Fermata a richiesta

Ieri


Ieri era l’undici settembre. No, non l’undici settembre delle torri gemelle, il mio undici settembre.Ieri di otto anni fa “venivo alla luce”; lo stesso ieri in cui tre anni più tardi “morivo” una seconda volta.Non temete, non sono il conte di Montecristo e nemmeno un suo lontano parente. Sono Korov’ev. O Fagotto, se più vi piace.Semplicemente, l’undici settembre del duemilacinque incontravo la donna per cui sarei morto; lo stesso giorno del duemilaotto una parte di me manteneva quella promessa.Poi cinque anni durante i quali ho distrutto, bruciato, ucciso. Sì, ho ucciso anch’io, ché non si vive di solo morire.Vedete, la cosa funziona così: ogni volta che si nasce si recupera da qualche parte un pezzo d’anima: ingrediente indispensabile alla vita come le fiches quando si gioca alla roulette, la si mischia a quel po’ di carne rimasta attaccata alle ossa sfrante  e si ricomincia a camminare.Percorri strade la cui polvere hai calcato mille volte, eppure non te ne accorgi, perché da quel pezzo d’anima rimediato chissà dove, hai strappato occhi nuovi nuovi, chiari come quelli di un bambino.Per gli altri, però, sei solo un avanzo, un amore di seconda mano che ricalca emozioni già provate. E ogni gesto,  ogni parola, ogni sentimento perde valore perché già vissuto.Poi la pallina si ferma e il croupier tira su col suo rastrello tutto quel che avevi puntato sul tuo numero. Abbassi la testa, ti guardi le mani e ti accorgi di essere un po’ più povero.Nelle tasche di oggi mi rimangono pochi spiccioli e allora te lo voglio proprio dire. Voglio dirti che con te ogni parola è un vagito nuovo, ogni tocco ha la scossa della prima neve sulle mani nude, ogni domani è il primo domani della mia vita.E non sembra vero, tenerti tra le mani; forse non lo è… ma non m’importa.Ieri era l’undici settembre; l’undici settembre è ieri. L’autunno che viene ha il colore dei miei occhi e il tuo nome.