bene e il male. Parto solo da un punto di vista pratico e mi riferisco a cio' che è utile o dannoso allo studio di sé ed allo sviluppo di sé. Iniziando in questo modo, l'uomo impara ben presto a scoprire i segni attraverso i quali puo' riconoscere in se stesso le manifestazioni dannose. Scopre che quanto piu' egli controlla una manifestazione, tanto meno questa e' nociva, e meno la controlla, quindi piu' essa è meccanica, maggiormente puo' diventare nociva. Quando l'uomo comprende questo, ha paura di mentire; ancora una volta non per ragioni morali, ma per il fatto che non puo' controllare la sua menzogna, e che la menzogna controlla lui, cioe' controlla le altre sue funzioni.
Il secondo tratto pericoloso che l'uomo trova in se stesso è L'IMMAGINAZIONE.
Dopo aver cominciato ad osservarsi, giunge ben presto alla conclusione che l'ostacolo principale a tale osservazione è l'immaginazione. Quando vuole osservare qualcosa, subentra l'immaginazione che se ne impadronisce, ed egli dimentica di osservare. Non tardera' a rendersi conto che alla parola "immaginazione" viene dato un senso artificioso e per nulla giustificato, quello di "facolta' creatrice o selettiva". Si accorge che l'immaginazione è una facolta' DISTRUTTRICE, che non puo' MAI controllare e che lo ALLONTANA SEMPRE dalle sue decisioni piu' coscienti, verso una direzione nella quale non aveva intenzione di andare. L'immaginazione è deleteria quasi quanto la menzogna; infatti immaginare è mentire a se stessi. L'uomo comincia ad immaginare qualche cosa per far piacere a se stesso e ben presto comincia a credere a cio' che immagina, almeno in parte.
Si scopre inoltre, e talvolta fin dall'inizio, quante pericolose conseguenze possono esservi nell'ESPRESSIONE DELLE EMOZIONI NEGATIVE. Il termine "emozioni negative" designa tutte le emozioni di violenza o di depressione: autocommiserazione, collera, sospetto, paura, contrarieta', fastidio, diffidenza, gelosia, ecc... Di solito l'espressione delle emozioni negative viene accettata come un fatto del tutto naturale e persino necessario. Molto spesso viene chiamata "sincerità". S'intende, questo non ha nulla a che vedere con la sincerità; si tratta semplicemente di un segno di debolezza nell'uomo, un segno di cattivo carattere e di incapacita' a tenere per sé i propri crucci. L'uomo lo comprende soltanto quando si sforza di opporsi alle sue emozioni negative. Con questo, impara una nuova lezione. Si rende conto che non è sufficiente osservare le sue manifestazioni meccaniche; occorre resistervi, perche' senza resistere ad esse non è possibile osservarle. La loro comparsa è talmente rapida, talmente familiare e impercettibile che è impossibile notarle se non si compiono sforzi sufficienti a creare loro degli ostacoli.
Oltre all'espressione delle emozioni negative, ognuno puo' scoprire in se stesso e negli altri una singolare caratteristica meccanica: IL PARLARE. Non vi è nulla di male nel parlare come fatto in sé. Ma in certe persone, ed in particolar modo in coloro che meno se ne rendono conto, questo diventa un vero vizio. Parlano continuamente, ovunque si trovino, sul lavoro, in viaggio, persino quando dormono. Non smettono mai di parlare, se c'è qualcuno a cui parlare, e se non vi è nessuno, parlano con se stessi. Alle volte basta dare un'opportunita' a qualcuno di parlare facendo delle domande "aperte" su determinati argomenti a lui preferiti, per accorgersi di quanto ami parlare. Anche in questo caso non bisogna osservare soltanto, ma resistere il piu' possibile. Se ci si abbandona al parlare, senza resistere, non si puo' osservare nulla e tutti i risultati delle osservazioni fatte evaporano immediatamente in chiacchere.
Le difficolta' che l'uomo incontra nell'osservare queste quattro manifestazioni - MENTIRE, IMMAGINARE, ESPRIMERE EMOZIONI NEGATIVE e PARLARE SENZA NECESSITA' - gli mostreranno la sua completa meccanicita' e l'impossibilita' stessa in cui egli si trova di lottare contro questa meccanicita' senza aiuto, cioe' senza un nuovo sapere, e senza un'assistenza diretta. Infatti, anche se l'uomo ha ricevuto certe indicazioni, dimentica di servirsene, dimentica di osservarsi; in altre parole, ricade nel sonno e deve continuamente essere svegliato. Questa continua caduta nel sonno presenta taluni aspetti ben determinati che la psicologia ordinaria ignora o quanto meno che non e' in grado di classificare, né di definire. Questi aspetti richiedono uno studio particolare e ve ne sono due: l'IDENTIFICAZIONE e la CONSIDERAZIONE.
Ma di tutto questo ne parleremo lunedì 8 giugno. Grazie a tutti per la vostra pazienza ed attenzione mostrata fino a qui. Grazie davvero.

 
 
 

EVOLVERSI (6° PARTE)

Post n°141 pubblicato il 11 Maggio 2009 da felicedambrosio

Ben trovati amici miei. Stiamo per giungere al cuore del problema ma in questi discorsi ogni cosa e' importante. Ho gia' dato due definizioni della psicologia. Dapprima ho affermato che la psicologia e' lo studio delle possibilita' di evoluzione dell'uomo; in seguito che la psicologia e' lo studio di se'. Confrontando da un lato cio' che possiamo sapere sulla fase successiva dell'evoluzione dell'uomo, cioe' quella in cui egli acquistera' la conoscenza, l'unita' interiore, un Io permanente e la volonta', e dall'altro certi elementi che derivano dall'osservazione di se' e ci permettono di riconoscere l'assenza in noi dei poteri e delle facolta' che ci attribuiamo arbitrariamente, ci scontriamo con una nuova difficolta' nel nostro sforzo di comprendere il significato della psicologia, e sentiamo inoltre la necessita' di una nuova definizione.
Le due definizioni precedenti non sono sufficienti, dal momento che l'uomo non sa quale evoluzione gli sia consentita, non vede la situazione attuale e si attribuisce delle prerogative che appartengono a fasi superiori dell'evoluzione. In realta' non gli e' possibile lo studio di sè, fintanto che rimarra' incapace di distinguere in se stesso l'immaginario dal reale.
Che significa mentire?
Secondo il linguaggio comune, mentire significa deformare o in certi casi dissimulare la verita' o quello che si crede essere la verita'. Questa specie di menzogna occupa un posto molto importante nella vita. Vi sono tuttavia delle forme di menzogna ben peggiori, nei casi in cui l'uomo mente senza saperlo. Ma ho gia' detto che nel nostro stato presente non possiamo conoscere la verita', e che non ci e' dato di conoscerla se non nello stato di coscienza oggettiva. In qual modo dunque possiamo mentire? Qui sembra esservi una contraddizione, ma in realta' non ve n'e' alcuna. Non possiamo conoscere la verita', ma pretendiamo di conoscerla. PROPRIO QUESTO E' MENTIRE. La menzogna riempie tutta la nostra vita. La gente finge di sapere qualsiasi cosa su Dio, sulla vita futura, l'universo, le origini dell'uomo, l'evoluzione e su tutto; ma in realta' non sa nulla, neppure su se stessa. E ogni volta che qualcuno parla di qualcosa che non sa come se la sapesse, MENTE. Di conseguenza, lo studio della menzogna assume un'importanza fondamentale nella psicologia. Questo puo' persino farci giungere ad una terza definizione: LA PSICOLOGIA E' LO STUDIO DELLA MENZOGNA.
La psicologia s'interessa in modo particolare alle menzogne che l'uomo dice su se stesso e pensa di se stesso. Tali menzogne rendono lo studio dell'uomo molto difficile. L'uomo qual e' non e' un soggetto autentico; e' un'imitazione di qualcosa e per giunta una pessima imitazione. Supponete che un sapiente di un lontano pianeta riceva dalla Terra campioni di fiori artificiali, senza sapere nulla dei fiori veri. Gli sara' estremamente difficile dare loro una definizione, spiegarne la forma, i colori, i materiali di cui sono composti: cotone, filo di ferro, carta colorata, e classificarli in qualche modo. Nei confronti dell'uomo la psicologia si trova in una situazione del tutto analoga, dovendo studiare un uomo artificiale, senza conoscere l'uomo reale. Evidentemente non e' cosa facile studiare un essere qual e' l'uomo, che non sa egli stesso cio' che in lui e' reale e cio' che e' immaginario. Quindi la psicologia deve cominciare a stabilire una distinzione fra il reale e l'immaginario nell'uomo. E' impossibile studiare l'uomo come un tutto, perche' e' diviso in due parti: una che in certi casi puo' essere quasi interamente reale, e un'altra che in alcuni casi puo' essere quasi interamente immaginaria. Nella maggior parte degli uomini queste due parti sono mescolate tra di loro e non e' facile distinguerle, benche' ognuna di esse sia presente ed abbia un significato e degli effetti particolari. Nel sistema che noi studiamo, queste due parti sono chiamate ESSENZA e PERSONALITA'.
L'essenza e' cio' che e' innato nell'uomo.
La personalita' e' cio' che e' acquisito.
L'essenza e' un bene che gli e' proprio; e' cio' che gli appartiene. La personalita' e' cio' che non gli appartiene. L'essenza non puo' andar perduta, non puo' essere cambiata ne' si degrada rapidamente come la personalita'. La personalita' puo' essere modificata quasi interamente in seguito ad un cambiamento di circostanze; essa puo' andar perduta o venire facilmente deteriorata. Se tentassi di descrivere l'essenza, dovrei dire, innanzi tutto, che e' la base della struttura fisica e psichica dell'uomo. Ad esempio, un uomo ha per natura cio' che si chiama "il piede piatto", un altro ha l'orecchio musicale, un terzo il dono delle lingue, mentre altri ne sono privi: questa e' l'essenza. La personalita' e' tutto cio' che si e' potuto imparare in un modo o nell'altro: nel linguaggio comune, "coscientemente" o "incoscientemente". Nella maggioranza dei casi, "incoscientemente" significa per imitazione, poiche' l'imitazione costituisce un fattore molto importante nella costruzione della personalita'. Persino nelle funzioni istintive, che per natura dovrebbero essere esenti da personalita', vi sono per lo piu' molti "gusti acquisiti", cioe' vi sono dei "mi piace" e "non mi piace" artificiali e di ogni specie, acquisiti sempre attraverso l'imitazione o l'immaginazione. Questi "mi piace" e "non mi piace" artificiali hanno una parte molto importante e disastrosa nella vita dell'uomo. L'uomo dovrebbe amare, per natura, cio' che per lui e' buono e detestare cio' che per lui e' cattivo. Questo si verifica fino a che l'essenza domina la personalita', così come dovrebbe essere: vale a dire fino a che l'uomo si mantiene sano e normale. Ma allorquando la personalita' si mette a dominare l'essenza e l'uomo e' gia' meno sano, egli comincia ad amare cio' che per lui e' nocivo e a detestare cio' che per lui e' benefico. Tocchiamo qui cio' che in sommo grado rischia di essere falsato nelle relazioni tra l'essenza e la personalita'. Di regola l'essenza dovrebbe dominare la personalita', che in tal caso potrebbe essere di grande utilita'. Ma il dominio della personalita' sull'essenza produce i risultati peggiori. Bisogna comprendere che anche la personalita' e' necessaria all'uomo; non possiamo vivere senza di essa, solamente con la nostra essenza. Ma essenza e personalita' devono crescere parallelamente, senza che l'una prevalga mai sull'altra. Si possono incontrare dei casi in cui l'essenza prevale sulla personalita' nelle persone senza cultura; questi uomini "semplici", come vengono definiti, possono essere molto buoni ed anche intelligenti, ma sono incapaci di svilupparsi come coloro che hanno una personalita' piu' accentuata. I casi in cui la personalita' prevale sull'essenza si incontrano sovente fra le persone colte, nelle quali lo sviluppo dell'essenza si ferma a meta' o rimane incompleto. Così, quando si ha uno sviluppo rapido e prematuro della personalita', la crescita dell'essenza puo' in pratica fermarsi a un'eta' molto tenera, con il risultato che noi vediamo uomini e donne dall'apparenza adulta, la cui essenza si e' fermata all'eta' di dieci o dodici anni.
Esistono nella vita moderna numerose condizioni che favoriscono questo sottosviluppo dell'essenza. Ad esempio, la passione per lo sport, soprattutto per la competizione sportiva, puo' benissimo arrestare lo sviluppo dell'essenza, e talvolta ad un'eta' così tenera che l'essenza non e' piu' in grado, in seguito, di riprendersi. Questo dimostra che l'essenza non puo' essere considerata come se si riferisse unicamente alla costituzione fisica nel significato piu' semplice di questa nozione. Per spiegare con maggior chiarezza cosa s'intende per essenza, devo ancora una volta ritornare sullo studio delle funzioni. Ho gia' detto che lo studio dell'uomo comincia con le quattro funzioni: INTELLETTUALE, EMOZIONALE, MOTRICE ed ISTINTIVA. Secondo la psicologia ed il pensiero corrente, sappiamo che le funzioni intellettuali sono svolte e controllate da un CENTRO particolare chiamato "MENTALE" o "INTELLETTUALE" o "CERVELLO". Cio' e' molto giusto. Tuttavia affinche' sia veramente giusto, dobbiamo comprendere che anche ognuna delle altre funzioni e' controllata dal proprio cervello o centro particolare. Di conseguenza esistono quattro cervelli o centri che controllano le nostre azioni ordinarie: il cervello o CENTRO INTELLETTUALE, il CENTRO EMOZIONALE, il CENTRO MOTORIO ed il CENTRO ISTINTIVO. In seguito, ogni volta che ne parleremo, li chiameremo CENTRI. Ciascun centro e' del tutto indipendente dagli altri, ha una propria sfera di azione particolare, propri poteri, modalita' proprie di sviluppo.
I centri, cioe' la loro struttura, la loro capacita', i loro lati forti ed i loro punti deboli, appartengono all'essenza. Il loro contenuto, cioe' tutto cio' che un centro acquisisce, appartiene alla personalita'. Spieghero' piu' avanti il contenuto dei centri.
Come ho gia' detto, la personalita' e' necessaria allo sviluppo dell'uomo quanto l'essenza, ma deve mantenersi al suo posto; cio' e' quasi impossibile a realizzarsi, perche' la personalita' e' piena di idee false su se stessa; non vuole mai rimanere al suo posto, perche' il suo vero posto e' di second'ordine e subordinato; non vuole conoscere la verita' su se stessa, perche' questo vorrebbe dire abbandonare la situazione da lei usurpata ed occupare quella inferiore che in realta' le spetta.
La falsa situazione nella quale essenza e personalita' si trovano, l'una in rapporto all'altra, determina la mancanza di armonia nello stato attuale dell'uomo. Il solo mezzo per uscire da questo stato di disarmonia e' la CONOSCENZA DI SE'.
Per ora basta così... La prossima volta "scenderemo" a fare un viaggio all'interno dell'uomo: non mancate, mi raccomando! A lunedì 25 maggio. Grazie per la Vostra attenzione.

 

 

 
 
 

EVOLVERSI (5° PARTE)

Post n°140 pubblicato il 27 Aprile 2009 da felicedambrosio

Ben trovati amici... continuiamo pure il nostro studio, passando in rassegna, in modo piu' dettagliato, i differenti stati di coscienza che puo' avere l'uomo. Come abbiamo gia' detto, quattro stati di coscienza sono possibili per l'uomo: il sonno, la coscienza di veglia, la coscienza di se' e la coscienza oggettiva. Tuttavia l'uomo vive soltanto in due di tali stati, in parte nel sonno ed in parte nella coscienza di veglia. E' come se possedendo una casa di quattro piani, egli non vivesse che nei due piani inferiori. Il primo e piu' basso livello di coscienza e' il sonno. E' uno stato del tutto soggettivo e passivo. L'uomo vive immerso nei sogni. Tutte le sue funzioni psichiche lavorano senza alcuna direzione. Non vi e' ne' logica, ne' continuita', ne' causa, ne' risultato, nei sogni. Immagini del tutto soggettive, sia echi di passate esperienze che di vaghe percezioni del momento, come rumori che raggiungono l'uomo che dorme, sensazioni fisiche, lievi dolori, tensioni muscolari, attraversano la mente, non lasciando che un'impercettibile traccia nella memoria, ed il piu' delle volte nulla.
Il secondo grado di coscienza appare quando l'uomo si sveglia. Questo secondo stato, nel quale ci troviamo in questo momento, ossia lo stato in cui lavoriamo, parliamo, ci immaginiamo di essere coscienti, lo chiamiamo coscienza di veglia mentre in realta' dovrebbe essere chiamato "sonno di veglia". In effetti il sonno non si dissolve all'apparire del secondo stato, quando cioe' l'uomo si sveglia. Il sonno rimane con tutti i suoi sogni e le sue impressioni; vi si aggiungono soltanto un atteggiamento critico verso le proprie impressioni, pensieri meglio coordinati, azioni piu' disciplinate; e, in conseguenza di una certa vivacita' di impressioni sensoriali, di desideri e di sentimenti - in particolare del sentimento di contraddizione o di impossibilita', totalmente assenti nel sonno - i sogni divengono invisibili, proprio come luna e stelle scompaiono alla luce del Sole. Tuttavia sono tutti presenti ed esercitano sovente sull'insieme dei nostri pensieri, sentimenti ed azioni, un'influenza la cui forza puo' prevalere persino su quella delle reali percezioni del momento.
Non mi riferisco in particolare a cio' che viene definito dalla psicologia moderna come subcosciente o pensiero subconscio. Si tratta semplicemente di espressioni errate, di termini errati che non significano nulla e non si riferiscono ad alcun fatto reale. Vedete, miei cari amici, in noi niente e' subconscio in modo permanente, perche' non vi e' niente di COSCIENTE in modo permanente, e non vi e' pensiero subcosciente per la semplicissima ragione che non vi e' pensiero cosciente.
Ma ritorniamo agli stati di coscienza che esistono effettivamente: il primo e' il sonno, il secondo e' il sonno di veglia. Il primo, come ho detto, e' uno stato puramente soggettivo. Il secondo lo e' di meno; l'uomo gia' distingue l'io dal non io, cioe' il suo corpo dagli oggetti diversi dal suo corpo, e puo' conoscere, fino ad un certo punto, la loro posizione e la loro qualita'. Ma non si puo' dire che l'uomo in questo stato sia sveglio, dato che resta fortemente influenzato dai sogni e che in pratica vive piu' nei sogni che nella realta'. Tutte le assurdita' e le contraddizioni degli uomini e della vita umana in generale trovano spiegazione se comprendiamo che gli uomini vivono nel sonno, agiscono nel sonno e non sanno di dormire. E' utile ricordare che questo e' proprio il significato interiore di numerosi insegnamenti antichi. Il piu' conosciuto da noi e' il Cristianesimo, ovvero l'insegnamento degli Evangeli, nel quale tutte le spiegazioni della vita umana si basano sull'idea che gli uomini vivono nel sonno e devono anzitutto svegliarsi; tuttavia quest'idea e' assai raramente compresa come dovrebbe, cioe', in questo caso, "alla lettera".
Ma il problema e': come puo' svegliarsi un uomo? L'insegnamento degli Evangeli esige il risveglio, ma non dice come svegliarsi. Lo studio psicologico della coscienza mostra che solamente quando l'uomo si rende conto di essere addormentato, si puo' dire che e' sulla via del risveglio. Non si potra' mai svegliare prima di aver provato che e' addormentato. Questi due stati, il sonno ed il sonno di veglia, sono i soli nei quali l'uomo vive. Al di fuori di essi, due altri stati di coscienza sono possibili per l'uomo, i quali diventano accessibili soltanto dopo una lotta dura e prolungata. Questi due stati superiori di coscienza vengono chiamati "coscienza di sè" e "coscienza oggettiva". Noi crediamo in genere di possedere la coscienza di sè, cioe' di essere coscienti di noi stessi, o in ogni caso di poter essere coscienti di noi stessi nell'istante in cui lo desideriamo, ma in realta' la coscienza di sè e' uno stato che ci attribuiamo SENZA IL MINIMO DIRITTO. In quanto alla coscienza oggettiva e' uno stato del quale non sappiamo nulla. La coscienza di sè e' uno stato nel quale l'uomo diviene oggettivo verso se stesso, e la coscienza oggettiva e' uno stato nel quale egli entra in contatto con il mondo reale o oggettivo, dal quale ora i sensi, i sogni e gli stati soggettivi di coscienza lo tengono separato.
I quattro stati di coscienza possono inoltre essere definiti secondo le possibilita' che essi offrono di conoscere la verita'. Nel primo stato di coscienza, il sonno, non possiamo sapere nulla della verita'. Anche se percezioni o sentimenti reali giungono a noi, essi si mescolano ai sogni, e in questo stato di sonno, non e' possibile distinguere i sogni dalla realta'. Nel secondo stato di coscienza, vale a dire nel sonno di veglia, possiamo conoscere soltanto una verita' relativa: di qui il termine di coscienza relativa. Nel terzo stato di coscienza, cioe' nello stato di coscienza di se', possiamo conoscere tutta la verita' su noi stessi. Nel quarto stato, che e' lo stato di coscienza oggettiva, l'uomo e' in grado di conoscere l'intera verita' su ogni cosa, puo' studiare le cose in sè, il mondo qual e'. Questo stato e' talmente lontano da noi che non possiamo neppure pensarvi nel modo giusto e dobbiamo sforzarci di comprendere che si possono avere dei lampi di coscienza oggettiva solo nello stato pienamente realizzato di coscienza di se'. Nello stato di sonno, possiamo avere dei barlumi di coscienza relativa. Nello stato di coscienza relativa, possiamo avere dei barlumi di coscienza di sè. Ma volendo avere la coscienza di sè per periodi piu' lunghi, e non solo per brevi istanti, dobbiamo comprendere che tali periodi non possono prodursi da soli: richiedono un ATTO DI VOLONTA'. Questo significa che la frequenza e la durata dei momenti di coscienza di se' dipendono dal potere che abbiamo su noi stessi. Significa di conseguenza che coscienza e volonta' sono quasi una sola e identica cosa, o in ogni caso, aspetti della stessa cosa. Dobbiamo ora comprendere che il primo ostacolo che si presenta all'uomo sulla via dello sviluppo della conoscenza di se' e' la convinzione che gia' la possiede, o almeno che puo' averla in qualsiasi momento lo voglia. E' molto difficile persuadere un uomo del fatto che egli non e' cosciente e non lo puo' divenire quando gli pare. Ed e' particolarmente difficile, in quanto la natura gli gioca in questo caso un "brutto tiro". Domandate ad un uomo se sia cosciente, o ditegli che non e' cosciente; egli affermera' di essere perfettamente cosciente e che e' assurdo dire che non lo e', dal momento che vi sente e vi comprende. Ed avra' completamente ragione, ma al tempo stesso completamente torto. Questo e' il tiro che gli gioca la natura. Egli avra' ragione, perche' la vostra domanda o la vostra osservazione l'avranno reso vagamente cosciente per un istante. L'istante successivo la coscienza sara' svanita. Ma egli ricordera' cio' che gli avete detto, cio' che ha risposto, e credera' certamente di essere cosciente. In realta', l'acquisizione della coscienza di sè presuppone un arduo e lungo lavoro. Come potrebbe un uomo sottoporsi ad un simile lavoro, se si ritenesse gia' in possesso proprio di cio' che costituisce il risultato promessogli in cambio di questo arduo e lungo lavoro? Naturalmente, un uomo non intraprendera' questo lavoro e non lo considerera' necessario, fino a quando non si convincera' di non possedere ne' la coscienza di sè, nè tutto cio' che e' in relazione con essa, cioe' l'unita' o l'individualita', un "Io" permanente, e la volonta'. Acquisire un Io permanente credendo di poter fare tutto da soli e' praticamente impossibile. Tutto questo richiede l'ausilio di scuole di lavoro, anche se oggi, e' difficilissimo incontrare dei validi maestri. Una scuola esige una pressione di lavoro molto forte ed io, qui, mi limito a dare qualche idea a coloro che sono interessati all'argomento. Dopo essersi liberati della prima illusione, quella di possedere gia' tutto cio' che si puo' avere, occorre liberarsi della seconda illusione, quella di poter ottenere qualche cosa da se stessi, perche' da noi stessi non e' possibile ottenere nulla. Stiamo comunque per arrivare al cuore del problema. Non finiro' mai di ringraziare abbastanza chi ha avuto ed ha ancora il coraggio e la pazienza di seguirmi. A lunedì 11 maggio. Un sentito saluto a tutti voi.

 
 
 

EVOLVERSI  (4° PARTE)

Post n°139 pubblicato il 13 Aprile 2009 da felicedambrosio

Ben trovati... avete passato un'ottima Pasqua? Mi auguro proprio di sì... Sara' stata una Pasqua di riflessione dopo gli eventi del terremoto... Personalmente m'interrogo sempre piu' su quelli che dovrebbero essere i disegni divini... comunque...  Siete pronti per proseguire? Allora... cominciamo! La macchina umana ha sette funzioni differenti:

1) Il pensiero (o intelletto);
2) Il sentimento (o le emozioni);
3) La funzione istintiva (tutto il lavoro interno dell'organismo);
4)
 La funzione motrice (tutto il lavoro esterno dell'organismo, il movimento nello spazio, ecc...);
5) Il sesso (funzione dei due principi maschio e femmina, in tutte le loro manifestazioni).
Oltre a queste cinque funzioni ve ne sono altre due che il linguaggio ordinario non puo' definire e che appaiono soltanto negli stati superiori di coscienza: una, la funzione emozionale superiore, che appare nello stato di coscienza di se', l'altra, la funzione intellettuale superiore, che appare nello stato di coscienza obiettiva. Siccome non ci troviamo in questi stati di coscienza non possiamo ne' studiare ne' sperimentare queste funzioni; apprendiamo la loro esistenza soltanto in via indiretta, attraverso coloro che ne hanno fatto l'esperienza.
Lo studio di se' deve cominciare dallo studio delle prime quattro funzioni: intellettuale, emozionale, istintiva e motrice. La funzione sessuale puo' essere studiata solo quando le prime quattro funzioni siano state sufficientemente comprese.
Cerchiamo di comprendere allora, le prime quattro funzioni.
Cominciamo con la funzione intellettuale o del pensiero. Tutti i processi mentali vi sono compresi: percezione delle impressioni, formazione di rappresentazioni e concetti, ragionamento, comparazione, affermazione, negazione, formazione di parole, discorsi, immaginazione e così via.
La seconda funzione e' il sentimento, ovvero le emozioni: gioia, dispiacere, paura, sorpresa, ecc. Anche se siete certi di comprendere come e in che cosa le emozioni differiscano dai pensieri, sara' comunque meglio stabilire chiaramente la loro differenza.
Poi ci sono le due funzioni istintiva e motrice, spesso confuse tra loro. Cerchiamo di approfondire la funzione istintiva. Qui, vi e' compreso tutto il lavoro interno dell'organismo, tutta la fisiologia per così dire; la digestione e l'assimilazione del cibo, la respirazione, la circolazione del sangue, tutto il lavoro degli organi interni, la costruzione di nuove cellule, l'eliminazione dei residui, il lavoro delle ghiandole a secrezione interna e così via. Vi sono compresi in questa funzione anche i cinque sensi, la vista, l'udito, l'odorato, il gusto, il tatto e tutti gli altri, come il senso del peso, della temperatura, della secchezza e dell'umidita', ecc..., vale a dire tutte le sensazioni indifferenti, sensazioni che, di per se', non sono ne' gradevoli, ne' sgradevoli. Poi ci sono tutte le emozioni fisiche; cioe' tutte le sensazioni fisiche che sono gradevoli o sgradevoli; ogni genere di dolori o di sensazioni sgradevoli, come ad esempio un sapore o un odore sgradevole, e ogni genere di piacere fisico, come i sapori e gli odori gradevoli, e così via.
E poi ci sono tutti i riflessi, anche i piu' complicati, come il riso e lo sbadiglio (con lo sbadiglio si "prende" energia, con il riso si "scarica" energia); ogni genere di memoria fisica, come la memoria del gusto, dell'odore, del dolore che sono in realta' dei riflessi interni.
La funzione motrice, invece, comprende tutti i movimenti esteriori, come camminare, scrivere, parlare, mangiare, e i ricordi che ne restano. Alla funzione motrice appartengono ancora quei movimenti che il linguaggio corrente definisce "istintivi", come quello di raccogliere senza pensarci un oggetto che cade. La differenza fra la funzione istintiva e la funzione motrice e' molto chiara e facile a comprendersi; e' sufficiente ricordarsi che tutte le funzioni istintive, nessuna esclusa, sono innate e non e' necessario impararle per poi potersene servire; mentre nessuna delle funzioni motrici e' innata, e occorre acquisirle tutte, così come il bambino impara a camminare, e come si impara a scrivere e a disegnare. Oltre a queste funzioni motrici normali, esistono ancora delle strane funzioni di movimento che rappresentano il lavoro inutile della macchina umana, lavoro non previsto dalla natura, ma che occupa un gran posto nella vita dell'uomo e consuma una grande quantita' della sua energia. Esse sono: la formazione dei sogni, l'immaginazione, il fantasticare, il parlare con se stessi, il parlare per parlare, e in genere tutte le manifestazioni che sono incontrollate e incontrollabili. Le quattro funzioni, intellettuale, emozionale, istintiva e motrice, devono innanzitutto essere comprese in ogni loro manifestazione osservandole in se stessi. Questo e' l'inizio della psicologia. A lunedì 27 aprile, amici miei. E' dura, eh? Siate pazienti!


                           

 
 
 

EVOLVERSI (3° PARTE)

Post n°138 pubblicato il 30 Marzo 2009 da felicedambrosio

Ben trovati a tutti, anche se ho la sensazione che saremo sempre di meno... Ma noi proseguiamo imperterriti nel nostro cammino, giusto? Ahahahah... Qualcuno mi rimprovera che rido poco... beh... lo abbiamo accontentato! Veniamo a noi.  Che cosa significa "sviluppo"? E cosa vuol dire diventare un essere differente? In altre parole: quale genere di cambiamento e' possibile per l'uomo? Quando e come inizia questo cambiamento? Abbiamo gia' detto che il cambiamento deve cominciare dall'acquisizione di quei poteri e capacita' che l'uomo si attribuisce ma che in realta' non possiede. Cio' significa che prima di acquisire un qualsiasi potere nuovo o una nuova capacita', l'uomo deve sviluppare in se' quelle qualita' che crede di possedere e sulle quali si fa' le piu' grandi illusioni. Lo sviluppo non puo' fondarsi su di una menzogna a se stessi, ne' sull'inganno. L'uomo deve sapere cio' che gli e' proprio e cio' che non lo e'. Deve rendersi conto di non possedere le qualita' che si attribuisce: la capacita' di fare, l'individualita' o l'unita', l'Ego permanente, come pure la coscienza e la volonta'. Occorre proprio che lo sappia, poiche' fino a quando s'immaginera' di possedere queste qualita', non fara' gli sforzi necessari per acquisirle, così come un uomo non acquistera' mai degli oggetti preziosi, ne' sara' disposto a pagarli a prezzo elevato, se crede gia' di possederli. La piu' importante di queste qualita', e quella che trae maggiormente in inganno, e' la coscienza. E il cambiamento nell'uomo comincia con un cambiamento nel suo modo di comprendere il significato della coscienza e procede con la graduale acquisizione di una padronanza della coscienza stessa. Che cos'e' la coscienza? Nel linguaggio ordinario la parola coscienza e' quasi sempre usata come l'equivalente della parola intelligenza, nel senso di attivita' mentale. In realta', nell'uomo, la coscienza e' una specie molto particolare di "PRESA DI CONOSCENZA INTERIORE", indipendente dalla sua attivita' mentale; in primo luogo e' una presa di conoscenza di se stesso, una conoscenza di chi e', di dove e', quindi una conoscenza di cio' che sa, di cio' che non sa e così via. Soltanto l'uomo stesso e' in grado di sapere se in un dato momento e' o non e' cosciente. Ogni uomo e' quindi il solo in grado di sapere se in un dato momento la sua coscienza esiste o non esiste. Questo significa che la presenza o l'assenza della coscienza nell'uomo non puo' essere provata dall'osservazione dei suoi atti esteriori. L'uomo puo' rendersi conto per un istante che, prima di quello stesso istante, non era cosciente; in seguito dimentichera' questa esperienza, e quand'anche se ne ricordasse, questo non sarebbe ancora la coscienza, ma soltanto il ricordo di una forte esperienza. Ora desidero richiamare l'attenzione su di un altro fatto che e' stato perso di vista da tutte le scuole moderne di psicologia. Il fatto cioe' che la coscienza nell'uomo, in qualsiasi modo la si consideri, non e' mai permanente. E' presente o assente. I piu' alti momenti di coscienza creano la memoria. Quanto agli altri momenti, l'uomo semplicemente li dimentica; questo piu' d'ogni altra cosa produce in lui l'illusione di coscienza continua o di continua percezione di se'. La coscienza ha dei vari gradi ben visibili e osservabili per ciascuno in se stesso. In primo luogo vi e' il criterio della durata: per quanto tempo si e' rimasti coscienti? Poi vi e' quello della frequenza: quante volte si e' divenuti coscienti? In terzo luogo quello dell'ampiezza e della penetrazione: di che cosa si era coscienti? Infatti questo puo' variare molto con la crescita interiore dell'uomo. Tenendo conto soltanto dei due primi punti, possiamo gia' comprendere l'idea di un'evoluzione possibile della coscienza. Si tratta del fatto che la coscienza puo' essere resa continua e controllabile mediante sforzi speciali ed uno speciale studio. Cerchero' di spiegare in che modo puo' essere studiata la coscienza. Prendete un orologio e osservate la lancetta dei minuti cercando di mantenere la percezione di voi stessi, e di concentrarvi per esempio sul pensiero "io sono Felice D'Ambrosio", "io sono qui in questo momento". Provate a non pensare che a questo, seguite semplicemente i movimenti della lancetta dei minuti restando coscienti di voi stessi, del vostro nome, della vostra esistenza e del luogo in cui vi trovate. Scartate ogni altro pensiero. Riuscirete, se sarete perseveranti, a fare questo per DUE MINUTI. Tale e' il limite della vostra coscienza. E se tenterete di ripetere l'esperienza subito dopo, la troverete piu' difficile della prima volta. Questa esperienza dimostra che un uomo, nella sua condizione ordinaria, puo', con grande sforzo, essere cosciente di qualcosa (se stesso) per due minuti al massimo. La deduzione piu' importante che si puo' trarre da questa esperienza, quando sia fatta correttamente, e' che l'uomo non e' cosciente di se stesso; l'illusione di essere cosciente di se stessi, e' creata dalla memoria e dai processi del pensiero. Per esempio, un uomo va a teatro. Se ne ha l'abitudine, per tutto il tempo in cui vi rimane, non si rende conto in modo speciale di esservi. Eppure, puo' vedere ed osservare; lo spettacolo puo' interessarlo o annoiarlo, puo' ricordarsene e ricordare le persone che ha incontrato, e così via. Tornato a casa, si ricorda di essere stato a teatro, e beninteso pensa di essere stato cosciente mentre ci si trovava. Così non ha alcun dubbio sul fatto di essere cosciente e non si rende conto che la sua coscienza puo' essere del tutto assente, anche quando egli pensa, osserva ed agisce in modo ragionevole. In generale, l'uomo puo' conoscere quattro stati di coscienza: il sonno, lo stato di veglia, la coscienza di se', la coscienza obiettiva. Tuttavia, pur avendo la possibilita' di conoscere questi quattro stati di coscienza, l'uomo non vive in realta' che in due di questi stati: egli vive una parte della sua vita nel sonno e l'altra parte, in cio' che viene chiamato "stato di veglia", benche' veramente il suo stato di veglia differisca ben poco dal sonno. Nella vita ordinaria, l'uomo non sa nulla della coscienza obiettiva e non puo' avere alcuna esperienza di quest'ordine. Il terzo stato di coscienza, ovvero la coscienza di se', l'uomo se lo attribuisce, crede di possederlo, benche' in realta' egli non sia cosciente di se stesso che per brevi, rarissimi istanti. Anche durante questi lampi di coscienza, e' poco probabile che riconosca questo stato, perche' non sa che cosa implicherebbe il fatto di possederlo realmente. Questi stati di coscienza si manifestano in momenti eccezionali: in momenti di pericolo, in condizioni di intensa emozione, in circostanze e situazioni nuove ed inattese, oppure a volte, in momenti del tutto normali in cui non accade nulla di particolare. Ma nel suo stato ordinario o "normale" l'uomo manca di un qualsiasi controllo su questi momenti di coscienza. Riferendoci alla nostra memoria ordinaria, potrete notare che non sempre vi ricordate delle cose nello stesso modo. Di alcune vi ricordate in modo molto vivo, di altre vagamente; di altre ancora non vi ricordate affatto. Sapete soltanto che sono accadute. Sarete molto sorpresi nell'accorgervi di quanto poco ricordate. E cio' perche' VOI RICORDATE SOLO I MOMENTI NEI QUALI SIETE STATI COSCIENTI. Così, riferendoci a questo terzo stato di coscienza, possiamo dire che l'uomo ha dei momenti fortuiti di coscienza di se' che lasciano un vivo ricordo delle circostanze nelle quali si sono verificati. Ma l'uomo non ha alcun potere su questi momenti. Essi appaiono e scompaiono da soli, sotto l'azione di condizioni esteriori, associazioni accidentali, ricordi di emozioni. A questo punto sorge una questione: e' possibile acquisire la padronanza di questi fuggevoli momenti di coscienza, richiamarli piu' sovente, o addirittura renderli permanenti? In altri termini: E' POSSIBILE DIVENTARE COSCIENTI? Questo e' il punto essenziale. Con dei giusti metodi e dei giusti sforzi, l'uomo puo' acquisire il controllo della coscienza, puo' diventare COSCIENTE DI SE STESSO, con tutto cio' che questo comporta. E proprio cio' che questo comporta, noi nel nostro attuale stato, non lo possiamo nemmeno immaginare. Soltanto dopo aver bene afferrato questo concetto e' possibile intraprendere un serio studio della psicologia. Questo studio deve cominciare dall'esame di cio' che si presenta come OSTACOLO ALLA COSCIENZA DI NOI STESSI, perche' la coscienza non puo' incominciare a crescere se almeno alcuni di questi ostacoli non sono stati rimossi. Il maggiore ostacolo e' l'ignoranza di noi stessi, la nostra convinzione illusoria di conoscerci, almeno fino ad un certo punto, e di poter contare su noi stessi; in realta' non ci conosciamo affatto e non possiamo contare su noi stessi neppure nelle piu' piccole cose. Dobbiamo comprendere ora che "psicologia" significa veramente STUDIO DI SE STESSI. Questa e' la seconda definizione della psicologia. Non si puo' studiare la psicologia come si studierebbe l'astronomia, cioe' al di fuori di se stessi. Nello stesso tempo, dobbiamo studiarci come si studierebbe una qualsiasi nuova macchina complicata. Occorre conoscere i pezzi di questa macchina, le sue funzioni principali, le condizioni necessarie per un lavoro corretto, le cause di un funzionamento difettoso e parecchie altre cose difficili a descriversi senza far uso di un linguaggio speciale, linguaggio che e' indispensabile conoscere per essere in grado di studiare la macchina. Ok, basta così. A lunedì 13 Aprile: ci faremo gli auguri di Pasqua. Grazie di cuore per l'attenzione.

 
 
 

EVOLVERSI (2° PARTE)

Post n°137 pubblicato il 16 Marzo 2009 da felicedambrosio

Ben trovati... Siamo in prossimita' della primavera e cio' dovrebbe regalarci nuove energie... C'eravamo lasciati con questa domanda: perche' non tutti gli uomini possono svilupparsi e divenire degli esseri differenti? La risposta e' molto semplice. PERCHE' NON LO DESIDERANO. Perche' non ne sanno nulla e anche a parlargliene non capirebbero che cosa significhi, senza prima essere stati lungamente preparati. L'idea essenziale e' che, per diventare un essere differente, l'uomo deve desiderarlo moltissimo e per lungo tempo. Un desiderio passeggero o vago, nato da una insoddisfazione riguardo alle condizioni esteriori, non potra' generare un impulso sufficiente. L'evoluzione dell'uomo dipende dalla sua comprensione di cio' che puo' acquisire e di cio' che deve dare per questo. Se l'uomo non lo desidera, e se non lo desidera abbastanza intensamente e non fa gli sforzi necessari, egli non si sviluppera' mai. Non vi e' dunque alcuna ingiustizia. Perche' l'uomo dovrebbe avere cio' che non desidera? Se l'uomo fosse obbligato a divenire un essere differente, mentre e' soddisfatto di cio' che e', allora vi sarebbe ingiustizia. Ora dobbiamo domandarci cio' che significa un essere differente. In pratica diventando un essere differente l'uomo acquista delle qualita' nuove e dei poteri che prima non possedeva, legati alla sua crescita interiore. Prima di acquisire delle facolta' e dei poteri nuovi pero', un uomo deve acquistare delle facolta' e dei poteri che allo stesso modo non possiede, ma che si attribuisce, pensando di conoscere gia'. Per sapere quali nuove facolta', quali poteri insospettati l'uomo puo' acquisire e quali sono quelli che egli s'immagina di possedere, dobbiamo partire dall'idea che l'uomo in genere si fa' di se stesso. Qui ci troviamo subito davanti ad un fatto importante. L'UOMO NON SI CONOSCE. Egli non conosce i suoi limiti, ne' le sue possibilità; non sa neppure fino a che punto non si conosce. L'uomo ha inventato molte macchine e sa che talvolta occorrono anni di studi impegnativi per usare o controllare una macchina complicata. Ma lo dimentica appena si tratta di se stesso, benche' egli sia una macchina molto piu' complicata di tutte quelle che ha inventato. L'uomo e' pieno di idee false su di se'. In primo luogo, non si rende conto di ESSERE REALMENTE UNA MACCHINA. Ma cosa vuol dire: "L'uomo e' una macchina?". Vuol dire che egli non ha movimenti indipendenti, ne' interiori, ne' esteriori. E' una macchina messa in moto da influenze e choc esteriori. Tutti i suoi movimenti, le sue azioni, parole, idee, emozioni, umori e pensieri sono provocati da influenze esteriori. Preso a se', non e' che un automa con un certo bagaglio di ricordi d'esperienze anteriori e con un determinato potenziale di energie di riserva. DOBBIAMO COMPRENDERE CHE L'UOMO NON PUO' FARE NULLA. L'uomo pero' non se ne rende conto e si attribuisce la capacita' di fare. E' questo il primo falso potere che egli si arroga. Questo deve essere capito molto chiaramente. L'UOMO NON PUO' FARE NULLA. Tutto cio' che crede di fare, in realta' SUCCEDE. Accade esattamente come quando "piove" o "tira vento". Purtroppo non esistono nella nostra lingua verbi impersonali che si possano applicare alle azioni umane. Dobbiamo dunque continuare a dire che l'uomo pensa, legge, scrive, ama, detesta, intraprende delle guerre, combatte, eccetera... In realta', tutto cio' succede. L'uomo non puo' ne' pensare, ne' parlare, ne' muoversi liberamente come crede. E' una marionetta tirata qua' e la' da fili invisibili; se lo comprendesse potrebbe imparare qualcosa di piu' su se stesso, e forse allora le cose comincerebbero a cambiare per lui. Ma se non puo' riconoscere ne' comprendere la sua profonda meccanicita' o se non vuole accettarla come un fatto, non potra' imparare niente di piu' e per lui le cose non potranno cambiare. L'uomo e' una macchina, ma una macchina molto speciale perche' se le circostanze sono favorevoli ed essa e' manovrata nel modo giusto, PUO' RENDERSI CONTO DI ESSERE UNA MACCHINA. E se ne diviene pienamente consapevole, puo' trovare i mezzi per CESSARE DI ESSERE UNA MACCHINA. Ora vi prego di seguirmi molto attentamente. Anzitutto l'uomo deve sapere di non essere UNO, ma una MOLTITUDINE. Non possiede un Io unico, permanente e immutabile. L'uomo cambia continuamente. In un dato momento e' una persona, il momento seguente un'altra, poco dopo una terza e così via, quasi senza fine. L'illusione della sua unita' o integralita' e' creata nell'uomo in primo luogo dalla sensazione di un corpo fisico, poi dal suo nome che in genere non cambia e infine da un certo numero di abitudini meccaniche che si sono radicate in lui con l'educazione o ha acquisito per imitazione. Avendo sempre le stesse sensazioni fisiche, sentendosi chiamare sempre con lo stesso nome e ritrovando in se' abitudini ed inclinazioni conosciute da sempre, s'immagina di essere sempre lo stesso. In realta' non esiste unita' nell'uomo, non vi e' un centro unico di comando, ne' un Io o un ego permanente. Ogni pensiero, ogni sentimento, ogni sensazione, ogni "mi piace" o "non mi piace", e' un IO. Questi Io non sono collegati fra loro ne' coordinati in alcun modo. Ognuno di essi dipende dal mutare delle circostanze esteriori e dal variare delle impressioni. Un certo Io automaticamente ne fa saltar fuori tutta una serie; alcuni sono sempre appaiati ad altri. In questo tuttavia non c'e' ne' ordine, ne' sistema. Certi gruppi di Io sono unicamente collegati da associazioni accidentali, da ricordi fortuiti, o da somiglianze del tutto immaginarie. Ciascuno di questi Io rappresenta, ad un dato momento, soltanto un'infima parte delle nostre funzioni, ma ciascuno di essi crede di rappresentare IL TUTTO. Quando l'uomo dice Io, si ha l'impressione che parli di se' come totalita', in realta', anche quando egli crede che sia così, non si tratta che di un pensiero passeggero, di un umore o di un desiderio che passano. Un'ora dopo egli puo' averlo completamente dimenticato ed esprimere con la stessa convinzione un'opinione, un punto di vista o degli interessi opposti. La cosa peggiore e' che l'uomo non se ne ricorda. Per lo piu' da' credito all'ultimo Io che ha parlato, fin quando dura, cioe' fino a che un nuovo Io, talvolta senza alcuna relazione con il precedente, non abbia espresso con maggior forza la sua opinione o il suo desiderio. Vi prego di meditare su questa sacrosanta verita'.  Per oggi puo' bastare... A lunedì 30 marzo. Grazie per l'attenzione.

 
 
 

EVOLVERSI ( 1° PARTE )

Post n°136 pubblicato il 02 Marzo 2009 da felicedambrosio

Un grande saluto a tutti voi: siete pronti? Bene... Innazitutto, dobbiamo parlare di cosa sia la PSICOLOGIA. La psicologia di cui si tratta, e' molto differente da tutto cio' che potete conoscere sotto questo nome. Per cominciare debbo dire che mai, in nessuna epoca, la psicologia si e' trovata a un livello tanto basso. Essa ha perso ogni contatto con la sua origine e col suo significato, a tal punto che ora e' difficile stabilire cosa sia la psicologia e cosa essa studi. E questo benche' mai nel passato siano esistite tante teorie psicologiche e tanti libri di psicologia come oggi. La psicologia viene talvolta definita una scienza nuova. Questo e' completamente sbagliato. La psicologia e' forse la scienza piu' antica, e sfortunatamente, nei suoi aspetti piu' essenziali, e' una scienza dimenticata. Un tempo era legata alla filosofia, alla religione, ed esisteva anche sotto varie forme d'arte, come la poesia, la tragedia, la scultura, la danza e persino l'architettura. Talune cattedrali gotiche, per esempio, erano essenzialmente dei trattati di psicologia. Ad un certo punto la psicologia e' sopravvissuta anche sotto forma d'insegnamenti legati all'astrologia, all'alchimia o alla magia. Comunque sia, occorre notare che tutti i sistemi o le dottrine psicologiche, possono dividersi in due categorie principali.

La prima: le dottrine che studiano l'uomo così come lo trovano o come suppongono o immaginano che egli sia. La moderna psicologia "scientifica" o cio' che e' conosciuto sotto tale nome, appartiene a questa categoria.

La seconda: le dottrine che studiano l'uomo non gia' dal punto di vista di cio' che e' o di cio' che sembra essere, bensì dal punto di vista di cio' che puo' divenire, ossia dal punto di vista della sua EVOLUZIONE POSSIBILE. Queste ultime dottrine sono in realta' quelle originali, o in ogni caso le piu' antiche, e soltanto esse possono far comprendere l'origine dimenticata della psicologia e il suo vero significato. Quando avremo riconosciuto come sia importante nello studio dell'uomo il punto di vista della sua EVOLUZIONE POSSIBILE, capiremo che la prima risposta alla domanda "che cos'e' la psicologia", dovrebbe essere:

LA PSICOLOGIA E' LO STUDIO DEI PRINCIPI, DELLE LEGGI E DEI FATTI RELATIVI ALL'EVOLUZIONE POSSIBILE DELL'UOMO.
Ma che cosa significa evoluzione dell'uomo? E questa evoluzione richiede delle condizioni speciali? Devo dire subito che le concezioni moderne sull'origine dell'uomo e sulla sua evoluzione passata non possono essere accettate. Dobbiamo renderci conto che non sappiamo nulla sull'origine dell'uomo e non abbiamo prove di una sua evoluzione fisica o mentale. Al contrario, se prendiamo l'umanita' storica, ossia l'umanita' degli ultimi dieci o quindicimila anni, possiamo trovare tracce incontestabili di un tipo di uomo superiore la cui presenza puo' essere dimostrata da molteplici testimonianze e monumenti dell'antichita', che gli uomini del tempo attuale sarebbero incapaci di ricreare o di imitare. Quanto all'uomo preistorico o a quelle creature simili all'uomo nell'aspetto e tuttavia così differenti da lui, di cui si sono rinvenute le ossa in giacimenti glaciali o pre-glaciali, possiamo accettare l'idea plausibilissima che queste ossa siano appartenute ad un essere del tutto diverso dall'uomo, e da molto scomparso. Negando l'evoluzione passata dell'uomo dobbiamo negargli qualsiasi possibilita' di evoluzione meccanica futura; cioe' di una evoluzione che si farebbe da sola secondo le leggi dell'ereditarieta' e della selezione naturale, senza sforzi coscienti da parte dell'uomo e senza la comprensione della sua evoluzione possibile. L'idea fondamentale e' che l'uomo quale noi lo conosciamo, NON E' UN ESSERE COMPIUTO. La natura lo sviluppa fino ad un certo punto, quindi lo abbandona a se stesso e lascia che egli continui a svilupparsi con i suoi propri sforzi e di sua propria iniziativa, oppure che vive e muoia così come e' nato, o che degeneri e perda la sua capacita' di sviluppo.
L'evoluzione dell'uomo nel primo caso, significa lo sviluppo di certe sue qualita' e caratteristiche interiori che di solito si fermano allo stato embrionale, e che non possono svilupparsi da sole. L'esperienza e l'osservazione dimostrano che tale sviluppo e' possibile soltanto in condizioni ben definite, che esso richiede sforzi particolari da parte dell'uomo stesso, ed un aiuto sufficiente da parte di coloro che prima di lui abbiano intrapreso un lavoro dello stesso ordine ed abbiano gia' raggiunto un certo grado di sviluppo, o almeno una certa conoscenza dei metodi. Dobbiamo partire dall'idea che senza sforzi l'evoluzione e' impossibile come del resto, senza aiuti. Quindi, dobbiamo comprendere che l'uomo, sulla via dello sviluppo, deve divenire un essere differente e dobbiamo studiare e capire in quale maniera e in quale direzione debba divenire un essere differente; ossia che cosa significhi un essere differente. Infine dobbiamo comprendere che NON tutti gli uomini possono svilupparsi e divenire degli esseri differenti. L'evoluzione e' una questione di sforzi personali, e in relazione alla massa dell'umanita' rimane una RARA ECCEZIONE. Potra' sembrare strano, ma dobbiamo renderci conto non soltanto che l'evoluzione e' rara, ma che essa sta diventando sempre piu' rara. Le precedenti asserzioni fanno nascere naturalmente molte domande: cosa significa che sulla via dell'evoluzione l'uomo deve diventare un essere differente? Che cosa significa un essere differente? Quali sono le qualita'  e caratteristiche interiori che possono essere sviluppate nell'uomo, e come riuscire ad ottenerle? Perche' non tutti gli uomini possono svilupparsi e divenire degli esseri differenti? Perche' una simile ingiustizia? Per oggi basta così... Nella prossima uscita, cerchero' di dare delle risposte. A lunedì 16 marzo. Grazie.

 
 
 
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Dalla deliziosa e raffinata ericarg.

 

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A GIORGIA. (IGNARA DI TUTTO)

Ti ringrazio Giorgia. Ti ringrazio per avermi cambiato la vita. Ti ho incontrata, ho parlato con te, ho sognato con te. Nella mia mente si rincorrono ancora gli echi della tua voce sottile e le mille sfumature del tuo viso, dei tuoi gesti. La luce dei tuoi occhi, e' ora prigioniera dentro di me e funge da motore perpetuo, che scatena la gioia, la serenita', l'entusiasmo, l'amore. Ogni volta che ti guardo, la mia anima si nutre di questa luce ed e' così che divento coraggioso, generoso, forte, deciso, dinamico, fino a raggiungere l'equilibrio della felicita'. Non esistono piu' ne' dolori, ne' malinconie, ma solo i tuoi occhi magici che trasformano tutto, che sublimano la vita. Vorrei entrare dentro di te, avere le tue esperienze, il tuo sangue. Vorrei guardare il mondo attraverso i tuoi occhi, i miei occhi. E soddisfatto vorrei comunicare la mia gioia al mondo intero, all'universo infinito. Comprenderei così l'eternita', fuso nella tua anima, nell'universo intero. E miliardi di stelle, alimenteranno il mio amore, che diventera', a sua volta, immenso, tale da coinvolgere tutti. Ed e' con questo amore, che sconfiggero' ogni male, ogni sofferenza, ogni timore, ogni solitudine di questo mondo. Ti ringrazio Giorgia, per questo amore, perche' salvera' tutti, perche' va oltre la morte, ed ha come meta la vita eterna.

Felice.

 
Ho osservato la potenza del seme di cocomero. Ha la capacita' di estrarre dal suolo e attraverso se stesso l'equivalente di 200.000 volte il proprio peso. Quando mi direte come fa' ad estrarre questo materiale e da esso il colore per dipingere una superficie esterna che e' al di la' dell'arte; e quindi a formare nel suo interno una buccia bianca e dentro ancora un cuore rosso, fittamente costellato di semi neri - ciascuno dei quali e' a sua volta capace di estrarre da se stesso 200.000 volte il proprio peso - bene, quando mi spiegherete il mistero di un cocomero, potrete chiedermi di spiegarvi il mistero di Dio!
 
TUTTI GLI UOMINI, QUALUNQUE SIANO LE SITUAZIONI, DOVERI O CIRCOSTANZE DELLA LORO VITA, SONO CHIAMATI AD EVOLVERSI. 
 
MAI CERCARE DI TROVARE LA PERFEZIONE IN UNA SOLA PERSONA. CONFUCIO.
 

LA PIU' GRANDE MISERIA DELL'ANIMA E' QUELLA DI CREDERSI FORTE. PADRE PIO.

 
SI CREDE CIO' CHE SI DESIDERA.
 
 
 
 
 

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