Ad Gloriam

Autunno


C’è che provo strane sensazioni. Lo sceneggiatore della mia vita, uno psicopatico degno del migliore romanzo di Sthepen King ha deciso che era finito il tempo di tergiversare e mi sta costringendo ad affrontare alcuni fantasmi che da molto tempo ormai mi affliggono. In questi giorni sto ritrovando luoghi e sguardi che, volutamente, ho messo da parte per molto tempo, perché ero troppo preso nel cercare di costruire una stabilità interna quantomeno accettabile. E’ piuttosto superfluo aggiungere che le poche certezze che avevo maturato stanno vacillando e minacciano di crollare rovinosamente, come la volta di una cattedrale mal costruita, squassata nelle fondamenta da quella che, in fondo, parrebbe agli occhi distratti di un osservatore esterno soltanto una lieve scossa di terremoto. C’è che mi sento fragile, incredibilmente fragile, una sensazione nuova e per me tremenda. Non sto parlando di quella splendida fragilità che prova un’amante mentre si abbandona tra le braccia del suo Amore, provo più che altro la sensazione di essere come una foglia ormai caduta dal suo albero, che giace inerme sul marciapiede, mentre ricorda i giorni in cui svettava, lussureggiante, sul ramo più fecondo, stupidamente inconsapevole e convinta che l’inverno non sarebbe arrivato mai. Milioni di persone stanno percorrendo il marciapiede su cui giaccio: con le loro suole mi sfiorano, passando oltre, inconsapevoli e, mentre se ne vanno via, indaffarati, non si rendono neanche conto del rumore che le loro scarpe provocano mentre si strusciano tra le foglie a terra. Ma quante altre foglie ci sono sullo stesso marciapiede?