Classe '53

La strage di Brescia


Il 28 maggio del 1974 avevo 21 anni e da pochi mesi lavoravo a Milano nella sede centrale della Banca Commerciale Italiana in piazza della Scala. Da ex-sessantottina, le mura dell'austero Istituto di Credito mi stavano strette, con i miei colleghi bancari avevo poco a che spartire. Cercavo di starmene "schiscia", unico atto politicamente rilevante, l'iscrizione alla CGIL, quattro gatti nel mare amplissimo del sindacato aziendale. Il giorno dell'attentato di Piazza della Loggia, il segretario della CGIL, uomo mite e gentilissimo mi convoca nel suo ufficio con i tre gatti rimanenti, bisogna organizzare per il mattino dopo picchetti fuori dall'ingresso di via degli Omenoni, volantinare, impedire l'ingresso ai bancari. Operazione disperata, visto il totale disinteresse dei miei colleghi per questioni "politiche". La mattina dopo mi trovo prestissimo con i compagni, le braccia cariche di volantini, rileggo i particolari orrendi della strage orrenda, l'ordigno che esplode nel corso di una pacifica manifestazione antifascista, 8 morti, 103 feriti. Metto i miei scarsi 50 kg a baluardo del portone, stupefatta, mi rendo conto quasi tutti restano fuori, prendono i volantini, si formano capannelli di discussione, sì, persino il capufficio che sembrava così stronzo, è lì che scuote la testa. Oggi, dopo 36 anni, scopro che tutti gli imputati (tra cui quel Zorzi divenuto japan) sono stati assolti per insufficienza di prove. Il tasso di indignazione a 21 anni è alto ma hai tutta la vita davanti. A 57, l'indignazione è sempre altissima ma la speranza che le cose possano cambiare, che la giustizia possa trionfare  non ci sono più, tutto si stempera stancamente nell'oggi, nei riti della nostra politica becera e malata, voglia di lottare e tantomeno di sperare: zero.P.S. Il cartello della foto è poco leggibile, ma c'è scritto: "In questo luogo non è successo niente". E' stato affisso all'indomani della sentenza.