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Post n°84 pubblicato il 31 Luglio 2018 da korov_ev
Le parole erano sempre troppe. Traboccavano dal bordo della penna e scorrevano cosi superflue. Erano poche, ma sempre troppe; sette, otto, dieci: troppe. Passava le notti ad asciugarne, ad asciugare il pantano che facevano ai piedi dei suoi pensieri, ed era allora, proprio allora, quando i rumori del giorno sfumavano, che egli pensava che…
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Sono assolutamente d'accordo con lei: suono e parola parlano entrambi, e riguardo la "pizza" naturalmente scherzavo.
Quello che invece volevo fare, scrivendo quel post, era cercare di spiegare qualcosa che a volte mi succede quando scrivo e che non so se sia mai capitato anche a lei: ci sono volte nelle quali scrivendo vorrei rendere più magro il testo asciugare più parole possibile e quando ci riesco mi rendo conto che il senso di quello che ho scritto è chiarissimo, ma soltanto a me. Allora ricomincia a ficcare un avverbio qui, un aggettivo di là, finché il discorso non torna ad essere comprensibile, però, in quel momento ormai andato nel quale il senso mi era chiaro e le parole tanto poche, sentivo che se avessi allungato una mano sarei quasi riuscito a afferrare quella parola che avrebbe spiegato tutto; una sola parola per il tutto.
purtroppo quella parola è sempre rimasta un po' più in là della punta delle mie dita, madame, mentre io mi ritrovo lì in silenzio ad ascoltare il suo suono senza saperla pronunciare.
Un po' come per l'Aleph di Borges da cui prende il titolo il post.