Creato da enca4 il 15/02/2010
PENSIERI E PAROLE
 

W. Allen

NON E' CHE HO PAURA DI MORIRE.

E' CHE NON VORREI ESSERE LI'

QUANDO QUESTO SUCCEDE.

W. Allen

 

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CANZONE

Che giorno è

E' tutti i giorni

Amica mia

E' tutta la vita

Amore mio

Noi ci amiamo noi viviamo

noi viviamo noi ci amiamo

E non sappiamo cosa sia la vita

Cosa sia il giorno

E non sappiamo cosa sia l'amore

Jacques Prévert

 

I ragazzi che si amano si baciano

In piedi contro le porte della notte

I passanti che passano se li segnano a dito

Ma i ragazzi che si amano

Non ci sono per nessuno

E se qualcosa trema nella notte

Non sono loro ma la loro ombra

Per far rabbia ai passanti

Per far rabbia disprezzo invidia riso

I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno

Sono altrove lontano più lontano della notte

Più in alto del giorno

Nella luce accecante del loro primo amore.

Jacques Prèvert

 

DALLA - CANZONE

 

N. de Chamfort

CHE COSA DIVENTA UN PRESUNTUOSO

PRIVO DELLA SUA PRESUNZIONE?

PROVATE A LEVAR LE ALI AD UNA FARFALLA:

NON RESTA CHE UN VERME.

N. de Chamfort

 

GLI APOSTOLI DIVENTANO RARI,

TUTTI SONO PADRETERNI

A. Karr

 

 

DEDICATO A MARZIABEL E A TUTTI COLORO CHE, COME NOI, LOTTANO CONTRO IL LORO "CANE NERO"

Post n°365 pubblicato il 23 Luglio 2011 da enca4

QUANDO MORIRO', ANDRO' IN PARADISO PERCHE' SU QUESTA TERRA HO VISSUTO ALL'INFERNO.

ORIANA FALLACI

 
 
 

COSI', TANTO PER DIRE QUALCHE COSA.

Post n°364 pubblicato il 22 Luglio 2011 da enca4

Ogni tanto, quando la mente è abbastanza libera da pensieri non proprio positivi, visito qualche blog, soffermandomi a leggere qualche cosa. E’ un modo come un altro per passare il tempo, scoprire i pensieri degli altri (anche se, il più delle volte, sono pensieri insinceri, che nascondono realtà ben diverse da quello che vogliono far apparire).

Ogni tanto, riesco anche a scrivere qualche cosa di mio. Ed allora la mia mente non solo deve essere libera da negatività, ma deve trovarsi in uno stato di completo rilassamento. Tutto questo, per la verità, sta accadendo raramente con la conseguenza di non riuscire più a concentrarmi come dovrei.

Chi mi conosce, conosce anche i motivi di questo mio stato psicologico. Chi, in quello che ho scritto, ha saputo cogliere anche le più piccole sfumature, capisce che non è facile riuscire ad essere quello che si vorrebbe quando manca la volontà di raggiungere anche il più piccolo obiettivo.

Quali sono le cose che, almeno personalmente, ho sempre desiderato fare? Leggere, scrivere, parlare, scambiare idee e opinioni, interessarmi di politica, di problemi sociali, dedicarmi alla mia raccolta di francobolli, andare qualche volta a pescare, ascoltare musica, vedere qualche bel film o qualche interessante documentario, fare dei piccoli lavori in legno, creare qualche cosa di simpatico con materiale riciclato, fare delle riparazioni dentro casa, guidare, viaggiare, cucinare, pulire l’ambiente in cui vivo, incassare la mia pensione il primo di ogni mese, vivere.

La maggior parte di voi dirà: “Sai che palle vivere vicino ad una persona così!” E’ vero. Riconosco di essere monotono, di non dare, alle mie giornate, niente di nuovo, ma tutto ciò che ho elencato  sono le cose che mi permettono di affrontare quotidianamente le angustie, le inquietudini, gli affanni che mi si presentano tutti i giorni e che hanno un unico volto: quello di un cane nero che mi ringhia alle spalle.

Molti amici, conosciuti su Internet, mi rimproverano il fatto che non sono presente, come dovrei, nei loro confronti. E’ vero anche questo, ma posso giurare su ciò che di più caro mi appartiene, che non passa giorno che io non li pensi, uno per uno. Mi ricordo quello che mi hanno detto, le  frasi gentili che mi hanno dedicato, i consigli che mi hanno dato. Tutti, anche chi ha preferito abbandonare la mia amicizia, sono nel mio cuore perché mi hanno consentito, almeno per un attimo, di tornare ad essere me stesso.

Ho aperto un nuovo blog su Google. L’ho chiamato, anche questo, “Il Mondo che Vorrei”. L’ho fatto per variare un po’, per tentare di trovare ulteriori amici, per scrivere cose diverse da quelle che ho scritto fino ad ora. So, però, che sarà molto difficile per me poter variare il contenuto dei miei scritti. Questo non perché non abbia la capacità di farlo, ma perché mi sono accorto di non aver più quell’abbondanza di idee che avevo fino a poco tempo fa.

Non mi va di parlare d’amore, anche se sono il primo a riconoscere che senza l’amore, nel senso più largo della parola, non esisteremmo. Non mi va di parlare di politica, tanto non serve a niente parlarne. Non mi va di ricordare continuamente fatti e avvenimenti della mia gioventù, tanto ormai è passata, la gioventù.

Di cosa potrei allora parlare? Del presente? Del futuro? Il primo non ha niente di interessante di cui parlare; il secondo invece … è un continuo attendere che succeda qualche cosa di nuovo, qualsiasi cosa, ma che succeda. Il futuro, in questo istante è già passato e fra un istante non meriterà più di essere ricordato.

Il vero futuro è un bimbo che nasce, un fiore che sboccia, una fetta di cocomero fresco in una giornata afosa.

                                                                                                                                             Enrico

 
 
 

QUATTRO CHIACCHIERE CON IL MIO DIARIO

Post n°363 pubblicato il 14 Luglio 2011 da enca4

Caro il mio Diario,

eccomi di nuovo a scambiare quattro chiacchiere con te, come si fa con dei buoni amici davanti ad un bicchiere di vino. C’è una sola cosa che non quadra in quanto ho detto, e cioè che ne tu ne io beviamo vino.

Non fa niente. Facciamo finta che questa sera abbiamo ambedue la voglia di parlare, confidarci i nostri segreti, chiedere all’altro un consiglio, un parere.Facciamo anche finta che questa sera abbiamo voglia di ubriacarci, di essere un po’ più allegri del solito.

Fa caldo, molto caldo. L’umidità presente nell’aria rende complicato respirare. Ma rende complicato anche avere le idee chiare

Ho cercato di informarmi se sulla terra esiste un posto dove la temperatura non scende mai sotto i venti gradi e non sale mai oltre i venticinque. Per me, ma penso per tutti, sarebbe il clima ideale.  Qualche posto così esiste, ma anche li ci sono inconvenienti più o meno seri. Qualche tifone; ogni tanto una scossetta di terremoto;la mancanza di strutture adeguate e necessarie come quelle a cui, oramai siamo abituati e poi, i prezzi. Questi Paradisi costano molto. Avevo una mezza voglia di cambiare ma credo che, proprio per i prezzi, dovrò rinunciare al mio sogno.

Il caldo questa notte non mi fa dormire. A parte il fatto che sono abbastanza agitato e nervoso, il calore poi completa l’opera  e allora passano ore prima che riesca a dormire.

Hai sentito la mia mancanza in questo periodo? Cosa dici? Che eri preoccupato per me causa il mio lungo silenzio? Hai ragione, il più delle volte non avevo voglia di scrivere. Qualche volta ho iniziato, ma ho subito abbandonato l’idea.

Versami un altro goccio di vino, se non ti dispiace. E’ buono. Mi fa sentire leggera la mente. Poi è fresco ed è piacevole berlo.

Volevo metterti al corrente che ho ripreso in mano la mia collezione di francobolli. Tra quelli che ho acquistato e quelli che Fiorella ha trovato tra le sue vecchie cose, adesso ho veramente da lavorare parecchio per catalogarli, sistemarli negli album, dare loro un valore e tante altre attività che una collezione comporta.

Da mio figlio non ho avuto più notizie ormai da due mesi. Mi aveva detto, nella sua ultima mail che non se la sentiva, al momento, di incontrarmi e che, forse, non se la sarebbe sentita neanche in seguito. Ho accettato la sua decisione (un altro goccio, per favore), anche se, adesso non vorrei che lui viva il resto della sua vita con il rimorso di non avermi dato neppure l’opportunità di parlargli guardandolo negli occhi.

Ieri è stato il mio onomastico (a proposito, versa che festeggiamo),ma è anche stato il compleanno di Mauro, il mio amico pittore e scultore. A questo proposito voglio invitare tutti i miei amici a visitare il mio profilo su Facebook dove potranno ammirare le opere di Mauro.  Vi prego, voi che mi leggete, fatelo e lasciate un commento ai suoi lavori. E’ un ragazzo di 35 anni che a prezo di enormi sacrifici sta cercando di portare avanti quello che si sente di fare. Senza chiedere nulla a nessuno, appoggiandosi solamente alla sua arte. Facciamo un brindisi a Mauro di buon augurio, ma facciamolo tutti insieme, d’accordo?

Ho bevuto troppo, specialmente per chi, come me, non beve mai. La testa comincia a girarmi, anche se dentro di me l’euforia di aver fatto qualche cosa di diverso, mi fa star bene. L’ho fatto stanotte, ma non lo farò più.

Ti ringrazio di avermi ascoltato. E, ancor più ti ringrazio di aver aspettato che io tornassi da te.

Un’ultima cosa, voglio, tramite te, salutare e abbracciare tutti i miei amici, in modo particolare coloro che mi hanno telefonato spesse volte, ma anche coloro che hanno visitato il mio blog nonostantela mia assenza.

Grazie a tutti.

                                                                                                              Enrico

 
 
 

DOMANDE SENZA RISPOSTE

Post n°362 pubblicato il 10 Luglio 2011 da enca4

Mi sono domandato in questi ultimi giorni, se occorre più coraggio per vivere o per morire. Mi sono anche chiesto se colui che si toglie la vita (qualsiasi sia il motivo per cui lo fa), è da considerarsi un debole e un vigliacco, oppure un coraggioso, forte e deciso nelle sue scelte, anche se estreme.

Più di un anno fa rivolsi una preghiera a Dio chiedendogli di aiutarmi a riacquistare la speranza in un futuro migliore e l’aiuto nel riaccostarmi a Lui. Dopo quella preghiera mi sentii meglio. Avevo parlato con un amico, mi ero confidato con Lui, avevo aperto il mio cuore a qualsiasi decisione Lui avesse preso nei miei confronti. Per un certo periodo, ricordo, non pensai più al mio stato di salute, alle possibilità che avevo, o meno di vivere, e di come vivere ciò che mi restava.

Uscivo da un periodo che oltre segnarmi dal punto di vista fisico, mi aveva profondamente toccato anche dal lato dei sentimenti. Ero solo. Vivevo in un piccolo appartamento con l’unica compagnia che aveva, ancora, la pazienza di stare con me: una gattina dal colore non definibile, che io chiamai Gigia.Poi, spinto anche da conoscenti e dall’incontro con una donna che non mi ha mai fatto pesare la mia condizione, decisi di trasferirmi per provare a ricominciare di nuovo, non più solo però.

Nuovo ambiente, nuovi medici, qualche conoscenza in più, ma anche qualche brutta notizia in più. La prima è stata quella ricevuto da mio figlio, dopo qualche tempo che ci parlavamo tramite e-mail, il quale mi disse che non se la sentiva, per adesso, di incontrarmi e che, forse, non se la sentirà neanche in futuro. Speravo tanto di poterlo rivedere almeno per un attimo, ma ho capito che quando si commettono errori come quelli che ho commesso io, non si può certo sperare nel fatto che poi chi ha ricevuto il torto si dimentichi di tutto. Quello che mi fa star male è il fatto di pensare che un domani mio figlio possa vivere con lo scrupolo di coscienza per non avermi concesso l’opportunità di potergli parlare di nuovo.

Poi le notizie riguardanti la mia salute. A ciò che avevo si è aggiunto un Aneurisma, l’ingrossamento di un rene, un linfonodo al fegato e uno al polmone.

Mi chiedo quanto ancora io debba sopportare tutto questo. Mi chiedo: se dovessi perdere quel po’ di forza che ho, cosa mi resterebbe da fare se non farla finita? E nel caso, sarei giudicato un vigliacco od un uomo pieno di coraggio?

Molte volte ho pensato di farla finita, ma non ho capito se il non averlo ancora fatto è perché me ne è mancato il coraggio, oppure perché, forse, ancora credo e spero in un aiuto sopranaturale?

Ho la sensazione che anche Lui, in tutt’altre faccende affaccendato, mi abbia abbandonato al mio destino. Con questo non voglio certo dire di aver diritto ad un trattamento di favore ma, almeno, se proprio devo abbandonare ogni speranza, che la cosa si risolva in fretta, senza inutili perdite di tempo e di energie.

So fin da adesso che ciò che ho scritto non incontrerà il parere favorevole di ognuno di voi. So che molti mi riprenderanno, cercando di farmi ragionare, con la speranza che io accetti la mia situazione così com’è, come mi è stata concessa. So anche che tanti di voi nemmeno leggeranno tutto quello che io oggi ho scritto, anzi, la maggior parte penserà: “Dopo tanto tempo che non si sentiva più, che non ci affliggeva più con i suoi piagnistei, torna è … Ma, in fin dei conti, cosa vuole da noi?”

Niente! Non voglio niente. Voglio soltanto scrivere, come ho sempre fatto, quello che mi passa per la mente. Voglio dire a me stesso cose cheforse possono aiutarmi a trovare, finalmente, un po’ di serenità per essere così in armonia con me stesso.

                                                                                                                             Enrico

 
 
 

AVVISO AI NAVIGANTI (E A CHI MI VUOLE BENE)

Post n°361 pubblicato il 09 Luglio 2011 da enca4

DA DOMANI SARO' DI NUOVO CON VOI!

 
 
 

CARO ENRICO,

Post n°360 pubblicato il 06 Giugno 2011 da enca4

Ciao Enrico,

è da molto che non ti scrivo, scusami. Argomenti ne avrei avuti tanti, ma un po’ la salute, un po’ la voglia, ho sempre rimandato di farlo. Ed ho fatto male perché, sicuramente, se ti avessi scritto, qualche volta, avrei avuto modo di liberarmi delle fobie, delle ansie, delle fissazioni che mi tormentano la mente.

Sai,  a volte mi sembra di tornare indietro nel tempo. Mi sembra di rivivere situazioni che ho già vissuto qualche anno addietro. Mi sono scoperto a parlare, oltre che con me stesso, anche con persone che non sono più vicino a me da ormai un bel po’ di tempo.

Mi sono chiesto, più di una volta se la senilità, verso la quale sto correndo a ritmi vertiginosi, sta giocandomi qualche brutto scherzo.

Faccio domande, dalle quali mi attendo delle risposte, e dato che le risposte non  arrivano, comincio a guardarmi intorno, quasi se cercassi la persona a cui la domanda è indirizzata.

Ripenso a cose passate da molti, tanti anni, ma che, comunque, ricordo, senza alcuna fatica, anche nei piccoli particolari. Fatti e avvenimenti  della mia gioventù; della mia vita da scapolo; degli anni in cui sono stato sposato, fino ad arrivare a episodi più recenti e, pertanto, più facili da ricordare.

E’ normale, quando incontro questi momenti, pensare se sto rincitrullendo definitivamente e irrimediabilmente.

Volevo parlartene un po’ di tempo addietro, ma poi mi sono detto: “E se anche lui, cioè io, mi prende per matto?” Questo mi ha frenato nello scriverti e nel parlare con te.

Il certo è che la mente, a volte, gioca con noi. Quando siamo sulla strada giusta per riacquistare un po’ di tranquillità, un minimo di serenità, il nostro cervello si diverte con noi. Gode  nel vederci agitati, è felice nel saperci  turbati,  è appagato del nostro smarrimento.

E pensare che l’organo più complesso del nostro corpo è proprio lui, il cervello. E pensare che senza di lui non saremmo niente, neanche delle pietre.

Mi chiedo perché succedano queste cose, come se non bastassero già quello che ognuno di noi deve sopportare dalla vita. Malattie, disgrazie di ogni tipo, mancanza di lavoro, assoluta assenza di sicurezza per il futuro. Ci si mettono anche pensieri e ricordi dei quali avremmo fatto volentieri a meno. E’ un po’ come la storiella del “Ciuccio di Fetecchia”, che aveva novantanove piaghe e, come completamento, anche la coda fradicia.

Non è un bel vivere questo, non pensi? Eppure dobbiamo accettarlo. Non dipende da noi. Sono cose inconsce che, quando meno ce lo aspettiamo, invadono la nostra mente e, anche se per poco tempo, creano disagio e malessere.

Molti mi hanno detto: “Cerca di essere più positivo. Cerca di guardare al futuro come a un qualche cosa che ti spetta di diritto, e non come un regalo che qualcuno ti può, o meno, fare.”

Il futuro! Parola grossa, importante. Una delle parole più difficili da capire. Il nostro, di futuro, è segnato fin dall’inizio della nostra vita. A me non interessa sapere quale sarà, come non interessano più cose ormai passate e che hanno lasciato la mia persona. Ma non la mia mente. Ogni tanto, senza che io faccia niente per aiutarne l’apertura, qualche cassetto della mia mente si apre, esce qualche fantasma, più o meno simpatico, mi sventola sotto il naso il suo lenzuolo bianco, lascia dentro di me una traccia, più o meno marcata, poi si ritira e richiude il cassetto dietro di se.

Non ti faccio esempi altrimenti ti metteresti a ridere. Non te li faccio anche perché sono sicuro che sarebbe difficile darmi delle spiegazioni plausibili.

A me sono sempre piaciuti i film del periodo che va dagli anni cinquanta agli anni settanta. Qualche volta rivivo, come in un film di allora, certi momenti, certi stati d’animo da me già vissuti.

Io sogno in bianco e nero. Il colore dei sogni ancora non lo conosco. Così come ho, ancora, un solo canale. E quel solo canale riesce a riportarmi indietro con estrema facilità. A volte seguendo un nesso logico (tempi, persone, fatti accaduti); altre volte invece i miei sogni sono come una macedonia di frutta. Dentro c’è di tutto, e tutto insieme, anche la frutta che a me non piace.

Il giorno quando sono occupato in qualche cosa da fare, riesco a concentrarmi facilmente. Ma guai a fermarmi. Subito, istantaneamente, la mia mente se ne accorge, trova lo spiraglio giusto e da li mi sommerge di tutto ciò che vuole.

Basta così, per questa sera. Non voglio più annoiarti con le mie fissazioni. Ma poi sono realmente fissazioni o fanno parte del nostro essere?

                                                                                                                             Enrico

 
 
 

MA E' POI COSI' DIFFICILE TROVARNE UNO (O UNA)?

Post n°359 pubblicato il 01 Giugno 2011 da enca4

Oggi vogliamo parlare di politica? No! Basta politica, non se ne può più.

Vogliamo parlare di bunga – bunga? No! Tanto noi, comuni mortali, non abbiamo le necessarie possibilità per poterlo praticare.

Vogliamo parlare di problemi sociali? No! Tanto a che serve parlarne quando le cose, poi, proseguono sempre come prima?

Vogliamo parlare di sesso? … Sesso? Questa parola mi ricorda qualcosa ma, sinceramente non ricordo cosa. Allora è meglio lasciar perdere.

Parliamo invece di amicizia. Quella vera. Quella che, se per un qualsiasi motivo finisce o si deteriora, ti occupa la mente  (e non solo), più che un amore non corrisposto o finito.

Quanti “veri” amici, ognuno di noi, ha avuto nella sua vita? La maggioranza risponderebbe così: “Io sono stato vero amico per tante persone, ma veri amici ne ho avuti pochi. Io per gli amici ho fatto tutto quello che potevo, tutto quello che era, in quel momento, nelle mie possibilità e sono stato ripagato male. Io ..bla bla bla ….”

Scuse. Non sono altro che scuse al nostro comportamento che, sicuramente, non è stato in quel momento, idoneo alla situazione esistente. Forse, anche se inconsciamente, quello che in quei momenti abbiamo fatto per un amico, nascondeva, da parte nostra, un secondo fine. Un secondo fine che, nonostante  cercassimo di nascondere, l’altro lo ha recepito. Ha capito, e ci ha lasciati soli.

In questo caso, ripeto, senza forse rendercene conto, ha prevalso l’indole che ognuno di noi, in modo più o meno evidente ha: e cioè quello di non fare niente per niente.

Altre volte abbiamo  incontrato amici che ci hanno poi tradito. I cosidetti falsi amici. Quelli che sono riusciti a carpire la nostra buona fede, la nostra fiducia. Quelli che sono riusciti ad entrare non solo nella nostra casa, ma anche nel nostro cuore. Quelli per i quali avremmo fatto veramente di tutto per poterli aiutare. E molte volte lo abbiamo fatto. In cambio siamo noi, questa volta, che non ne abbiamo ricevuto nulla in cambio. Neanche un grazie.

I “veri” amici si contano su di un solo dito di una mano. Il  “vero” amico è come un “vero” amore. Anzi, di più. E’ il “vero” amico che ti consola se perdi un vero amore. E’ il  “vero” amico che è pronto a rinunciare a tutto solo per vederti felice. E’ il “vero” amico che ha il coraggio di chiederti scusa, se ha sbagliato nei tuoi confronti, guardandoti negli occhi, perché sa che il suo sguardo è vero e pulito, come sa che tu capirai la sua sincerità.

Nella nostra vita  abbiamo avuto, o avremo, un “solo vero amico”. Come riconoscerlo? Come mantenere la sua presenza al nostro fianco? Come essere parte di lui? Cosa dobbiamo fare per avere tutto questo? Come è possibile poter godere di una vera amicizia?

Dobbiamo essere noi stessi. Non dobbiamo mentire, innanzi tutto a noi, poi agli altri. Non dobbiamo avere secondi fini. Non dobbiamo sperare di trovare un “vero” amico fatto a nostra immagine e somiglianza. Ognuno ha la sua personalità, il suo carattere, il suo temperamento, le sue idee, le sue inclinazioni che possono essere anche in disaccordo con il nostro carattere, la nostra personalità, le nostre idee , ma che non possono, e non devono assolutamente, rovinare un rapporto di amicizia che, veramente, può durare per tutta una vita  a differenza di un amore che, molte volte finisce quando meno te lo aspetti e nei modi sbagliati.

Una cosa a cui, personalmente, non credo è alla “vera” amicizia che tanti affermano di avere con un esponente dell’altro sesso. Troppe sono le differenze che passano tra un uomo è una donna. Secoli e secoli di vita in comune hanno condizionato il tipo di rapporto esistente tra maschi e femmine. Noi uomini siamo portati ad essere più aperti, più disponibili alla confessione nella speranza che, almeno lei, quella che consideriamo l’unica e vera amicizia, capisca e ci possa consigliare per il meglio in caso ne avessimo bisogno.

Non è così. La donna ha un diverso modo di pensare e di affrontare i problemi. E’ molto più razionale di noi; difficilmente torna indietro sulle sue decisioni; mette al primissimo posto, in qualsiasi momento della sua vita, non il suo compagno o il suo migliore amico, ma la sua personalità, la sua famiglia, i suoi affetti.

Quello che può andar bene per lei, non può essere utile a noi. Forse un semplice consiglio, forse l’opportunità di uno sfogo, di raccogliere un pianto. Questo può offrire, niente più.

Il fatto è che di qualsiasi sesso siamo, vediamo in colui, o colei che ci offre amicizia, un, o una, rivale. Abbiamo una paura matta che possa approfittare della nostra eventuale debolezza, dei nostri richiami d’aiuto. L’effetto di tutto questo? Ci chiudiamo a riccio in noi stessi. Preferiamo tenerci tutto dentro. Perdiamo, il più delle volte l’occasione di avere un “vero” amico, o una “vera” amica al nostro fianco.

                                                                                                                             Enrico

 
 
 

PERCHč SUCCEDONO QUESTE COSE?

Post n°358 pubblicato il 28 Maggio 2011 da enca4

Ho una tremenda impressione, più che giustificata visti gli ultimissimi episodi successi che hanno visto protagonisti, loro malgrado, bambini di pochi mesi lasciati letteralmente ad arrostire (scusatemi per il termine, ma non ne ho uno più adatto) dentro le auto dai propri genitori che, presi sicuramente da problemi e pensieri di enorme (?) importanza, si sono dimenticati che, sul sedile posteriore, non era appoggiata una busta della immondizia da buttare nel primo cassonetto, ma il loro figlio.

Il mio presentimento , il mio dubbio, la mia sensazione è che per quanto si possa amare un figlio, lo stesso viene, il più delle volte, messo in secondo piano rispetto ai problemi che, in quel momento, attraversano le menti dei papà o delle mamme, altri protagonisti dei fatti accaduti.

Psicologi, criminologi, medici psichiatrici, stanno cercando di dare delle risposte a questi fatti. Ognuno di loro ha una sua teoria, una sua idea, dimenticando, tutti indistintamente, che ad Jacopo e a Elena le loro teorie non interessano più. Anzi, non interessavano neanche prima.

Un autorevole psichiatra dell’università di Tor Vergata di Roma parla di “sospensione della memoria affettiva”, che riguarda soprattutto i padri. Per quanto riguarda le madri, invece, si parla di “depressione post – partum.”

Io non voglio condannare nessuno. Anche io, come tanti altri genitori, ho commesso degli errori nei confronti di mio figlio. Errori che, adesso, sto pagando a caro prezzo, e che è giusto io paghi. Però mi domando quanto siano diventati importanti i bambini tutti.

Gibran  ha detto: “I tuoi figli non sono i tuoi figli, ma i figli di tutti.” Con questo voleva affermare che non sono solo i genitori naturali a far crescere i “loro” figli. Essi crescono perché ognuno di noi esseri umani, anche il più insignificante di tutti noi, ha qualche cosa da insegnare e da dare.

La colpa, allora, è di tutti noi? In parte si. Solo perché, tutti noi,, a volte commettiamo l’errore di far vincere, nella nostra mente, pensieri che potrebbero essere accantonati, almeno nei momenti in cui abbiamo la responsabilità verso un bambino che si è appena affacciato alla vita.

Sono dei fatti, questi accaduti, sicuramente terribili. Nessuno dei due genitori voleva la morte del proprio figlio. Ma non è concepibile, giustificabile e comprensibile come tutto ciò possa accadere.

Tutti noi se abbiamo dei comportamenti negativi, violenti, davanti a dei bambini, li aiutiamo a crescere nel modo sbagliato. E’ come se, un po’, uccidessimo tutto quello che di buono è nato con lui.

Un bimbo non si uccide solamente interrompendo di colpo la sua vita. Un bimbo si uccide, anche, lentamente, quasi senza accorgersene. Noi crediamo che l’alterco, più o meno violento, avuto in loro presenza con la loro madre, sia per nostro figlio, facilmente dimenticabile. Niente di più sbagliato. Se lo ricorderà sempre. Per tutta la vita.

Allora io vorrei che tutti noi dedicassimo a tutti i figli del mondo, i nostri figli, più tempo, ma soprattutto più attenzione. Teniamoli fuori da quelle che sono le nostre beghe giornaliere. Non facciamoli vivere nell’incertezza del domani, perché già, fin da adesso, hanno tantissimi problemi che, nonostante la tenerà età, già debbono affrontare.

Dobbiamo essere, TUTTI NOI, più genitori, più responsabili, più coscienziosi. Il mestiere più difficile è quello di essere padre o madre. Cerchiamo di farlo nel miglior modo possibile. Nessuno ci paga per questo lavoro. Nessuno ci versa contributi o ci riconoscerà meriti, forse nemmeno loro, i nostri figli. Ma non ce lo hanno chiesto loro di venire al mondo, lo abbiamo fatto come nostra libera scelta e, come tale, è giusto che ne sopportiamo le conseguenze, gli strascichi, i contraccolpi.

                                                                                                                                             Enrico

 
 
 

VOTARE O NON VOTARE? QUESTO E' IL PROBLEMA!

Post n°357 pubblicato il 26 Maggio 2011 da enca4

In queste ultime settimane di propaganda elettorale ho avuto modo di seguire, molto attentamente, vari programmi televisivi con eminenti personaggi politici come ospiti; leggere giornali di diversa ideologia, seguire, anche qualche trasmissione radiofonica. Tutto questo perché volevo farmi un’idea più precisa possibile su chi riversare il mio consenso.

Mi sono, per mia disgrazia, accorto però che i motivi che spingevano i vari partiti e partitini a richiedere un voto di fiducia agli elettori, erano, per almeno il 90%, uguale uno all’altro. Anche i programmi elettorali stipulati dalle varie forze politiche, che avrebbero dovuto indirizzare il consenso popolare verso l’uno o l’altro partito, o coalizione di partiti, erano, eccetto poche e insignificanti eccezioni, uguali tra loro.

A questo punto sono entrato in una specie di crisi politica e ideologica. Il dubbio, amletico nel vero senso della parola, che non mi ha fatto dormire, è stato: Ma se tutti i partiti vogliono fare le stesse cose, che non hanno fatto, o fatto male, fino ad ora; se ogni candidato chiede la fiducia agli elettori per gli stessi motivi per cui la chiede il candidato di un’altra ideologia politica; se tutti ammettono, a malincuore sicuramente, che quello che hanno fatto fino ad ora, è stato insufficiente per i bisogni della popolazione; se tutti attaccano tutti; se ognuno di loro parla male dell’altro, a chi devo dare la mia preferenza?

A nessuno, ho deciso. Infatti non ho votato. Voi direte: “ ma se tutti facessimo così non avremmo mai una stabilità economica ed amministrativa. Non daremmo mai una svolta politica, morale  e sociale veramente decisiva e determinante per il futuro nostro e dei nostri figli.”

Forse, ma dico forse, il vostro pensiero è quello giusto. Forse, ma ribadisco forse, è il mio, di pensiero, ad essere sbagliato. Ma riflettiamoci un attimo: se nessuno fosse andato a votare, non pensate che gli attuali nostri rappresentanti, almeno per una volta in vita loro, si chiederebbero dove hanno sbagliato? Si chiederebbero quali sono i veri bisogni dei cittadini?

Fino adesso, almeno in questa tornata elettorale, tutto questo non è avvenuto. I problemi di Napoli, per esempio, sono problemi che ha creato la sinistra che ha governato la città negli ultimi anni, almeno così dice la destra dimenticando, però, che tante scelte sbagliate, tante promesse non rispettate, sono state fatte da loro.

Il problema dell’immigrazione clandestina si è creduto bene di poterlo superare ammucchiando migliaia di persone, in condizioni igienico – sanitarie deplorevoli, per giorni e giorni nel campo di accoglienza di Lampedusa, con la promessa fatta, ma che mai si sarebbe potuta mantenere, di costruire un Casinò nell’isola.

La lotta all’ultimo sangue, che a Milano si stanno facendo i due candidati, porterà, se vince la destra, all’eliminazione delle multe fatte agli abitanti della città. Anche se la cosa non è fattibile perché essendo le stesse già iscritte a bilancio, non possono essere più tolte a chi le ha ricevute. Ma questo non è un problema, basta non pagarle e tutto andrà a posto.

Se il candidato sindaco della sinistra è stato in gioventù un appartenente a gruppi estremisti, che vuoi che sia, visto e considerato che almeno il 30 – 40% dei nostri deputati e senatori (in lettere minuscole) ha pendenze con la giustizia?

Torino, invece, ha risolto i suoi problemi al primo turno elettorale. Non ci sarà bisogno di ballottaggi e di ulteriori liti. Meno male.

La cosa grave, ma veramente grave, è che tutto questo ha allontanato ancor di più, come se ce ne fosse bisogno, la nostra classe politica da quelli che sono i veri e reali problemi. La Fincantieri afferma di voler chiudere gli stabilimenti di Castellammare di Stabia e Sestri Ponente (2551 in piàù persone alla ricerca di un lavoro); il 50% dei pensionati in Italia deve vivere con meno di 500 Euro al mese; Bossi  chiede lo spostamento di Ministeri al nord (con la speranza che il Trota, suo figlio, trovi almeno un posto di usciere, visto il grado di intelligenza che ha); le multe comminate alla RAI dalla commissione di vigilanza, chi le paga?; la Ferrari che non vince più un Gran Premio e, per ultimo, ma non ultimo, il mio oroscopo che mi dice che i prossimi giorni saranno per la maggior parte negativi.

Basta tutto questo per non votare? Io penso di si. Penso che sia più che sufficiente.

Dimenticavo la guerra in Libia; la catastrofe nucleare in Giappone; la piaga sempre più purulenta della droga; tutti i nostri giovani che non hanno lavoro; il fatto che almeno il 40% di chi non lavora, non cerca neanche più di farlo, tanto sa che non riuscirà più ad occuparsi stabilmente; il fatto che nella sola Roma ci siano migliaia e migliaia di sentenze emesse dai vari Giudici di Pace, ma non ancora iscritte a ruolo, e pertanto con i protagonisti ancora in attesa di sapere cosa debbono fare; che  nel nostro Paese una persona su quattro, il 25% è a rischio povertà; che una donna su quattro che lavora rischia di perdere il posto in caso di maternità; che … è meglio io mi fermi qui, tanto sono cose che tutti conosciamo molto bene ed è inutile per me ripetermi.

Mi fermo. Mi è venuta voglia di smuovere la paglia del fienile dove ho nascosto, tanto tempo fa, come Don Camillo e Peppone, un bel mitra risalente alla seconda Guerra Mondiale, ma ancora perfettamente funzionante, e cominciare a fare, veramente piazza pulita.

Ma dopo chi prenderà il posto di chi non ci sarà più?

                                                                                                                             Enrico

 

 
 
 

CARO IL MIO DIARIO 5/11

Post n°356 pubblicato il 25 Maggio 2011 da enca4

Caro il mio Diario,

come era giusto che fosse, mio figlio rifiuta, almeno per adesso di incontrarmi. Anzi, ha detto che non sa se anche nel futuro avrà voglia di farlo.

Me lo aspettavo. Sentivo che non sarei riuscito in quello che, per me, era lo scopo fondamentale, unico rimastomi, della mia vita.

Sono stato sincero con lui. Ho risposto alle domande che mi aveva rivolto. Non gli ho nascosto nulla. Ma, nonostante tutto questo, non ha capito che, innanzi tutto, io sono profondamente cambiato. Sono un’altra persona. Non rifarei mai quello che ho fatto undici anni fa.

Certo che se avessi avuto l’opportunità di parlargli e guardarlo negli occhi, tutto quello che invece  ho potuto dirgli solo con dei messaggi, avrebbe avuto un risultato diverso. Non ho potuto far capire a lui quanto io lo ami.

Debbo accettare il suo desiderio. Debbo accettarlo anche se, in questo momento, vorrei non esserci più. Tanto a cosa serve vivere quando l’unica cosa che ho avuto, che ho abbandonato e che, con la massima umiltà ho cercato di riavere per me, mi dice che è tutto inutile quello che ho fatto. Che il mio insistere gli crea solo disagio?

Ho una battaglia da combattere, ed è la battaglia per la vita. La combatterò da solo. Sicuramente non riuscirò a vincerla, ma certamente non abbandonerò la lotta. Ogni giorno in più che riuscirò a strappare a quanto mi è stato concesso, sarà per me una possibilità in più che avrò di rivedere mio figlio.

Adesso, o meglio fra pochi giorni, entrerò in ospedale per degli accertamenti importanti che non possono essere più rimandati. Farò di tutto, sapendo fin d’ora che non sarà una passeggiata, perché io possa tornare a fare una vita, almeno in parte, normale.

Ci provo. Passerò dei momenti non proprio allegri resi ancor più tristi dal fatto di non aver vicino il mio unico figlio.

Questi giorni che verranno mi serviranno per recuperare un po’ di serenità e di calma interiore. Mi dedicherò a quelle poche attività che mi sono concesse dal mio stato fisico, sperando così di pensare in modo negativo il meno possibile.

Perdonami, caro Diario, se dopo tanto tempo che non parliamo tra noi, torno a scriverti di me e dei miei problemi. Non avrei voluto farlo, credimi, ma se non lo faccio nel mio Diario, con chi lo posso fare?

A presto e, speriamo, con un argomento più allegro.

                                                                                                              Enrico  

 
 
 

ARIECCOMI

Post n°355 pubblicato il 17 Maggio 2011 da enca4

ECCOMI DI NUOVO A VOI. ADESSO NON  LAMENTATEVI SE RIPRENDERO’ A ROMPERVI LE SCATOLE!

MI AVETE TELEFONATO, CHIAMATO PIU’ VOLTE. VI SIETE INFORMATI SULLA MIA SALUTE, AVETE PREGATO PER ME. PERTANTO SIETE VOI, E SOLO VOI, CHE, NOLENTI O VOLENTI, SUBIRETE LE CONSEGUENZE DEL MIO RITORNO.

                Sono contento di rivedervi, di stare ancora in contatto con voi tutti. Oggi è mercoledì 17 Maggio. Ieri e l’altro ieri abbiamo avuto la fortuna (o la disgrazia? Chi lo sa?) di recarci alle urne ad esprimere il nostro parere politico.

                Sembra (dico sembra perché fino a quando non lo vedrò elemosinare voti e preferenze, non ci credo), che il nostro bene odiato, Cav., On., Pres., Grand’Uff.,, Amm., Misonofattodame, Io ho creato Dio, Gran fig. di … , Silviuccio B., questa volta abbia preso quattro sganassoni fatti bene. E li ha presi a casa sua, nella sua Milano. e’ proprio vero, non ti puoi fidare più di nessuno. Sembra che anche Emilio Fido abbia votato per la sinistra, tanto oramai quello che poteva prendere, al suo capo, lo ha preso, altro non c’è.

                Le venticinque ragazze del residence dell’Olgettina, sfrattate dalla sera alla mattina, non sono andate nemmeno a votare. Non avevano i soldi per la benzina. Meglio così, per Silviuccio, altrimenti erano altri venticinque voti che avrebbero preso la prima a sinistra.

                Questa volta la politica ha pagato il giusto prezzo, alla persona giusta. Adesso vedremo, sicuramente, ricrescere i capelli a Minzolini; dimagrire in modo repentino Lele Mora; Tornare neri i capelli di Belpietro; camminare sulle ginocchia il Ministro Brunetta (ma, forse, questo lo ha sempre fatto). Vedremo anche la Santanchè invecchiare di colpo. Ma vedremo anche il caro B. ricorrere alle cure di qualche chirurgo estetico perché questa volta dimostrerà gli anni che ha veramente.

                Esultate gente, esultate. Esultate ma “state accuorte”, perché se la sinistra ha recepito, dai vent’anni di governo di destra, il modo di infinocchiare noi, poveri gonzi, allora le cose si metteranno di nuovo male. Allora, veramente, saremo costretti a tirar fuori tutte le armi in nostro possesso e iniziare quello che già stanno facendo in Tunisia, in Egitto, in Libia, in Siria. Non vorrei che fossimo noi a dover abbandonare, come clandestini, la nostra Patria e, dopo uno scalo a Lampedusa, riprendere il mare diretti il Libia.

                Auguri a tutti noi. Un abbraccio.

                                                                                                              Enrico

               

 
 
 

CON QUESTA SONO SEDICI

Post n°354 pubblicato il 05 Aprile 2011 da enca4

               Da domani, 6 Aprile 2011, per la sedicesima volta, dal mese di Maggio del 2006, cambierò abitazione. Si, avete letto bene, in cinque anni ho cambiato casa ben sedici volte, una media di 3,2 volte l’anno.

                Però questa volta, tutto è stato ponderato, meditato, calcolato nei minimi dettagli e non solo da me. La decisione è stata presa in due. La decisione di vivere insieme, io e Fly, è maturata dopo un anno di vita in comune, anche se ognuno di noi abitava per conto proprio.

                Un uomo e una donna, non più giovanissimi, che decidono di vivere insieme, di condividere problemi, difficoltà, a volte anche oscurità, che possono mettere in crisi un rapporto, sicuramente sanno quello che fanno. Conoscono, anche per esperienze personali passate, come, e cosa, fare per non correre il rischio di trovarsi di nuovo soli.

                Sedici cambi di casa. Ricordo che la prima volta, Maggio del 2006, avevo con me solo una valigia con dentro lo stretto necessario. Avevo una macchina pressoché inutilizzabile (una vecchia Lancia Thema di più di venti anni d’età), il bagagliaio della quale avevo riempito con tutti i miei libri, i miei ricordi, le mie cose più intime e personali.

                Quel giorno non immaginavo nemmeno lontanamente cosa mi sarebbe successo in seguito. Mai avrei pensato di essere malato in modo grave (lo scoprii a Novembre dello stesso anno); mai avrei immaginato che avrei dormito in macchina per qualche notte. Mai avrei previsto che se non mi fossi rivolto alle Istituzioni di volontariato, sicuramente non sarei qui a raccontare questi fatti.

                Eppure, nonostante i disagi (economici e non solo), nonostante le evidenti difficoltà incontrate nel  cercare di ripartire, di tornare a sentirmi di nuovo utile a me stesso e agli altri, non ho mai smesso di credere in un futuro migliore.

                Ho incontrato, specialmente nei primi tempi, persone prive di scrupoli. Persone che non aspettavano altro che vedermi definitivamente finito. Persone che io, nonostante tutto ciò, continuavo a rispettare, a credere in quello che mi dicevano.

                Ho incontrato anche Angeli che, senza alcun secondo fine, hanno cercato di alleviare il dolore che avevo dentro. E non parlo di dolore fisico. Intendo quel dolore che ti prende dentro la testa e da li si dirama in tutto il corpo. Quel dolore che, se non controllato, ti porta a commettere sciocchezze dalle quali, poi, non si torna più indietro.

                Due volte, in quel periodo, ho cercato di farla finita. E, in ambedue le volte, qualcuno, o qualche cosa, mi ha impedito di portare a termine quanto ero deciso a fare.

                Il mio primo Angelo l’ho incontrato nell’atrio di una stazione. Era un ragazzo di colore che, avevo notato, dormiva nella sala d’aspetto. Non aveva una casa. Vestiva sempre gli stessi panni. Quel giorno lo vidi accendersi una sigaretta. Io non fumavo  da tre o quattro giorni. Avevo una voglia matta di fumare. Non lo avevo mai fatto in vita mia, ma mi avvicinai a lui e gli chiesi , con la massima cortesia mista a vergogna,  una sigaretta. Mi guardò stupito. Sicuramente il suo stupore era dato dal fatto che, di solito, era lui a chiedere una sigaretta ad un italiano. Tirò fuori il pacchetto, mi diede una sigaretta e poi mi chiese, in perfetto italiano: “Non hai soldi?” Abbassai lo sguardo, vergognandomi del fatto che la mia situazione fosse così evidente.  Annuii con la testa. Non dissi una sola parola. Lui mi disse: “Aspetta un attimo, vengo subito”.

                Si avviò verso  un gruppetto di ragazzi, come lui abitanti della sala d’aspetto della stazione e, dopo aver scambiato poche parole con loro, cercando di non farsi vedere da me, tornò e mi diede tre monete da due euro. Sei euro aveva raccolto dai suoi amici. In più mi diede anche una decina di sigarette di varie marche. “Non avevamo altro, mi dispiace.” Questo mi disse. Poi, sicuramente per non crearmi maggior imbarazzo, mi strinse la mano e se ne andò.

                Non ho mai saputo come si chiamasse, così come non ho più avuto modo di rivederlo. Quando riuscii a trovare un lavoro mi recai più volte in stazione, sperando di poterlo incontrare di nuovo, ma fu tutto inutile.

                Quel ragazzo è stato il mio primo Angelo, ma è stato, forse, l’Angelo più importante che io abbia mai incontrato nella mia vita.

                Adesso vorrei essere io Angelo di qualcuno. Adesso spero che sia io ad avere la possibilità di essere utile a chi ha bisogno.

                Voglio farmi, e fare, gli auguri a me e a Fly. “Il dado è tratto”. La decisione è presa; la voglia di tornare ad assaporare il gusto di far parte di una famiglia è stata la molla che mi ha fatto decidere.

                Per il resto sarà quel che sarà. Non metto limiti alla provvidenza.

                                                                                                              Enrico

               

 
 
 

QUANDO VUOI, MA PRIMA....

Post n°353 pubblicato il 29 Marzo 2011 da enca4

Non voglio dormire. Questa notte voglio, in tutti i modi, restare sveglio. Ho paura. Ho una tremenda paura di non svegliarmi più.

Forse questo mio pensare dipende da un fattore depressivo, sconfortante, non lo so. So solamente che devo sforzarmi di non dormire, di restare sveglio. Se mi deve succedere qualche cosa voglio che succeda quando io posso, in qualche modo, anche se non so quale, cercare di contrastarla, di combatterla.

Qualche volta, negli ultimi tempi, la notte sono stato svegliato di soprassalto da una voce che mi chiamava per nome. Una voce che sicuramente conosco, una voce che mi ricorda qualcuno, ma non so dire chi. Ecco, non voglio che succeda più. Non voglio essere svegliato e poi accorgermi di essere solo nella mia casa. Ma non voglio neanche addormentarmi con il timore di non rivedere più il mattino dopo.

Ho preso la mia pillola per dormire accompagnata da venti gocce di ansiolitico. Non è servito a nulla tutto ciò. La paura resta, anzi è più forte di prima.

E’ brutto vivere così. E’ brutto vivere con la paura di non esserci più, domani. E’ triste il solo pensare di non poter più rivedere il sole, il cielo, le persone care. E’ deprimente sapere che tutto quello che esiste e che mi ha permesso di vivere fino ad ora, da domani non farà più parte di me. O meglio, io non farò più parte di esso. Io, da domani, non sarò più parte di questo mondo, sarò solo, forse, un ricordo per qualcuno; una rogna di meno per molti; un rimpianto per pochi.

Non lascio niente dietro me. Non lascio memorie, ricordi, testimonianze, autobiografie, confessioni. Queste cose le lasciano le persone importanti. Le lasciano le persone che, in qualche modo, hanno dato qualche cosa a chi le ha conosciute. Io lascio solo me stesso. Un corpo, forse un’anima, sicuramente un pugno di terra.

Leggerò, questa notte. Farò di tutto per restare sveglio, anche se so che poi, domani, sarà per me una giornata da dimenticare. Sarò stanco più di adesso, avvilito più di quanto lo sia mai stato, depresso più di quanto è giusto che sia.

Avrò un’unica compagnia, questa notte, il mio cane nero. Il mio inquilino che, nonostante tutto, continua imperterrito ad occupare abusivamente parte di me. Però mi sto accorgendo che, forse, senza lui io, adesso, non potrei vivere. Come farei? Con chi potrei prendermela? Chi potrei maledire? Dio? No! Lui non c’entra niente in tutto questo. Il Diavolo? Neanche lui è responsabile del mio stato. Lui fa il suo lavoro, e lo fa bene!

La falce è lì. Pronta a mozzare teste. Non so se la mia sarà la prossima ad essere mozzata. Sicuramente, però, prima o poi, toccherà anche a me.

A presto, “commare secca”. Ti aspetto, sono qui. Puoi venire quando vuoi, non ho paura di te. Ti chiedo, però, una sola cosa, con la speranza che tu possa accontentarmi. Vorrei portare a termine quella cosa che tu sai e che, fini ad ora mi ha dato la forza di tirare avanti. Concedimelo, per favore. Poi, vieni quando vuoi.

Ma vieni quando sono sveglio. Voglio vederti in faccia e ridere di te.

 

Enrico

 
 
 

A PRESTO, AMICI MIEI!

Post n°352 pubblicato il 26 Marzo 2011 da enca4

Mi chiedete: “Perché non scrivi più per noi? Perché questo silenzio così assordante, da parte tua, che non ci fa presagire nulla di buono? Non vuoi più la nostra amicizia?”

Che cosa potrei dirvi di me che già non sapete? Di cosa potrei parlare se non del mio disagio, dei miei problemi? Del mio male? Credo che tutte queste cose siano importanti solo per me. Devono essere importanti solo per me. Non devono avvilire chi legge. Tutti noi abbiamo preoccupazioni talmente grandi che le difficoltà degli altri, per forza di cose, passano in secondo piano.

Io, con voi, ho avuto la fortuna di trovare persone che mi hanno dato la convinzione di essere partecipi di tutto ciò che riguarda me, la mia salute, i miei bisogni, le mie difficoltà. Però, ad un certo punto mi sono chiesto se fosse giusto ed onesto, da parte mia, continuare a pesare così negativamente nei vostri confronti.

C’è chi,ogni tanto, viene a trovarmi senza lasciare un qualsiasi commento ai miei scritti; senza avere la coscienza di chiedersi, visti i trascorsi, “Quest’uomo come sta? Non sarebbe opportuno che io, ogni tanto, mi informi direttamente con lui della sua salute?” Se tutto questo non viene fatto da chi avrebbe il dovere di farlo, perché debbo sperare e volere che siate voi a sopportare me?

Sono estremamente contento di non aver più alcun rapporto con colei, ma è certo che io, da persona seria, posata, ed onesta, non mi sarei mai comportato in questo modo.

Ho la fortuna di avere al mio fianco una donna meravigliosa che con la sua pazienza, la sua dolcezza, la sua abnegazione nei miei confronti, mi ha fatto uscire da un tunnel così nero che, da solo, non sarei mai riuscito a percorrere.

Non ho più ricordi che possano influenzare il mio modo di essere e di pensare. Non ho più bisogno di auto commiserarmi , di piangermi addosso in nome dell’amore. Perché ho chi mi ama. Chi mi aiuta senza chiedere nulla in cambio. Chi crede in me. Chi, in silenzio, accetta i miei momenti tristi, i miei pianti, le mie frustrazioni.

Ed ho anche molti di voi, amici miei, che avete fatto in modo che io mi sia sentito importante, utile. Posso darvi poco, vi ho dato poco. Avrei, forse, potuto darvi di più. Perdonatemi se non ce l’ho fatta. Prometto di provare di nuovo ad esservi ancor più amico di quanto lo sia stato fino ad ora.

Dal 2006 ad oggi, ho dovuto affrontare delle esperienze, purtroppo, talmente negative che hanno segnato in modo indelebile il mio modo di fare. Ero intenzionato a raccontare a tutti voi, di questo periodo. Lo farò.

Vi prego solo di una cosa, e cioè che se ciò che leggerete sarà lontano mille miglia dal vostro modo di pensare e di agire, ditemelo, voglio saperlo. Non posso tornare indietro e cambiare ciò che è stato, posso solo cercare di farvi capire il perché di cose che ho subito, che ho fatto, e che, sicuramente non rifarei.

A presto.

Enrico

 
 
 

DEDICATA A TUTTI NOI

Post n°351 pubblicato il 22 Marzo 2011 da enca4

Circa un anno fa aprii questo blog con la speranza di trovare, tramite esso, persone con le quali dialogare, avere un rapporto di amicizia anche se solamente virtuale.

Tutto quello che speravo si è avverato. Ho tanti amici, persone che mi vogliono bene, che sono preoccupate per la mia situazione fisica.

Ho trovato anche chi, con pazienza, abnegazione, sacrificio di sé e generosità è riuscita a farmi uscire da un tunnel dal quale credevo non sarei mai più tornato ad essere me stesso. Fiorella, questo è il suo nome, è riuscita a farmi credere ancora che il mondo che vorrei esiste, basta cercarlo intorno a noi.

Non riesco, però a seguire il blog. Sarò presente pochissime volte, solo quando le forze me lo consentiranno.

A qualcuno di voi manderò il numero di telefono con la speranza che abbiate ancora la voglia di parlare con me.

Quello che scrivo adesso è dedicato a tutti noi, esseri umani, pieni di difetti, pieni di contraddizioni, di incoerenze verso noi stessi e verso gli altri. Comunque esseri umani che amano, che bramano di essere amati, che sperano in una vita migliore.

 

A TE, DIO

So che mi ami, perché sono il Tuo figlio prediletto.

So che niente di quello che di sbagliato ho fatto nella mia vita, potrà scalfire l’amore che Tu hai per me.

So che ami me, come ami un piccolo fiore di margherita che, nonostante il freddo, ha voluto aprire i suoi petali alla vita.

So che ami me nella stessa maniera in cui ami tutto ciò che mi circonda.

Ma anche io mi sono accorto di amarti.

Adesso so che l’amore che ho per Te è un amore disinteressato, che non nasconde nulla.

Mi hai preso per mano quando mi hai dato la vita. Quella mano io l’ho lasciata perché il mio orgoglio e la mia superbia mi hanno fatto dire: “Posso farcela da solo.”

La presunzione ha guidato la mia esistenza. L’umiltà e la modestia dovevano essere, invece, le strade che avrei dovuto percorrere.

Ho amato le cose materiali, dimenticando che le cose effimere, non danno la felicità eterna.

Tu sei amore puro. Tu sei felicità eterna. Tu dai, ad ognuno di noi, l’eterna felicità.

Non abbandonarci. Perdona i nostri peccati. Aiutaci nel crescere i nostri figli come Tu hai cresciuto il Tuo.

Anche chi non crede in Te Ti ama, non  sa di amarTi  perché  il suo cuore è sordo al Tuo richiamo. Adesso è insensibile alla Tua voce, ma non lo sarà per sempre.

Tu ami anche chi non Ti ama. E questa è la Tua grandezza.

Enrico

 
 
 

CARO IL MIO DIARIO 4

Post n°350 pubblicato il 15 Marzo 2011 da enca4

Caro il mio Diario,

                è da molto che non parliamo tra noi ma tu sai perfettamente  il periodo non proprio ottimale che ho passato e che ancora sto passando.

                C’è una novità. La novità che aspettavo da tanto tempo. Mi ha scritto mio figlio. Ha visto che lo stavo cercando in tutti i modi, addirittura ho coinvolto persone a lui care nella speranza di avere una indicazione su dove poterlo trovare.  Invece mi ha scritto lui. E’ stata una cosa bellissima. La sua lettera è piena di perché, ma è anche piena di educazione e rispetto nei miei confronti.

                Ha scritto una lettera da uomo qual è. Non ha messo a terra tappeti rossi, ma neanche chiodi. Non mi ha detto: “Vieni papà, le mie braccia sono qui per accoglierti dopo tanto tempo.”, ma nemmeno mi ha condannato. Mi ha detto: “ Parliamo, ho delle domande che vogliono delle risposte da te. Sii sincero con me. Poi si vedrà.”

                Era questo che io volevo sentire da lui. Mi sarei stupito se avesse agito diversamente. Ha dimostrato di essere un uomo maturo. Sono fiero di lui.

                Adesso devo fare in modo che sia lui ad essere fiero di me. Adesso, anche se non vedo l’ora, devo aspettare prima di poterlo incontrare di persona. Non devo essere precipitoso. Deve capire quanto è importante per me. Deve capire se io sono ancora importante per lui.

                Le persone cambiano andando avanti negli anni. Le difficoltà, le privazioni, le rinunce, le umiliazioni, aiutano a crescere, anche alla mia età. Ho fatto tanti errori nella mia vita, li conosco tutti, uno per uno. Ma non sono più disposto a commetterne altri.

                Non ho molto da vivere, sicuramente, ma quel tanto o poco che mi rimane vorrei dedicarlo a lui. Un po’ di tempo fa dissi che avrei barattato il resto della mia vita con una giornata passata con mio figlio. Il baratto è sempre valido. Sono sempre pronto a fare quello che ho detto.

                Spero che le risposte che io ho dato alle sue domande siano sufficienti  almeno per poter proseguire un dialogo guardandoci negli occhi.

                Ti farò sapere, caro amico, se ci saranno novità. Per adesso mi accontento. Credo di aver avuto più di quanto meritassi.

                                                                                              Enrico

 
 
 

QUELLA PICCOLA LUCE SI E' SPENTA

Post n°349 pubblicato il 11 Marzo 2011 da enca4

              Ogni volta che una difficoltà improvvisa, un dolore lancinante e acuto come se fosse la punta di una lancia a scavare nel mio corpo. Ogni volta che le notizie che speravo di avere non erano quelle. Ogni volta che la fatica sovrastava la mia forza di volontà, guardavo davanti a me e, ad anni luce di distanza, riuscivo a vedere la fiammella che avevo acceso e che cercavo in tutti i modi di alimentare.

                Da ieri la fiammella si è spenta del tutto. Prima ha iniziato a tremolare, poi si è spenta. L’ho tenuta accesa per troppo tempo senza alimentarla come avrei dovuto.

                Ho chiesto: “Aiutami a rivedere mio figlio, un’ultima volta, non mi rimane troppo tempo.” La risposta è stata : “Tuo figlio ragiona con la sua testa ed io non farò nulla per fargli cambiare idea. Ti auguro di vivere il più possibile in modo che tu possa soffrire il più possibile, sia per il male che hai, che per non aver tuo figlio vicino a te!”

                La luce si è spenta. E’ rimasta accesa undici anni. Mi ha indicato la strada giusta più di una volta. Qualche volta mi sembrava talmente vicina che quasi potevo toccarla, sentirne il calore sul palmo della mano.

                Non esiste il perdono per chi ha il cuore pieno di rancore e di orgoglio. “Non sono io che debbo perdonarti, ma Dio, quando sarà il momento.”  Io, invece, avrei voluto il perdono terreno e non quello temporale. Ma forse non mi interessava neanche ottenere il perdono. Avrei voluto solamente guardare in viso mio figlio. Mi è stato negato, nonostante lui abbia 24 anni e, pertanto, una mente autonoma. Ma sicuramente una mente condizionata da chi lo ha cresciuto.

                Da oggi cercherò un motivo per accendere una nuova fiammella. Una piccola luce che spero possa guidarmi negli ultimi passi della mia esistenza. Che mi aiuti a non commettere errori, e che resti accesa fino all’ultimo sguardo che rivolgerò a lei.

                                                                                                                             Enrico

               

 
 
 

TUTTI I GIORNI E' L'OTTO MARZO

Post n°348 pubblicato il 08 Marzo 2011 da enca4

8 Marzo, Festa delle Donne. Questa sera tante di voi passeranno una serata diversa. Il ristorante è stato prenotato, il menù è stato scelto, l’ambiente sarà sicuramente intrigante. Ci sarà il macho che vi delizierà con uno pseudo spogliarello. Qualcuna di voi, per la prima volta nella sua vita, si ubriacherà. Qualcun’altra, cercherà di rendere questa giornata interessante fino alla fine.

Stavo pensando a quelle decine di donne che persero la vita in un incendio della loro fabbrica. Stavo pensando a quelle migliaia di donne ammassate con i propri figli al confine tra la Libia e la Tunisia, in attesa di poter varcare quella linea che le divide dalla libertà.

Stavo pensando a Yara, a Sara, a tutte le donne violentate ed uccise che, oggi se fossero in vita, festeggerebbero insieme a voi.

La Festa della Donna è, e deve essere, tutti i giorni. La donna, a differenza dell’uomo, ha dovuto sopportare umiliazioni, stenti, rinunce talmente grandi che solo la sua forza interiore le ha permesso di superare. Nono stante questo, però, ancora, la donna, non è apprezzata per quello che merita.

Di chi è la colpa di questo stato di cose? Siamo nell’anno 2011, corriamo veloci verso traguardi che, solo vent’anni fa, erano da considerarsi impensabili da raggiungere.  Ma questi traguardi non li avremmo mai conquistati se non avessimo avuto l’aiuto delle donne. E non parlo delle donne scienziato , o delle donne che fanno politica. Parlo delle donne che, oltre il loro lavoro, il più delle volte malpagato, ne hanno un altro da portare a termine, che è la famiglia.

Quante donne dedicano ogni momento della loro vita al volontariato? Quante donne sono pronte a rimboccarsi le maniche ed a scendere in piazza per prime quando vedono calpestati i diritti propri e dei loro figli? Quante donne, ogni giorno che Dio ha messo sulla terra, hanno il problema di far quadrare il pranzo con la cena? Non per loro, ma per i figli.

Sto pensando alle donne che, oggi, guarderanno con invidia le proprie amiche con più possibilità economiche, che dedicheranno  una serata al divertimento, all’evasione.

Ma sto pensando anche a quelle ragazze, delle quali la cronaca si è occupata nell’ultimo periodo, che, secondo me, non hanno nulla da festeggiare. Hanno già festeggiato tutto quello che potevano. Nel modo sbagliato, con le persone sbagliate, adescate,  lusingate, piegate ai voleri poco onesti di persone che, forti della loro posizione, sono riusciti dove altri avrebbero sicuramente fallito.

Penso alle donne respinte e messe a morte in virtù di principi religiosi estremi. Donne lapidate, incarcerate da anni. In attesa di essere uccise.

Penso alle donne che 150 anni fa hanno fatto l’Italia. Penso alle donne che in questi 150 anni hanno fatto tutto ciò che era in loro potere affinché la nostra Patria potesse continuare ad essere la Patria di tutti.

Festeggiate questa sera. E’ giusto che lo facciate. Ma, se vi resta un po’ di tempo, pensate anche a chi non ha niente da festeggiare se non il fatto di essere viva.

                                                                                                              Enrico

 
 
 

DOMENICA, MALEDETTA DOMENICA

Post n°347 pubblicato il 06 Marzo 2011 da enca4

              Oggi è domenica e, come tutte le domeniche che Dio ha messo sulla terra, da qualche anno a questa parte, per me non è un giorno dal significato particolare. Una volta lo era, adesso non più.

               Mi ricordo quando la domenica avevo amici o parenti a pranzo. Un paio di giorni prima già iniziavo a pensare al menù che avrei preparato per l’occasione. Il sugo iniziava a bollire, piano, piano, fin dalla sera prima. Il pezzo di carne, prima di ricevere il pomodoro, aveva dovuto essere insaporito nel tegame insieme alla carota, al sedano, al basilico. Poi, quando il colore iniziava a passare dal rosa al marrone, una abbondante spruzzata di vino bianco, faceva in modo che si creasse intorno alla carne una crosticina che impediva così la fuoriuscita dei succhi, saporiti, allinterno di essa. Il vino doveva evaporare a fuoco alto, in modo da non snervare, e rendere duro, il contenuto della pentola.

               I pomodori erano già stati preparati. Freschi, San Marzano possibilmente. Erano stati da me appena sbollentati in acqua bollente in modo da poterne togliere la buccia che li ricopriva facilmente. Poi li avevo tagliati a pezzi non molto grandi e messi a scolare in un piano leggermente rialzato da una parte, in modo che perdessero l’acqua in eccesso.

               Il vino si era, intanto, ritirato ed era arrivata l’ora di aggiungere il pomodoro. Non tutti insieme, un po’ per volta, per fare in modo che la carne non passasse bruscamente dal caldo al freddo interrompendo così la cottura. Dopo un coperchio, possibilmente con un peso sopra per impedire l’uscita incontrollata del vapore di cottura, Il fuoco sotto la pentola molto basso. Eduardo De Filippo nella sua commedia “Sabato, Domenica e Lunedì”, dice che il sugo deve “Peppiare piano, piano. Per qualche ora”. E aveva ragione, tra un sugo veloce e il ragù della Domenica la differenza è abissale.

               I miei arrosti erano apprezzati da tutti. Il pesce che preparavo aveva un sapore particolare. E non era un sapore dato solo dal cibo, ma era tutto il contorno che dava al cibo una fragranza unica. L’ospitalità, la voglia di stare insieme, la necessità di avere, comunque, qualcuno vicino che apprezzasse il mio lavoro.

               Gli scherzi, le battute durante il pasto. I figli che mi consideravano un loro secondo padre. La maggior parte dei figli dei miei amici mi chiamava zio. Venivano da me se volevano qualche cosa che la loro madre gli aveva proibito. Venivano da me perché sapevano che io li avrei sempre e comunque accontentati.

               Adesso mi illudo di non essere solo la domenica. Preparo il mio ragù con la stessa attenzione di una volta. Non ho l’opportunità di aggiungere pomodori freschi, uso i pelati, purtroppo. Ogni tanto, quando mi va, preparo delle crostate alla frutta, un tiramisù, una crema allo zabaglione montato a neve. Ma non è la stessa cosa.

               Mi metto seduto con tutto quello che ho preparato davanti a me. Cerco anche di apparecchiare nel modo giusto. Inizio a mangiare e, allora, mi accorgo di essere solo.

               Termino velocemente il mio pasto, ammucchio i piatti nel lavabo in cucina, sorseggio un caffè di mala voglia e poi mi metto a letto a riposare. La televisione mi fa compagnia. Guardo la partita della mia squadra del cuore e cerco di prendere sonno.

               Così è tutte le domeniche e così sarà tutte le domeniche che verranno.

                                                                          Enrico

                 

 
 
 

LA MIA CANDELA

Post n°346 pubblicato il 27 Febbraio 2011 da enca4

Io

non 

sono

riuscito

a mettere

una candela

nel mio blog in

tuo ricordo, Yara.

Perdonami, ma prego

per te e i tuoi genitori.

Enrico

 
 
 
 
 

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