Fermata a richiesta

Sonata in Do bemolle


Era magra.Da che ricordava, quell'eccessiva magrezza accompagnava il suo essere. Che poi “eccessiva” lo dicevano gli altri; lei si riconosceva soltanto in quelle forme efebiche, solo così riusciva a sopportare il peso di un corpo che non le somigliava; solo così riusciva a vedere ancora la bimba racchiusa tra le pieghe di quell'involucro e a consolarla, a rassicurarla.Aveva imparato a guardare il mondo da dietro le lunghe dita affusolate chiuse a cerchio, a spiare la vita oltre il perimetro delle assenze, a pregare sgranando le vertebre come ceci di un rosario. Piantava i polpastrelli nel solco delle costole, ne misurava la larghezza, la profondità, poi risaliva la corrente viola di quegli alvei disseccati e, sempre, arrivava al cuore.Aveva bisogno di quell'immagine essenziale riflessa nello specchio perché solo così le sembrava di poter vedere attraverso la pelle sottile quello che le albergava dentro: nessun sentimento, nessuna passione sarebbero sfuggiti al controllo meticoloso, alla sua rigida disciplina del piacere.Viveva con la morte accanto e quando la morte la colse come un frutto vecchio ancora acerbo, non se ne accorse.Dapprima il mondo continuò a guardarla attraverso lo specchio distorto di una fotografia, poi il ricordo fu l'unico testimone del suo passaggio, finché il tempo non cancellò anche quello, e tutto ciò che rimase di lei furono quelle poche parole bisbigliate che per tutta la vita avevano accompagnato il suo nome e quello del suo non essere:- Era magra. Dio, com'era magra.