LA SCRITTA SULLO ZERBINO
"Manners maketh man. "
William of Wykeham, Motto of Winchester College and New College, Oxford
ISTRUZIONI PER L'USO
Questo 'Diario clandestino' è talmente clandestino che non è neppure un diario. E ciò sia detto a parziale rettifica del titolo e a conforto di chi, leggendo la parola 'diario', drizza sospettoso le orecchie.
Non è un diario, uno dei soliti diari dove si può leggere che il tal giorno il protagonista ha fatto la tal cosa, il tal giorno ha pensato la talaltra e via discorrendo; uno dei soliti diari in cui l'autore si mette al centro dell'universo come se egli ne costituisse il perno.
(Guareschi, 'Diario clandestino', 1949)
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Ho appena affermato che questo sia un periodo inconcludente della mia vita, cosa che è decisamente vera, quindi non desidero smentirmi. Rivedendo la pellicola in cui il protagonista paragona la propria ambizione con il proprio talento, ed afferma che sia la prima a prevalere [purtroppo per lui] non ho potuto esimermi dal calare questa frase con la mia esistenza attuale [o recente]. Sono ancora fermo, fermo a quello che ho scritto ormai parecchi brani fa e non riesco ad evolvere. Faccio anche poco per farlo sul serio. Qualcuno mi dice e ripete che sono spesso duro con me stesso: cosa che è vera ma in parte. Mi concedo vezzi, lussi, spese futili e spesso folli. L'altro giorno, per fortuna, ho strappato un abito alzandomi dalla poltrona in ufficio. Così l'ho buttato. Una piccola dose di ossigeno al mio armadio [ai miei armadi]. Per un capo che esce ne entrano in media cinque. Ancora devo mettere le stringhe all'ultimo paio di scarpe acquistate prima delle vacanze [e fatte arrivare con urgenza dall'Inghilterra perchè mi servivano]. Severo, quindi? Per molte cose sì: non mi perdono gli errori, non mi perdono le sconfitte, non mi perdono i pochissimi momenti di relax, non mi perdono il tempo libero perchè penso che potrei dedicarlo a cose [ma soprattutto a persone] migliori. Persone migliori. Questo è un punto su cui sto riflettendo. Su cui ho sempre riflettuto, in verità, da quando mio padre mi diceva che è importante essere con persone che valgono. Perchè si impara. Questo è diventato un mio credo, a volte non diretto nella giusta posizione, ma costante. Dopo un periodo di 'incubazione' [per causa maggiore, per così dire] ho rimesso in discussione le mie frequentazioni, ne ho riattivate di vecchie [con gratificazione ma con difficoltà perchè le abitudini della vita si incrostano su ognuno di noi ed è complesso rimetterle in discussione] e ne ho generate di nuove. Non sono così soddisfatto delle nuove. Mi hanno dato svago ma non mi hanno dato spessore. Per questo dovrei forse rifocalizzare le mie abitudini sulla mia interiorità, ma non mi sento pronto a tornare dentro alla crisalide di due anni fa. Torno quindi sempre al punto di partenza che è ben delineato. Definire le passioni, definire le mete, definire le priorità: la diagnosi mi è chiarissima. La prognosi molto meno.
Aspetto una guida che venga e mi conduca per la mano. Ho mai pensato seriamente ad aderire a questa frase? Frase che risuona nelle mie orecchie, compressa dagli auricolari a volume elevatissimo. Frase che rimbomba nella mia testa, rimbalzando pesantemente come una pallina impazzita. Una guida? Per me? Adoro quel brano ma quella guida per me stesso devo essere io. Quando riuscirò a scorgere la nuova prospettiva? Quando a incamminarmi verso la linea di un nuovo orizzonte? Probabilmente quando smetterò di gingillarmi con oggetti, vizi, persone, tasti, abiti. Probabilmente, ma non ne sono certo ...
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