Fermata a richiesta

Sonata per Sasha (parte prima)


Passeggiare in centro, in un giorno qualsiasi di questo inverno strambo, e fermarsi ipnotizzati ad ammirare le magie che un sassofonista di strada disegna seduto sul selciato mattutino dei portici.- Chissà che storia avrà?- mi chiedi all’improvviso.Aleksandr Fyodorovic: un nome che gli pesava addosso come una condanna.“Puoi sceglierti il cane, il mestiere, la moglie, ma non i genitori, mio piccolo Sasha”, diceva nonna Irina.Suo padre, primo violino dell’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, lo addestrava alla musica. Gli aveva regalato un violino di buona fattura e a colpi d’archetto sulle dita gli insegnava il tempo, l’intonazione, la profondità.“Non il numero 5... non il numero 5” pregava nella mente il giovane Sasha alzando gli occhi a quel cielo dove tutti dicevano ci fosse un dio amorevole. Ma puntualmente, levando l’archetto verso lo stesso cielo, suo padre esclamava:- Capriccio N° 5.All’inizio il bimbo pensava che quell’archetto indovinasse le sue paure per via di un qualche potere magico, come le bacchette delle fate; ma col passare degli anni si convinse che il problema fosse un altro: lassù, dietro quel cielo blu di Prussia, non ci doveva essere proprio nessuno.Ogni volta attaccava quelle scale sapendo perfettamente che sarebbe inciampato sul Mi, o magari sul Do dopo aver corso tutta l’ottava restando senza fiato a metà della salita; oppure sarebbe rimasto schiacciato sotto il culo tondo e grasso della chiave di violino, su quel La di cui non azzeccava mai la durata.- Aleksandr Fyodorovic, sei la vergogna della nostra famiglia!Quello era il segnale con cui suo padre dichiarava terminata la lezione.“Puoi sceglierti il cane, il mestiere, la moglie, ma non i genitori”.