Fino all'estremo

Morte, Distruzione e Muse


L’altra volta ero divertita ma leggermente perplessa. Stavolta ero innamorata. Sarà che il palco era più piccolo, la serata in generale più intima. Sarà che la poca aria che arrivava al pubblico era respirabile. Sarà che ormai il fatto che fossero un po’ dei bamboccioni britannici l’avevo digerito e metabolizzato dal concerto di Bo. Come quando uno inizia ad uscire con una persona e dentro di sé pensa sì, mi piace, però tra noi non potrà mai funzionare per via di questo e quest’altro. Poi subentrano i sentimenti e il pensiero di cui sopra cambia in sì, mi piace, sì, non può funzionare, ma fanculo. Sarà che forse, quando cantava hold you in my arms, I just wanted to hold you in my arms, Bellamy coi suoi occhioni azzurri – azzurri da bamboccione britannico, beh, mi dava l’illusione che guardasse proprio me. Anche se chi lo veste andrebbe diserbato. Completo rosso e sotto t-shirt bianca tipo maglia della salute. Mi ha smorzato notevolmente il romanticismo. Menzione speciale all’Olly che si è lanciata come un centravanti di sfondamento rischiando di rimetterci le costole. Ma è stata tenace. Bilancio del secondo concerto dei Muse dell’anno: Pogare da pazzi sei – sette volte di seguito: fattoOnda umana : fattoCadere per terra all’indietro su una montagna di persone che non avevano niente di meglio da fare che scalciarmi sulla schiena: fattoPerdere la mia spilla di Doozy Unique, un pezzo unico introvabile: fattoSaltare usando Olivia come leva umana: fattoChiedermi come mai i musicisti oggigiorno preferiscano la doppia c (cocaina) alle groupies: fattoPagare una bottiglia di Tennent’s quattro euro: fattoPerdere completamente l’udito: fattoAscoltare i Muse suonare Thoughts of a dying Atheist : non fatto, porca paletta, per la seconda volta. E’ una delle mie preferite, ora più che mai visto che mi ricorda che non sono l’unica stronza nel mondo così spaventata dall’idea della morte tanto da scriverci su qualcosa. Però comprendo, comprendo ancora che il pubblico non la conosce e non si scatena e protesta eccetera eccetera. A pensarci bene, Absolution è praticamente un album sulla morte. Parla di tutte le catastrofi possibili e immaginabili: apocalisse, storie d’amore senza speranza già finite in partenza, farfalle che sbattono le ali in Giappone e causano uragani devastanti dall’altra parte del mondo, guerre, atei morenti, capolinea totali e improrogabili, sindromi di Stoccolma, attaccamenti morbosi al limite dell’omicidio. Ti dà un’idea generale di quel che può essere la morte percepita dai Muse. Anzi, dal cantante, visto che è Bellamy a comporre tutti i brani. Ieri sera stavo in terza fila, proprio davanti a lui, e dal vivo è una visione davvero accecante. E’ quasi sempre concentrato sui suoi strumenti (distorsione onnipresente, come sempre), ma appena apre un attimo gli occhi ti fulmina. Ha lunghissime e nervosissime mani. Davvero un bell’omino. Non mi era mai piaciuto un granché, però a vederlo così da vicino ci avevo proprio l’ormone libero. Beh, magari non libero come la ragazza che dietro di me gli gridava di spogliarsi. Diciamo così libero da unirmi con lei in coro. Tra l’altro in italiano, perciò mi stavo chiedendo cosa cacchio avrà capito. Forse noodles, "spaghetti". Gli sarà sembrato qualcosa di sessuale?