Fermata a richiesta

La neve di Nikolaevka


Cantavi la vita come una canzone. Cantavi in fila per il pane con la tessera stretta nella mano mentre tutto, intorno, era Dio, Patria, Famiglia e povertà. Cantavi, piegata in piazza dalla  mano di un podestà pasciuto, nero di rabbia e di camicia.“Mio marito è al fronte!”, cantavi, “è al fronte a vedere la neve bruciare. È al fronte a scrivere favole mai arrivate, fatte di grafie minute, di riccioli e sberleffi. Favole di muli volati via al batter di ciglio dei mortai come farfalle insanguinate; favole di marce e vento freddo e di patti col diavolo sull’ultima neve di Nikolaevka”.Lunghe trine di sillabe balbuzienti come passi incerti nei bagliori improvvisi di quelle albe fredde e veloci all’orizzonte.“Mio marito è al fronte” cantavi “e tu qui, a togliermi il pane e le parole”.Poi il podestà cambiò di faccia e di paese, e anche la guerra cambiava nome e si chiamava pace, e col coltello in mezzo ai denti continuava a fare il suo mestiere, ma tu cantavi; cantavi la vita come una canzone. Cantavi e impastavi lacrime e farina, mentre il curato Marshall sbraitava: “Non c’è pane per i comunisti”; cantavi e m’insegnavi a tirar patate dal ventre della terra ogni giorno più bassa.Ti guardavo sedere all’ombra del giorno e aspettare finché il giorno chiamava la sera dal fondo delle valli, allora scioglievi dal capo lunghi fili ceneriti e li pettinavi piano come pensieri appena nati, mentre una nenia riempiva l’aria.“…C’era una casetta piccolina in Canadà…”Il tramonto carezzava il tuo pudore antico“…Con tanti pesciolini e tanti fiori di lillà…”e pareva quasi tu tornassi bambina,“…E tutte le persone che passavano di là…”ma solo ora capisco,“…Dicevano: che bella la casetta in Canadà.”ora che so quel confine veloce tra luce e ombra dopo giorni di fatiche e rimpianti; quell’attimo di oblio tra ombra e luce dopo notti di paure e rimorsi.Solo ora capisco; oppure non capisco o non ho mai capito niente, e mi scappa di cantare.