LA SCRITTA SULLO ZERBINO
"Manners maketh man. "
William of Wykeham, Motto of Winchester College and New College, Oxford
ISTRUZIONI PER L'USO
Questo 'Diario clandestino' è talmente clandestino che non è neppure un diario. E ciò sia detto a parziale rettifica del titolo e a conforto di chi, leggendo la parola 'diario', drizza sospettoso le orecchie.
Non è un diario, uno dei soliti diari dove si può leggere che il tal giorno il protagonista ha fatto la tal cosa, il tal giorno ha pensato la talaltra e via discorrendo; uno dei soliti diari in cui l'autore si mette al centro dell'universo come se egli ne costituisse il perno.
(Guareschi, 'Diario clandestino', 1949)
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E' come avere davanti a sè un piatto da dessert con un morbido, tenero biancomangiare. Impugno il cucchiaino e lo affondo nella sua gradevole consistenza. La sensazione è piacevole, confermata dalle sensazioni tattili con le labbra, con la lingua e con il palato. Poi il gusto. Questo assaggio dura da oltre tre anni, nato da una combinazione letale di fattori che avrebbero esaurito moltissime persone. Io mi sono rifugiato nella cucina e ho creato un biancomangiare. Giorno su giorno. Riga su riga. Parola su parola. Ho messo dentro tutto di me, tutto quello che non si vede, tutto quello che non si sente. Ora una delle cause è venuta a cessare e la mia vita cambierà ancora, anche se non me ne rendo conto ma da domenica sarà già lampante. Lo è già stasera, quando mi dirigerò direttamente a casa, saltando quella tappa intermedia che nell'ultimo mese ho [quasi] sempre fatto. E mi chiedo se mancando un ingrediente così importante, come il latte o lo zucchero [o chennesò? Io non conosco la ricetta, la cucino e basta], se non sia meglio chiudere questo lungo capitolo, perchè forse tutto sta cedendo. E' diverso, io sono diverso. C'è stato un periodo in questi giorni in cui avrei voluto scrivere di un vetro appannato, e non ne ho avuto tempo o non ne ho avuto modo. Avrei voluto spiegare che era bello da bambini avere un vetro appannato di fronte a sè: io ci disegnavo e ci scrivevo, poi ci soffiavo sopra e tutto si cancellava e, come una lavagna magica, si poteva ricominciare. Non più da bambino, il vetro appannato porta meno gioia. La contingenza recente che ha portato questo appannamento mi ha fatto capire chi era intorno a me, vicino vicino, e chi non lo era. Perchè a volte vederci poco è un vantaggio e si può capire su chi si possa realmente contare. Poi ho ragionato sull'egoismo. Grande parola. Grande tema. Sono un grande egoista. E lo dichiaro. Non lo nascondo sotto le frasche della generosità e dell'amore per il prossimo. Quanti generosissimi egoisti esistono! Poi ancora prima avrei voluto scrivere dell'ingratitudine, così fieramente descritta da Morrissey, e così pubblicamente reietta al giorno d'oggi. Ma esiste. Io vivo. Sbando. Ho sbandato tanto in questi anni. Colpito incessantemente dal maglio degli eventi avversi. Potrei definirlo il millennio del maglio. Ma sono qui. Oggi mi sento artificialmente sotto vetro, le mie sensazioni svuotate, la mia bocca come quella di un'automa. Svogliato. E provato dagli ultimi avvenimenti. Il telefono che squilla troppo spesso e io non ho intenzione di rispondere, mentre cerco di assaporare le ultime cucchiaiate di questo biancomangiare.
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