l'ippocampo

Come pioggia al rallentatore


Mi porto la mano dietro la schienae pianto bene i piedi a terra.La musica e le risate non smettono di là.Senza nemmeno una parola, gli sferro un pugno descrivendo un arco con il braccio.Non è il movimento aggraziato di un pugile e non è neanche tanto veloce.Ma è un gesto che ha dentro tutta la forza della sorpresae l'espressione attonita di lui è quasi pietosa a vedersi.Il volto si gira appena.  L'ho colpito vicino all'orecchio e la botta mi corre su per tutto il braccio, fino alla spalla e alla tempia.Lui mi guarda vacuo.Io aspetto che la sua rabbia ingrani la marcia per restituire il colpo.Aspetto che le sottili vene sul suo collo di ragazzinoricco affiorinocome lombrichi dalla terra.- Lo sai cos'hai fatto?  mi urlaSi, lo so. Lo so che cosa ho fatto. Ho sputato ai piedi di un destino di ragazzinavittima.Ma la risposta è più complicata di così,  come la fragranza di un profumoda spiegare.      Come un regno di occhi intorno che diventa un labirinto rompicapo da risolvere,  e non è più chiaro se voglio restaree continuare a lottare fino alla sconfitta di uno dei dueo scappare per non sentire più questa vista offuscata.Che là fuori ci sono migliaia di nascondigli dove si può rimanere, sordi al mondo.Senza la musica alta e le risate di là.Senza tutte quelle ragnatele che pendono sulla vita come pioggia vista al rallentatore.Con due salti arrivo alla porta. Esco.E sputo ai piedi di un destino di ragazzinavittima.(foto fionamay)