Fermata a richiesta

Layla


Il tempo di veder sparire il sole dietro le alture infiammate di ocra ed henné, e tutto inizia a turbinare.Occhiali da saldatore e un fazzoletto a mo’ di shesh, ma non c’è nulla da fare, puoi solo ritirarti al riparo di una tenda e rimanere ad ascoltare la notte irachena cantare la sua nenia.- Can you hear it, sayyid?Farid è teso; le pupille dilatate ad annusare il buio.- Can you hear? It’s the voice of Layl: the demon is crying. She comes to hurt us, sayyid. She takes fortune away, she wishes to get us sick.When Layl cries you have to seal your ears: no man  should listen to her. She’s a female: she’s bad.Dapprima non sai se sia il tuo cuore o il suo passo leggero, poi la senti, senti il suo lamento e ti sembra quasi di intuirne i contorni attraverso quel velo sabbioso che ogni giorno riscrive la faccia del deserto.- Since the time of creation she comes to waste away every men’s soul she finds on her way. ...But we know how to treat her.Let’s sleep, sayyid! Tomorrow she’ll be back to hell she belongs to.Sono orfano. Da piccolo pensavo che mio padre fosse il vento, forse è per questo che nelle notti di tempesta dormo bene, dormo finché il sole non si alza prepotente da est.Di giorno si superano i quarantacinque gradi, di notte si fatica a raggiungere i tre.Da queste parti le case in muratura sono di pochi, la gente comune vive in piccole costruzioni fatte di fango e paglia; piccoli bozzoli scuri in cui stanno stipati interi nuclei familiari.La prima occupazione mattutina è quella di rappezzare le crepe che l’enorme escursione termica crea nelle pareti: è compito delle donne.Le vedi uscire come rondini dal nido; spiegano le loro ali stropicciate di lana nera e cominciano a raccogliere fango dalle sponde limacciose del Tigri. Con le mani. Lo raccolgono con le mani e lo spalmano sul dorso ferito di quel rifugio che chiamano baìt, casa.Una femminilità sgraziata che mantiene integre quelle verruche di terra scura sulla pelle compatta del deserto.Qui la vita è terra e acqua.Puliscono le mani sulle vesti che prendono piano il colore e l’odore della melma e della fatica. Giorno dopo giorno qui, sulle sponde arrugginite del Tigri dove un milione di anni fa un fetido mucchio di fango raccolse l’eredità divina  e la condanna.Donne di terra e acqua, donne di fango. Fragili statuine d’argilla come tante Layl una in fila all’altra con le narici allargate ad aspettare un’anima, un soffio che sia vita; donne di terra e acqua a partorire figli e rappezzare ogni mattina la sottoveste sdrucita del giardino di Eden; demoni piangenti ed errabondi che gridano smarriti il loro nome nel respiro vetroso della notte irachena.Let’s sleep, sayyid! Tomorrow she’ll be back to (the) hell she belongs to.