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Raccontami una storia (la pazienza delle pietre)

Post n°73 pubblicato il 17 Febbraio 2015 da korov_ev

Nelle sere d’estate i vecchi si attardavano sull’aia,  seduti su di una pietra piatta e allungata poggiata su due ceppi di quercia. L’aveva trovata un secolo prima un loro trisavolo nel dissodare la terra lì intorno, l’aveva poggiata su quei due tronconi di rovere e da allora nessuno l’aveva più mossa.
Poggiata alla facciata anteriore della casa, tra la porta d’ingresso e quella della stalla, era come se reggesse da sola il peso dell’intera costruzione; tanto quella fatta di mattoni e malta, come quella impastata di affetti e vita che dentro quelle mura scorrevano da sempre come un fiume millenario.
Le donne che sgranavano il mais o i fagioli per la zuppa, i bambini che la usavano come tana nelle corse sfrenate del nascondino, le vecchie che, sedute, cardavano da una vita la lana degli stessi materassi che avevano accolto il rosso sanguigno della loro verginità: ognuno, nella casa,  e nel tempo, aveva regalato ad essa istanti delle proprie storie. La sera,  come ho già detto, era il momento dei vecchi, coloro che sono più vicini a quella culla senza sogno che è la tomba.
Poggiavano le schiene stanche al muro della casa ancora caldo dell’ultimo sole, e per un attimo un brivido correva lungo le spine dorsali, come se tutto fosse ancora possibile. Poi i muscoli si stendevano e i ricordi cominciavano a passeggiare sulla pietra, cadendo dalle labbra ora dell’uno ora dell’altro, come acqua da brocche rugginose.
Il primo a parlare era sempre Guglie’; fissava i rami del salice che sfioravano terra dondolando e mentre l’aria tiepida faceva stormire le foglie cominciava a raccontare delle streghe che la notte scendevano dal noce miagolando come gatti e annodavano le criniere dei cavalli nella stalla, e di Moa’ che uscì con lo schioppo per non tornare più, e di donna Maria, che il marito le aveva detto di non aprirgli la porta, quella notte di luna, neanche se l’avesse supplicata, ma lei non gli diede retta.
Poi era la volta di Pierina, che quando andava nel bosco trovava la figlia della Sòrcia a parlare con l’acqua della palude e con le rane e con le serpi che le obbedivano,  e che quand’era di luna crescente aiutava le puerpere a partorire, e di luna calante, le lupe.
E Nico’, che raccontava sempre dell’anima di un servo che lo supplicava, in sogno, di liberarla dalla prigionia cui l’aveva condannata il padrone mettendola a guardia del suo oro. - Vieni nella grotta del vino a mezzanotte – gli diceva la disgraziata – io ti farò ricco e tu mi libererai, ma devi venire da solo.
Eh, ma Nico’ era più furbo, lui lo sapeva che poi avrebbe preso il suo posto, così non gli diede mai ascolto. E siccome nemmeno il de profundis, per cui il parroco era stato profumatamente pagato, era servito a liberarlo da quel tormento, decise di andaresene in America, a cercare quella fortuna rifiutata, nelle miniere della Pensilvanya, per  tornare trent’anni dopo con la silicosi e un’ernia inguinale grossa come un melone. In compenso non sentiva più le voci, ma forse era solo perché la tosse lo teneva sveglio tutta la notte
All’improvviso tutti tacquero. Rimase solo il frusciare del vento tre le chiome degli alberi, e gli occhi fissarono insieme un punto lontano, un bagliore tenue e verdognolo nel mezzo del campo.
- Eccole! Le anime dei morti vengono a parlarci.
I fuochi fatui si moltiplicavano e lo stormire delle fronde sembrava un’accozzaglia di voci vicine e lontane. Rimasero lì,  i tre vecchi, affascinati da quello spettacolo, fin quando una voce su tutte si udì nitida, una voce giovane e triste:
“Siamo ben poca cosa. Ci credevamo importanti, la giovinezza ci faceva protervi come dèi adolescenti e capricciosi. Il giorno che sono morto nulla è cambiato: il fornaio continuava ad impastare il pane, la gente passeggiava per la strada, le operaie del filatoio andavano al lavoro e la pioggia cadeva sottile su tutto come ogni autunno. Una fossa in più si era aperta nel mezzo del camposanto e nulla era cambiato, nulla si era fermato ad aspettarmi.
Nulla era tutto ciò che rimaneva di me”.
I tre vecchi si guardarono. Quel nulla li aveva già raggiunti e piano stava svuotando gli spazi un tempo pieni di lavoro e amici,  di amori e figli andati.
Intorno,  la città cresceva vorticosa; alzava le sue steli di ciminiere verso il cielo sempre più cupo, e le luci chimiche dei televisori alle finestre facevano sembrare i grattacieli enormi e moderni leviatani dagli occhi azzurri.
Per un attimo i ricordi impallidirono e la voce torno limpida e fredda a gocciolare come acqua dalle grondaie dopo un temporale:
“Siete una sfinge nel mezzo di questo  deserto: nessun essere dovrebbe sopravvivere al proprio tempo”.

- Sono le esalazioni del concime che abbiamo dato al campo -  disse Guglie’ indicando la leggera nebbiolina fosforescente che saliva dal terreno
- …E quelle del vino nuovo – aggiunse Nico’ con un ampio gesto della mano a comprendere tutte le voci della notte.
- E quelle dei fagioli con le cotiche che vi siete mangiati a cena!!! – esclamò Pierina. –State scoreggiando come maiali da più di un’ora e io sono stanca, vado a dormire… da sola! – aggiunse puntando un dito verso suo marito.
La sera aveva lasciato il passo al fresco umido della notte; i tre vecchi si alzarono e piano riportarono le loro ossa nell’abbraccio tiepido della casa, mentre fuori le streghe scendevano silenziose dai pinnacoli delle torri per intrecciare le criniere a sconfinate mandrie di cavalli addormentate sotto i cofani delle automobili, e i lupi di Wall Street partorivano cuccioli d’uomo nelle mani della giovane Sòrcia, e i tesori rinunciati giacevano nel cuore della Terra, abbandonati al fondo di vecchie miniere dall’altra parte del mare.
Sopra la terra aperta dall’aratro le anime dei morti affidavano al vento e ai salici le loro voci che continuavano a scivolare sulla pietra vecchia lisciata dal tempo e dallo strusciare di troppi culi passati e del loro irrequieto strombazzare di fagioli con le cotiche.

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Commenti al Post:
woodenship
woodenship il 17/02/15 alle 21:05 via WEB
Sinceramente rimango sempre estasiato nel leggerti:ad un inizio ed un proseguo trasudanti di poesia e bellezza,oltre che di pervasiva mestizia,succede un finale in cui l'attualità traspare,senza per questo cancellare la magia dei personaggi.Anzi,aggiungendo una vena di ironia che rende il tutto ancora più straordinariamente piacevole...Un vero gioiellino,un racconto che è un incanto.Anche e solo per l'accenno al film di Scorsese,messo lì a far da cammeo di pregio.........I miei più vivi complimenti,anche se si sarà già capito che sono un tuo fan sfegatato........Un caro saluto........W..........
 
 
korov_ev
korov_ev il 26/02/15 alle 14:57 via WEB
Sai, Wood, questa era una specie di favola scritta lì per lì nel tentativo di regalare un sorriso e un po’ di ingenua, infantile tenerezza, e sono davvero felice che tu che ne abbia gradito l’essenza :-)
P.S. (Hem… poi ti faccio quel bonifico che avevamo detto per la recensione, eh. Il tempo di prendere lo stipendio)
Ciao, Wood. :-)
 
   
woodenship
woodenship il 26/02/15 alle 17:47 via WEB
mi raccomando l'esattezza del codice abi...non si sa mai con tutte quelle cifre.............
 
selenezar
selenezar il 18/02/15 alle 13:48 via WEB
Ahhh...se le Pietre potessero parlare! Spettatori muti di tante storie, tante facce, tante lotte, tanto di tutto. Ad un certo punto del racconto ("le vecchie che, sedute, cardavano da una vita la lana degli stessi materassi che avevano accolto il rosso sanguigno della loro verginità") mi è tornata in mente mia nonna, il racconto del suo matrimonio e di quando la mattina, dopo la prima notte di nozze, appena alzata dal letto, vide piombarsi in casa la suocera e la cognata (mamma e sorella di mio nonno)che dritte, e senza chiedere permesso, andarono in camera da letto a controllare il letto ancora disfatto e accettarsi così della verginità della nuora. Prova superata, per fortuna di nonna :-)))
 
 
korov_ev
korov_ev il 26/02/15 alle 15:00 via WEB
Una nonna integra, oserei dire!... be’ almeno fino a quel momento :-)
Sa, credo succedesse in parecchie parti d’Italia, madame. Magari non proprio con i modi da rastrellamento SS che lei riporta, ma, certo, era una pratica comune, nel nostro bel paese fino a qualche lustro fa.
Comunque, guardi, glielo dico in tutta onestà, e la prego di non prendermi per maleducato, ma io non capisco davvero tutta questa fissazione per la verginità femminile da parte degli uomini. Essere il primo uomo di una donna è, il più delle volte, un’esperienza traumatizzante, mi creda. Naturalmente parlo di uomini che tengano almeno un po’ alle loro donne. Lei non ha idea di che stress sia, per noi, la vostra prima volta. Roba che quando sei lì, l’unico pensiero che hai in mente è “Ma chi me l’ha fatto fare?!?”
Lo dico col sorriso sulle labbra, ma, mi creda: non vorrei una vergine nemmeno se mi pagassero a peso d’oro :-)
Buona serata, madame Selene.
 
Maddalena_e_oltre
Maddalena_e_oltre il 18/02/15 alle 21:13 via WEB
E' un sogno ad occhi aperti la sua storia, un racconto fatto ad una bimba per addormentarsi, un quadro con le tinte del crepuscolo e in cielo la luna del quadro di Chagall. Ho visto tutte le immagini che ha tessuto con il filo dei ricordi e dell'immaginazione. Ho visto la pietra contro il muro scaldato dal sole (c'erano anche i ramarri nevvero?), l'avvicendarsi di bimbi, uomini e donne, e poi vecchi. Le streghe scendere miagolando dagli alberi e la figlia della Sòrcia parlare alle rane e alle serpi, i Leviatani dagli occhi azzurri e le fiammelle fatue sul crinale dei campi. Lei ha animato la mia brughiera, e popolato le mie stanze per lo spazio di una sera :)
 
 
korov_ev
korov_ev il 26/02/15 alle 15:00 via WEB
Accidenti, madame, se sono davvero riuscito a rendere le emozioni che lei dice, allora vuol dire che il mio intento è stato raggiunto pienamente e, al di là del plauso che fa sempre piacere, la cosa importante era quella :-)
Buona serata, madame Maddalena.
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 25/02/15 alle 02:46 via WEB
Le persone che scrivono come lei, Korov_ev, sono molto simili alla pietra piatta e allungata della novella. La sua scrittura regge tutto il peso della costruzione di un racconto, tanto quella fatta di fonemi e morfemi nel loro bell'equilibrio di associazione, frattura e ricomposizione, (i mattoni e la malta per intenderci), quanto quella impastata di affetti e vita. E solo in poche narrazioni questa costruzione regge, resistendo senza essere rimossa, all'impatto poco pietoso con la fantasia e con i dettagli. Così, a contatto con il miagolio delle più notturne streghe che scendono dal noce come gatti ed il frusciare di un vento d’anime tra i bagliori dei fuochi fatui, la sua scrittura non si lascia sedurre dagli spettri schizofrenici di fate morgane compiacenti… resta alata e sorpresa della sua acrobatica abilità di fantasista. Ed infatti le streghe impallidiscono e la sua voce torna limpida a gocciolare come acqua dalle grondaie dopo un temporale, a raccontare le schiene stanche appoggiate al caldo dell’ultimo sole, i ricordi che passeggiano sulla pietra cadendo dalle labbra dell’uno e dell’altro come acqua dalle brocche. Racconta la vita con le luci chimiche dei televisori alle finestre, la pioggia che cade sottile su tutto come ogni autunno, gli anni giovani in cui ci si crede sfacciatamente divini e il nulla che svuota gli spazi pieni di lavoro, amici, amori e figli andati. Ma poi compie un’altra magia che non scende dai pinnacoli delle torri e non è opera del vino nuovo. E’ quella che fa veri i leviatani dagli occhi celesti e trasforma di ammaliante fascino lo sgranare monotono del mais e dei fagioli per le zuppe o il lavoro del cardare la lana per materassi lunghi quanto la vita. E pur leggendo il racconto di quel giorno in cui si muore, e nulla cambia in un mondo che cresce vorticoso senza più noi, sentiamo, sopra tutto, il profumo caldo del pane impastato dal fornaio e il sapore di una consolazione fresca nell'umido della notte.
 
 
korov_ev
korov_ev il 26/02/15 alle 15:03 via WEB
Madame, e se io l’assumessi come recensore ufficiale di quello che scrivo? L’avviso, però, che per questo mese ho già fatto un bonifico a Wood e a madame Maddalena: se vuole essere pagata anche lei dovrà aspettare il prossimo stipendio :-)
Scherzi a parte, sono felice che le sia piaciuto il pezzo e anche se non credo di meritare tante lodi… le confesso che fanno un gran piacere :-)
Buona serata anche a lei, madame Psike.
 
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