Fermata a richiesta

Metamorfosi


 Er Cipolla, così lo chiamavano i suoi compagni di rapine. E così era conosciuto nell'ambiente.L'avevano beccato dopo un furtarello da supermercato mentre cercava di sfuggire alla polizia su di una bicicletta, rubata anche quella ad un orefice del ghetto ebraico, e da lì dove l'avevano preso lo avevano portato direttamente ai "tre scalini"Cinque anni senza appello, ma mentre lo trascinavano coi ceppi ai polsi verso la "Regina dei Celi", che chissà poi perché l'avevano chiamata così, visto che di regale nun c'aveva proprio gnente e di celestiale nimmanco, pensava, lo sguardo del Cipolla si appuntò meravigliato sull'altare maggiore della chiesa di Santa Maria in Trastevere le cui porte erano state lasciate aperte per il gran caldo di quell'estate iniziata troppo presto. Là, disposti in bella vista, c'erano gli arredi sacri. Il calice tempestato di pietre, i candelabri d'argento, il crocefisso d'oro. Tutto gettava scintille preziose oltre il confine della penombra fin sulla strada e sembrava quasi invitare quelli come lui alla razzia, ma in quel momento un altro pensiero attraversava la mente del Cipolla. Una visione di bellezza gli stringeva il cuore fin quasi a farlo piangere, mentre allo stesso tempo la superbia di quei barbagli faceva salire dal ventre una rabbia sottile.Sua madre vendeva cipolle a Campo de Fiori e a cinquant'anni era già una donna consumata dalla fatica e dalla tubercolosi, suo padre, invece, non l'aveva mai conosciuto. Era cresciuto in mezzo alla strada e la cosa più bella che avesse visto fino ad allora era gelosamente custodita nelle mutande della figlia del pizzicagnolo: la cassaforte più dura da scassinare che avesse mai incontrato. Non sapeva spiegarsi perché adesso la vista di quel traboccare confuso di romanico, rinascimentale e barocco dai portoni di Santa Maria gli facesse quell'effetto.Cinque anni sono lunghi e lui li passò in compagnia di Prassitele, Michelangelo, Canova studiandone ogni dettaglio, ogni segretoQuando uscì di prigione la prima cosa che fece fu comprare un piccolo blocco di marmo scartato dalle cave di Carrara. Se lo portò a casa e per mesi ci lavorò su.L'opera finita era di una bellezza commovente e una casa d'aste se l'era accaparrata per un tozzo di pana. Era il giorno in cui la sua creatura sarebbe stata acquistata dal miglior offerente, ma lui, noncurante, iniziò a raccogliere dal pavimento gli scarti, i detriti, le schegge bianche e luccicanti e tutto quanto era appartenuto al blocco grezzo. Ne riempì un sacco di juta e si incamminò verso Villa Borghese.La sala era gremita di signore ingioiellate e dei loro mariti con la mano sul portafogli. Quando fu la volta della sua "Maddalena" il Cipolla salì sul palco tra lo stupore della platea e l'imbarazzo del battitore, trascinando con sé il grosso sacco pesante di avanzi, e senza dir parola ne rovesciò a terra il contenuto che si sparse in tanti tonfi sordi e in una nuvola di polvere lucente e bianchissima fino alle signore imbellettate e ai mariti imbelli della prima fila.Un silenzio surreale aveva di colpo avvolto quel posto come se tutto fosse fermo sotto l'influsso di un antico maleficio finché l'uomo, con una voce dalla profondità terribile e dalla dolcezza sconosciuta, iniziò a parlare, e mentre parlava sembrava che i suoi occhi potessero guardare nello stesso istante tutti gli occhi rinchiusi tra quelle mura.- L'opera è solo ciò che la vita costruisce e diventa vita negli occhi di chi guarda e tocca. Ma prima che in se stessa, e perché essa possa prendere vita, la vita è scorsa qui, tra queste schegge, in questa polvere fine e brillante, nel grido di questi blocchi spaccati e ormai inutili. Attraverso loro, è passata la fatica del parto. Attraverso il loro sacrificio.Questo, è il capolavoro: chi offre di più, signore e signori?La bellezza non dovrebbe mai dimenticare da dove viene.