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Layla

Post n°65 pubblicato il 06 Novembre 2014 da korov_ev

Il tempo di veder sparire il sole dietro le alture infiammate di ocra ed henné, e tutto inizia a turbinare.
Occhiali da saldatore e un fazzoletto a mo’ di shesh, ma non c’è nulla da fare, puoi solo ritirarti al riparo di una tenda e rimanere ad ascoltare la notte irachena cantare la sua nenia.
- Can you hear it, sayyid?
Farid è teso; le pupille dilatate ad annusare il buio.
- Can you hear? It’s the voice of Layl: the demon is crying. She comes to hurt us, sayyid. She takes fortune away, she wishes to get us sick.
When Layl cries you have to seal your ears: no man  should listen to her. She’s a female: she’s bad.
Dapprima non sai se sia il tuo cuore o il suo passo leggero, poi la senti, senti il suo lamento e ti sembra quasi di intuirne i contorni attraverso quel velo sabbioso che ogni giorno riscrive la faccia del deserto.
- Since the time of creation she comes to waste away every men’s soul she finds on her way. ...But we know how to treat her.
Let’s sleep, sayyid! Tomorrow she’ll be back to hell she belongs to.

Sono orfano. Da piccolo pensavo che mio padre fosse il vento, forse è per questo che nelle notti di tempesta dormo bene, dormo finché il sole non si alza prepotente da est.
Di giorno si superano i quarantacinque gradi, di notte si fatica a raggiungere i tre.
Da queste parti le case in muratura sono di pochi, la gente comune vive in piccole costruzioni fatte di fango e paglia; piccoli bozzoli scuri in cui stanno stipati interi nuclei familiari.
La prima occupazione mattutina è quella di rappezzare le crepe che l’enorme escursione termica crea nelle pareti: è compito delle donne.
Le vedi uscire come rondini dal nido; spiegano le loro ali stropicciate di lana nera e cominciano a raccogliere fango dalle sponde limacciose del Tigri. Con le mani. Lo raccolgono con le mani e lo spalmano sul dorso ferito di quel rifugio che chiamano baìt, casa.
Una femminilità sgraziata che mantiene integre quelle verruche di terra scura sulla pelle compatta del deserto.
Qui la vita è terra e acqua.
Puliscono le mani sulle vesti che prendono piano il colore e l’odore della melma e della fatica. Giorno dopo giorno qui, sulle sponde arrugginite del Tigri dove un milione di anni fa un fetido mucchio di fango raccolse l’eredità divina  e la condanna.
Donne di terra e acqua, donne di fango. Fragili statuine d’argilla come tante Layl una in fila all’altra con le narici allargate ad aspettare un’anima, un soffio che sia vita; donne di terra e acqua a partorire figli e rappezzare ogni mattina la sottoveste sdrucita del giardino di Eden; demoni piangenti ed errabondi che gridano smarriti il loro nome nel respiro vetroso della notte irachena.
Let’s sleep, sayyid! Tomorrow she’ll be back to (the) hell she belongs to.

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Commenti al Post:
street.hassle
street.hassle il 07/11/14 alle 11:56 via WEB
Guerrieri dell'Inferno dentro luci di Donna.
 
 
korov_ev
korov_ev il 19/11/14 alle 17:17 via WEB
Eh già, l’irrequietezza femminile tesse da sempre un filo tra la donna e il demone. Ma se tu le avessi viste, Street, se avessi visto le loro mani annaspare nella melma di quelle sponde, ogni giorno di ogni mese di ogni anno, per tutte le mattine della loro vita…
Era il giardino di Eden, oggi è il peggior inferno che si possa immaginare, e quei “guerrieri” ci vagano dentro di giorno, perduti, sognando di notte, forse, il paradiso.
 
Maddalena_e_oltre
Maddalena_e_oltre il 07/11/14 alle 12:01 via WEB
Un giorno qualcuno mi raccontò la storia di Lilith, ai tempi del grembo nuovo della terra. Forse era solo una voce nella notte mentre la mia taceva, ascoltando e scivolando nel sogno. Forse era la voce di Layla che mi raccontava la sua storia, la parabola della sua ribellione e del suo esilio. Forse Layla si era "solo" arrogata il diritto di dare nomi ed è stata condannata alla notte dei solo-nomi, perchè il buio cancella ogni identità nell'indifferenziato e solo le anime mantengono contorni sensibili. Forse Layla vaga cercando un uomo che abbia un nome diverso e la sua voce rimbomba tra le navate solitarie della cattedrale deserto. Forse, prima o poi, un uomo con gli occhiali da saldatore e lo shesh, uscirà da sotto la tenda e allungando la mano a dita aperte nel vento che modella le dune, ne afferrerà il lamento. Forse allora Layla avrà pace... e le donne, uccelli neri che si affannano sul tornio del Tigri, torneranno ad essere "solo" Eva.
 
 
korov_ev
korov_ev il 19/11/14 alle 17:17 via WEB
In effetti Layla non è altro che l’equivalente islamico di colei che gli ebrei chiamano Lilith, la prima moglie di Adamo. Io non lo sapevo finché Farid non me lo disse nel suo inglese sdentato come la bocca di un vecchio cantastorie berbero. La colpa di Layla fu quella di non aver obbedito a suo marito, madame, e per questo venne condannata a vagare nelle notti di vento in lungo e in largo per la sua prigione di sabbia.
Forse sì, forse come lei dice, Layla è in cerca solo di una mano d’uomo tesa nel gesto di una carezza, ma fino ad oggi ha ricevuto solo schiaffi, e come un Cristo capovolto continua a ripetere nella notte la sua maledizione: “Ciò che farete alla più piccola delle mie sorelle l’avrete fatto a me!”
Ma rimangono parole nel vento che la sabbia consuma piano.
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 10/11/14 alle 01:02 via WEB
E’ vero, a volte si può dormire bene soltanto perché si crede ancora di essere figli del vento o dell’acqua; ma forse anche perché ci si convince che non ci sia poi tanto ostile neppure quel fango che invece ci ha adottato. La vita è ovunque terra e acqua; ma in alcuni posti di questo nostro sperduto Eden è solo molta melma e quasi sola fatica. Ed è una fatica talmente ammorbante che a volte non permette neppure di ricordare al corpo di accodarsi ad una fila per aspettare la propria anima, perché la via per ricevere il "pezzo di luce quotidiano" è lastricata dai troppi demoni piangenti ed errabondi che gridano smarriti il loro nome. E chi è smarrito confonde tutto, così il proprio cuore che sussurra diventa il passo leggero di un demone impastato di paure e fattezze femminili. Quello che dall'inizio dei tempi,'nessun uomo dovrebbe ascoltare'…Ed allora, se gli uomini confusi rispondono, ripetono ancora una volta, con gli occhi induriti… we know how to treat her.
 
 
korov_ev
korov_ev il 19/11/14 alle 17:18 via WEB
Sì, madame Psike, quando l’uomo è smarrito la paura lo assale. E il deserto è un posto che amplifica il sentire; è un posto per diavoli e santi. Tutto ciò che vi dimora si espande a dismisura. Forse è per quell’assenza di confini o forse per la sua natura estrema, non so; e lì ti può capitare che una notte tu senta la verità tanto vicina che quasi la puoi afferrare con la punta della lingua. Ma la verità, madame, è come il fumo, e svanisce in una nuvola al nascere prepotente del sole, dissolvendosi in ciò che chiamiamo realtà.
E se quel fango non ci avesse adottati? Se noi semplicemente fossimo quel fango? Sa, madame, a volte penso che se ci considerassimo semplicemente tali avremmo più rispetto degli altri… o quanto meno per sbranare il prossimo dovremmo metterci le nostra faccia senza più l’alibi di una giustizia superiore.
Ma forse sbaglio. Probabilmente, sbaglio.
 
woodenship
woodenship il 12/11/14 alle 22:08 via WEB
Quale magia tenga attaccati,avvinghiati,gli esseri umani all'esistenza,per quanto misera e di stenti,è sempre un mistero arduo anche e solo a proporlo.Ancor più quando questo si colora e compone di fango,tra gelo e caldo fondente...Di certo scaturisce una poesia intensa e forte che,delle mille ed una notte,conserva tutta la potenza immaginifica di estremità precarie d'oro e di fango........Un brano che incanta per quanto è intenso e magnifico nel disegnare paesaggi aspri e caratteri indomiti:dannatamente poetico,pur con quell'inframezzare di inglese suggestivamente anch'esso poesia............Un caro saluto e grazie infinite..........W......
 
 
korov_ev
korov_ev il 19/11/14 alle 17:18 via WEB
Già, Wood, chissà quale magia tenga quelle vite aggrappate tenacemente all’esistenza. Sai, forse sono proprio i tanti contrasti che animano quei posti, a portare la speranza che ci sia qualcosa d’altro oltre la sofferenza. Come dire: se di notte si batte i denti dal freddo e di giorno ci si ustiona, ti viene istintivo pensare anche che per una vita di stenti ci possa essere, da qualche parte, la promessa di un aldilà paradisiaco.
Ho pensato sovente alle “Mille e una notte”, in quel periodo, e chissà che veramente non mi abbia condizionato, nello scrivere quelle poche righe che tu hai generosamente elevato di rango,e anche se sembra una forzatura ho deciso di lasciare le parole di Farid in versione originale perché quelle parole in una lingua che non apparteneva né a me né a lui rappresentavano lo sforzo che due culture lontanissime facevano per entrare in contatto: da qualche parte si deve pur cominciare, no? :-)
Buona serata, Wood.
 
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