Eravamo ignoranti. Sapevamo solo zappare; zappare e fare figli.
A memoria, conoscevamo l'Ave Maria e il Padre nostro; a memoria d'uomo, la fame e la miseria.
Ci hanno insegnato a leggere, sì. Ci hanno insegnato a leggere e poi hanno scritto tutto ciò che potevamo leggere: "Il Duce ha sempre ragione!"
Ma guardalo là, guarda!... Quanto avrà? dodici anni? tredici?
“…E’ tutta colpa degli inglesi!”
Ci dicevano così.
“Tutti i mali dell’Italia coloniale vengono da lì, dall’Inghilterra che ci ruba le colonie, ci affama di embarghi, ci costringe a bere caffè di cicoria…”
E io… se avessi avuto un inglese tra le mani me lo sarei mangiato, io!
Allo stesso modo in cui ora gli occhi di Bilhall divorano lo schermo dal quale recita la sua poesia di morte.
Tredici anni, una kefia sulle labbra appena adolescenti e le tasche piene di terrore e morte per gli infedeli. Lui di fronte a me dall'altra parte del mondo e dello schermo, e io, qui, che so, ma non so fare, non so raccontare. Non so dire di quanto fossi ignorante allora e quanto la vita sia bella oggi; non so dire perché non si riesca mai a camminare in equilibrio sul filo della ragione né a cadere nella rete di una carezza. Io, qui, che non so essere più che questo: un TELEspettatore.
Un telespettatore con addosso la paura che la distanza di quel prefisso greco si accartocci ad una fermata d’autobus o in un treno affollato di vacanzieri; paura che si comprima nella violenza di uno scoppio dietro l’orecchio o che si stenda nel grido senz'aria di una gola recisa
E allora cammino per strada e guardo intorno tutti quegli occhi scuri e i volti come macchie olivastre che dell’olio hanno il colore e lo spandersi, in uno scivolare silenzioso che piano ha riempito di speranze e rimpianti, di sogni delusi e veli colorati, un paese che ora ha paura.
Guerrino era un vecchio. Guerrino è stato sempre vecchio da che io lo ricordo, o almeno così a me è sempre apparso. Da giovane era amico di mio nonno, hanno fatto la guerra insieme. Quasi sempre, quando ritornavo al paesello, lo incontravo per la via principale e ogni volta mi invitava a bere un bicchiere. Allora mi raccontava di quand’erano giovani; mi raccontava della guerra e delle donne. Adorava le donne. Aveva novant’anni e più, ma se avesse potuto si sarebbe scopato la prima che gliel’avesse data.
Guerrino adorava le donne, ricordava la guerra e non sopportava l’ignoranza.
Non parlo dell’ignoranza di colui che sceglie di essere ignorante, di quelli diceva: “Che se la piangano!”
No, lui non sopportava l’ignoranza in cui si viene tenuti a forza. Dal governo, dalla chiesa, dalla moglie che ti cornifica. Dal potere.
Guerrino era un vecchio ed è morto l’anno scorso lasciandomi in eredità le poche parole scritte qui sopra. Parole sue tradotte dal dialetto avvinazzato e quasi rabbioso di un giorno di marzo di qualche anno fa mentre dalla tv la voce di un giovane “martire” precipitava sulle sue memorie fumose come pioggia su fili scoperti.
E mi creda, la curiosità nasce quando intorno succede qualcosa di diverso: se tutto rimane fame e miseria nessun dubbio vale più che un grammo di minestra.
Mi chiedevo Korov, se noi TELEspettatori, non fossimo stati informati che la rabbia potrebbe arrivare fin quì, Lei ci avrebbe fatto ugualmente un post? Sarebbe stato toccato allo stesso modo? (Dico lei, per dire tutti!)Perchè vede non è solo l'ignoranza oggi, e anche l'indifferenza.
Quanto alla sua domanda sull’indifferenza della nostra società, essa sarebbe evidente anche ad un cieco. Ormai viviamo esclusivamente per noi stessi. Per menefreghismo, per convenienza, per paura. I buoni samaritani sono una specie in via di estinzione, e con essi è destinato a morire anche quel famoso prossimo che avremmo dovuto amare come noi stessi: sa, quello di Cristo non era un precetto, era un consiglio di buon senso.
Però mi permetta di dire che, almeno per quanto mi riguarda, ho scritto questo post non perché sono stato informato che quella rabbia potrebbe arrivare fin qua, non è stata la paura a svegliare la mia sensibilità, ma il dolore che quell’ignoranza genera, sia “qua” che “là”. Un dolore che forse si poteva evitare, perché la rabbia non è antidoto all’impotenza, madame, ne è figlia.
Ai tempi di Guerrino la maggior parte delle persone erano ignoranti del primo tipo, oggi le proporzioni sono invertite, ed è indiscutibile quale delle due ignoranze sia più colpevole , però lei oggi è in grado di scrivere che noi “…ci illudiamo di essere liberi”.
Ora, a meno che lei non sia di nobile schiatta, abbia studiato alla Sorbona e girato il mondo per tre quarti della sua vita, devo pensare che tale conclusione possa trarla chiunque oggi apra gli occhi e si guardi intorno, ed è proprio questa la differenza: l’ignoranza moderna è una scelta, quella di un tempo no.
So di aver detto cose scontate, fin qui, madame, ma non l’ho fatto per insultare la sua intelligenza, le parole scritte fin qui servono a porre una semplice domanda: se, come sembra, dall’ignoranza non c’è scampo, quale delle due (o delle tante) è da preferire? Qual è il male minore?
Scherzi a parte, a volte il fraintendimento apre veramente, nuovi orizzonti di discussione, quindi non si faccia problemi: a spiegarsi c’è sempre tempo :-)
Buona giornata, madame Selene
Se c’è qualcosa di peggiore (e più pericoloso) dell’ignoranza è il pessimo uso che si fa della conoscenza.
Che altro dire? A volte mi sento come Troisi e Benigni in “Non ci resta che piangere” :-)
Saluti...CARLO!
Del resto il fanatismo religioso è forse l’unica forma di ignoranza coerente con se stessa: non fu forse il padreterno il primo a hem… come dire? “Sconsigliare” la conoscenza umana? :-)
Il risultato, oggi come ieri, non cambia: “ignoranti istruiti”, ma coglioni come sempre.
Cent’anni afa mio nonno avrebbe detto (a ragion veduta) cambiano i cazzi, ma i culi so’ sempre gli stessi. Oggi magari la musica è leggermente diversa: cambiano i cazzi, ma si vede che a prenderlo nel culo c’è un qualche gusto.
P.S. Purtroppo quel “contadino evoluto” non ha imparato dalla terra, madame, ma dalla guerra. È che ci sono cose che bisogna passarci in mezzo, per farle proprie, solo che quando cominci a capire qualcosa e potresti cambiare davvero il mondo è già ora di morire. E i tuoi figli, i tuoi nipoti e pronipoti rifaranno gli stessi identici errori aggravati dalla possibilità che dà il progresso di far più danni ancora.