Fermata a richiesta

Mia Casa (tutta colpa di Woodenship :-)


 L'appartamento era carino, un piccolo trilocale in una zona periferica, ma non troppo, di una città di provincia.Il clack metallico della serratura sembrò loro il rumore più bello del mondo. Era la loro prima casa: era casa loro.Lei entrò dalla porta a passo di danza con gli occhi di lui che la seguivano sorridenti mentre posava a terra le valige e iniziava ad aprire credenze e armadi e si affacciava ad ogni finestra, accendeva uno per uno i fornelli della cucina, faceva scorrere l'acqua della doccia.All'uomo sembrava come se un vento di libeccio stesse attraversando una per una quelle stanze che sarebbero state i luoghi della loro vita quotidiana, i luoghi della loro domesticità.- Cosa stai facendo? - chiese mentre la guardava saltellare da una parte all'altra di quel piccolo nido in affitto.- Sto prendendo possesso della casa. Non lo sai? Una donna deve prendere possesso della sua casa. - rispose lei con un sorriso - è per poterla conoscere e poi ri-conoscere ogni volta.Erano giorni d'inverno, la sera scese presto sui tetti e sulle strade. I primi lampioni si accendevano come stelle vicine, o forse erano le stelle ad accendersi come luci lontane.Seduti in balcone, avvolti in un plaid, se ne  stavano là a guardare la sera arrivare, fredda e asciutta. D'improvviso lui si alzò sollevandola sulla braccia. La sorpresa la fece irrigidire per qualche istante, ma la presa forte dell'uomo la tranquillizzò subito. Non capiva cosa volesse fare, ma glielo lasciava fare fiduciosa, senza opporsi.Attraversarono la soglia della camera da letto, lui la depose sulle lenzuola nuove come la loro vita ed iniziò a spogliarla senza fretta. Lei lo guardava e teneramente lo lasciava fare; sentiva le sue mani stringerle forte la carne, calcare il contorno dei suoi fianchi, scorrere negli alvei delle costole fino alla spina dorsale e poi sgranare le creste delle sue vertebre come i grani di un rosario benedetto. I denti dell'uomo affondavano nella sua carne fino al limite del dolore e le dita si aggrappavano avide alla morbidezza dei seni perché la loro consistenza si imprimesse nella memoria  dei polpastrelli, e in quella del palmo il loro calore.Lungo un istante che sembrò eterno sentì il viso di lui scivolarle sul ventre e posarvisi come si posa la rondine nel nido, dandogli la sua forma e impregnandosi del suo odore. Solo nel momento in cui le labbra le sfiorarono il pube si riebbe dall'estasi sollevando appena la testa arruffata mentre con un filo di voce rotta pronunciava senza forza quelle parole: - No, che fai? Ti prego...L'uomo sollevò appena il viso. Il suo sguardo serpeggiò nell'incavo del ventre e più su, tra i seni tesi fino agli occhi di lei velati appena di pudore, poi l'alito vibrò caldo sulla pelle tanto da farla tremare:- Non lo sai? Un uomo deve prendere possesso della sua casa. È per poterla conoscere e poi ri-conoscere.Ogni volta.