Creato da korov_ev il 06/02/2013

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Sonata in Do bemolle

Post n°42 pubblicato il 18 Dicembre 2013 da korov_ev

Era magra.
Da che ricordava, quell'eccessiva magrezza accompagnava il suo essere. Che poi “eccessiva” lo dicevano gli altri; lei si riconosceva soltanto in quelle forme efebiche, solo così riusciva a sopportare il peso di un corpo che non le somigliava; solo così riusciva a vedere ancora la bimba racchiusa tra le pieghe di quell'involucro e a consolarla, a rassicurarla.
Aveva imparato a guardare il mondo da dietro le lunghe dita affusolate chiuse a cerchio, a spiare la vita oltre il perimetro delle assenze, a pregare sgranando le vertebre come ceci di un rosario. Piantava i polpastrelli nel solco delle costole, ne misurava la larghezza, la profondità, poi risaliva la corrente viola di quegli alvei disseccati e, sempre, arrivava al cuore.
Aveva bisogno di quell'immagine essenziale riflessa nello specchio perché solo così le sembrava di poter vedere attraverso la pelle sottile quello che le albergava dentro: nessun sentimento, nessuna passione sarebbero sfuggiti al controllo meticoloso, alla sua rigida disciplina del piacere.
Viveva con la morte accanto e quando la morte la colse come un frutto vecchio ancora acerbo, non se ne accorse.
Dapprima il mondo continuò a guardarla attraverso lo specchio distorto di una fotografia, poi il ricordo fu l'unico testimone del suo passaggio, finché il tempo non cancellò anche quello, e tutto ciò che rimase di lei furono quelle poche parole bisbigliate che per tutta la vita avevano accompagnato il suo nome e quello del suo non essere:
- Era magra. Dio, com'era magra.

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Commenti al Post:
BacardiAndCola
BacardiAndCola il 18/12/13 alle 16:49 via WEB
Ma perchè i tuoi post sono sempre così tristi?
 
 
korov_ev
korov_ev il 19/12/13 alle 17:45 via WEB
Madame, ma i miei post non sono sempre “così tristi” :-)
Se ve a dare uno sguardo ritroso troverà post ironici, post semi-seri, post sentimentali e post arrabbiati. Poi, certo, la durezza, più che la tristezza, qui è di casa perché la vita è dura; la vita è (o almeno la mia lo è) una camminata su una strada di terra e sassi, con qualche fiore profumato e qualche ciuffo d’erba morbida a dar sollievo, ma comunque ci si sporca, ci si fa male. E in fondo, forse, proprio i graffi e le macchie sono la parte bella di un’anima, quella che la rende diversa e riconoscibile tra tutte le altre.
 
Maddalena_e_oltre
Maddalena_e_oltre il 18/12/13 alle 20:12 via WEB
A volte lo specchio non è che l'immagine di una prigione, che racchiude un'idea e un desiderio irraggiungibili, enigma che trattiene le risposte e affama di bisogni. Diviene la lente sul mondo e la maschera nei confronti del mondo, idolo da interrogare e maledire (e adorare) a giorni alterni, a seconda che prevalga premio o punizione. La fotografia ne è solo rifrazione, memoria dell'istante in cui si formulò la domanda. Le parole degli altri non hanno abbastanza voce, spesso.
 
 
korov_ev
korov_ev il 19/12/13 alle 17:45 via WEB
Dice bene, madame, lo specchio è solo l’immagine, di una prigione. La vera prigione non è lo specchio e neanche un corpo “sbagliato”; la vera prigione siamo noi. Le nostre convinzioni, i nostri occhi, le nostre paure e perfino le certezze, a volte. E forse, come lei dice, le bocche non hanno abbastanza forza, però io sono più propenso a credere che siano le orecchie, a sentire senza ascoltare.
 
lussert
lussert il 20/12/13 alle 19:25 via WEB
Qui il comune termine "gabbia toracica" acquista un particolare significato. Quello di una prigione in cui carcerato e carceriere si fondono senza confondersi. Anche se un'anoressica riceve dallo specchio un'immagine distorta del suo corpo, più di quanto possa distorcerlo una fotografia. O il ricordo della gente.
 
 
korov_ev
korov_ev il 07/01/14 alle 13:35 via WEB
Eh già, Luss, qui il termine "gabbia toracica" assume un significato davvero particolare e non c'è specchio o bilancia che dica il vero, agli occhi di una mente obesa eppure affamata.
A volte penso che basterebbe il giusto "cibo", per riassestare i contorno distorti di quell'immagine riflessa. Sapere quale sia, purtroppo è un'altro discorso.
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 21/12/13 alle 19:23 via WEB
Esistono molte tipologie di specchi e molte anoressie...fisiche, mentali, emotive. Anche i disturbi dissociativi possono essere molti, ma probabilmente l'incapacità di riconoscerci in quell'immagine del nostro corpo riflessa allo specchio, in alcuni casi, è semplicemente un bisbiglio che l'anima ci sussurra per svelarci la verità. E forse lei ha sintetizzato in poche e complete immagini l'essenza di questa voce. "Aveva bisogno di quell'immagine essenziale riflessa nello specchio perché solo così le sembrava di poter vedere attraverso la pelle sottile quello che le albergava dentro". In alcuni casi vivere con la morte accanto significa ricordarsi della vita e non accorgersi quando la morte si piega davanti a noi per raccoglierci il corpo. Un modo acerbo e infantile di accogliere la Signora con la Falce che, poi, in quanto a magrezza...,-P
 
 
korov_ev
korov_ev il 07/01/14 alle 13:43 via WEB
Sì, madame Psike, esistono molte tipologie di specchi e molte anoressie, il problema è proprio questo. E per ogni specchio c'è il giusto occhiale; per ogni anoressia la giusta cura, e spesso, quando si interviene, il sassolino rotolato a valle è ormai diventato una frana che ha sotterrato tutto il resto, e non basta trovare quel primo granello e rimetterlo sulla sommità del colle, per far tornare tutto come era prima.
 
T_interessa
T_interessa il 17/01/14 alle 19:32 via WEB
come rendere poetico qualcosa che di poetico ha nulla...
 
 
korov_ev
korov_ev il 20/01/14 alle 14:27 via WEB
Al contrario, madame, al contrario, il "merito" non è mio: la poesia nasce spesso dalla sofferenza dell'anima, molto più spesso di quanto non nasca dal suo gioire.
Grazie comunque per l'apprezzamento.
 
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