Fantasia +

IV Pioggia improvvisa - Van Gogh


- Ehi, Antò! Guarda un po' questo capolavoro...- Fammi vedere ...Prese il cellulare e scrutò il piccolo display. - E questo che cosa è? Non si capisce niente. Sembra uno scarabocchio.- Certo con la tua ignoranza non puoi capire questo dipinto. Scommettiamo un caffè che questa signorina invece lo riconosce al volo. Mi scusi, signorina, ho fatto una scommessa perché secondo me lei sa riconoscere questa immagine.Bianca era totalmente immersa nel suo intricato mondo interiore. Non riusciva a venir fuori da quel groviglio che diventava sempre più fitto e avvolgente. Una voce echeggiava da un lontano universo, si diffondeva nell'atmosfera con suoni umani penetranti ma incapaci di trasmettere significati. Si accorse di tenere stretta tra le mani una tazza ormai diventata quasi fredda e lentamente riprese i contatti con la realtà. Si volse verso il punto dal quale erano partiti quei suoni e vide una mano che le tendeva un cellulare. Sollevò appena lo sguardo e incontrò due occhi sorridenti e dubbiosi che si interrogavano sull'opportunità di continuare il tentativo di mettersi in contatto con la ragazza della cioccolata. Un rifiuto non lo avrebbe messo in difficoltà, dato che era abituato a riceverne come tutte le persone che cercano una relazione con gli spazi circostanti che non sempre vogliono essere violati.Bianca non fece in tempo a rifiutare l'approccio, che vide sul piccolo display la "Notte stellata" di Van Gogh con una figura femminile in un angolo. Guardò a lungo in silenzio ma a un tratto la mano che reggeva il telefono si ritirò. Sentì una voce scherzosa che diceva: - Il tempo è scaduto. Allora sa che cosa è? Su, non mi faccia perdere la scommessa!Beh, era tra i suoi quadri preferiti. La faceva sognare quel cielo popolato di luci e poi le piacevano da morire quelle pennellate decise, sicure, avvolgenti che fanno sembrare lo spazio infinito così vicino, così intimo, così interiore. E i colori poi la sconvolgevano con le tante tonalità che, pur fredde, avevano un loro centro sfolgorante che pareva dover esplodere all'improvviso Quegli azzurri, quei gialli, la riempivano di voglia di casa, di calore in una di quelle minuscole costruzioni del paese dove un'umanità semplice e laboriosa aveva creato un rifugio tiepido e confortante per una vita fatta di stenti. Un cielo sempre uguale per esistenze sempre diverse che si succedono come i fiori dei prati che cambiano ad ogni stagione in uno stesso terreno.Chissà perché ora si sentiva tanto leggera, come se dovesse aprire delle magnifiche immense ali per sovrastare quello spazio soffocante e ristretto.Perché la vita non è mai come la vorremmo? Perché il volo di chi lascia il nido è spesso devastante? Perché non c'è risposta ai nostri richiami, anche quando diventano interiori urla di soccorso? - Mi scusi, sta bene? Ha bisogno di qualcosa?Pioveva ancora, ancora il vento strappava le foglie dagli alberi; qualcuna smarriva la strada, arrivava sui vetri e ci si attaccava sopra, quasi a curiosare là dentro, dove c'era gente che rideva, parlava, riempiva frammenti di tempo in attesa del dopo. Lei aveva bisogno di qualcosa? Si, aveva bisogno di tanto, ma nessuno lo sapeva e nessuno poteva darglielo.- Hai visto? Neanche la signorina sa cosa diavolo hai dipinto.- Ma la scommessa non è ancora persa. Adesso chiedo a quei ragazzi. - Ehi, ehi, non cambiare le carte in tavola. Il patto era che lo doveva riconoscere lei.
Bianca, senza alcuna volontà da parte sua, sentì dei suoni raggiungere le sue labbra. Non voleva parlare, ma quasi in trance disse:- Che cosa ci fa una donna nella "Notte stellata" di Van Gogh?Lo disse con voce decisa e ironica, senza guardare in faccia il destinatario, come se stesse parlando con se stessa, come faceva tante volte nella solitudine della sua casa, a volte senza neanche accorgersene.Parlava da sola. Era l'unico modo per esprimere opinioni, ma il bello era che spesso si sdoppiava e rappresentava due punti di vista sulle questioni.- Dovresti essere meno acida- Ma io non sono acida, solo che non sopporto la faciloneria, il menefreghismo, l'opportunismo degli altri.- Se continui così finirai col diventare una vecchia zitella sola e incattivita.- Oh basta con le prediche, adesso devo occuparmi della cena.Erano monologhi/dialoghi di questo tipo. Insomma, non riusciva ad andare d'accordo neppure con se stessa.- Beh, che ti dicevo? La signorina ha indovinato e adesso mi devi offrire un caffè. - E chi mi dice che ha indovinato? Signorina, è sicura di quello che ha detto?- Sicura, sicurissima. È una manipolazione di un quadro di Van Gogh.- Mi scusi, perché parla di manipolazione? Ho soltanto adeguato la notte ottocentesca alle mie fantasie. Ho inserito un elemento che si fonde con il paesaggio remoto, una creatura che è quasi un astro che però vive sulla terra. La mia donna è come una stella per me ma non sta in cielo. - Mamma mia che sofisticheria! Ha una bella faccia tosta! Prende un dipinto bell'e fatto, con un suo linguaggio ben definito e lo stravolge per suo comodo! Viva Van Gogh!- Ah certo, non tocchiamo i mostri sacri! Mi dispiace ma, se parla così, è perché  lei vive vive nell'epoca di Van Gogh.A questo non aveva mai pensato. Forse aveva proprio sbagliato epoca. In realtà il pittore aveva sottolineato la sua mentalità antiquata e rancida, ma lei lo aveva preso come un complimento.- Meglio essere ottocenteschi che mistificatori.- Ho notato come ha guardato i miei lavori a pastello poco fa. Mi è sembrato che le siano piaciuti.- Ah, sono suoi? Bianca volse lo sguardo intorno per rinfrescare la memoria. Voleva trovare qualcosa di molto offensivo da dire ma non ci riuscì. Che cosa si poteva dire di quelle istantanee marine così vivaci, immediate, seducenti ... Posò la tazza vuota sul bancone davanti a sé e si accorse che la mano le tremava. Evitò di guardare quell'inquietante movimento e si lasciò assorbire dal rumore della pioggia sul tetto. Era uno scroscio incessante che ormai le dava l'angoscia. Forse la strada si era già trasformata in un fiume di acqua sporca che un po' stagnava e un po' correva verso i tombini ormai intasati e incapaci di smaltire quella massa liquida fangosa Sentiva rari automezzi transitare lenti, a passo di guado in mezzo all'acqua, accompagnati da schizzi involontari che si sollevavano con piccoli vortici ad ogni giro si ruota.Aveva voglia di guardare per strada ma non riusciva a muoversi. Era come bloccata lì, davanti al bancone, e provava imbarazzo perché si sentiva osservata dal pseudo-pittore, dal cameriere e, ad un certo punto, le parve che tutti avessero gli occhi fissi su di lei. Si sentiva tremare, e non capiva che cosa le stesse accadendo. Fu il pittore ad allontanarsi e lei si sentì meglio, riuscì a sollevare lo sguardo, e si accorse che nessuno la guardava. Il gruppo dei ragazzi era diventato più silenzioso, qualcuno giocava col cellulare, qualche altro parlottava con il vicino, o beveva la sua birra, e negli altri tavoli c'era chi aspettava in silenzio la fine dell'acquazzone e chi approfittava di quella sosta forzata per leggere il giornale. Da più di mezz'ora non entrava più nessuno nel locale e arrivavano telefonate di clienti che chiamavano per annullare la prenotazione. Antonio, il cameriere, era gentile con tutti, ma una volta messo giù il telefono diventava scuro in volto e si lamentava perché quella serata si presentava piuttosto magra.