the road not taken

Post N° 603


Ritrovo la pazienza. La calma. L’attesa. Accantonate per lasciare spazio a qualcosa di nuovo, che non arriva. Perché non voglio, che arrivi. Sospesa, è la mia dimensione. Nell’ovatta di casa, tra chili di radicchio di Treviso da stufare e mettere nel congelatore – affrettatevi, la stagione è quasi finita! – e gomitoli di lana che si affastellano ovunque senza trovare il riposo dei ferri da maglia, che li solleticano e li trasformano nell’ennesima sciarpa – ma forse è ora che io impari a calare e aumentare i punti e mi cimenti almeno in un berretto – in questo spazio ristretto, una noce di tempo fuori dal tempo, solo mia, in cui coltivare i cambiamenti dentro me. In cui trovare le parole che calzino alla mia anima. Marc Chagall – vabbè…era Marc Chagall epperò – nove anni nove per completare il suo autoritratto. Un po’ come impiegarci nove anni a capire cosa c’è dentro la propria anima. Deve essere davvero fonda, l’anima. Nove anni per un autoritratto, durante i quali probabilmente faceva altro. Perché trovarsi è incidentale alla vita. Alle cene da preparare, alla spazzatura da buttare. Al depilarsi prima di andare in piscina (forse questo Chagall non lo faceva…) al litigare con i parenti. Al potare i gerani sul balcone, al maledire la sveglia la mattina, quando fuori c’è il gelo e te ne staresti al caldo ancora un po’. Così, sospesa, paziente, scelgo la musica da ascoltare in questo sabato pomeriggio, ed il colore dello smalto da indossare per la settimana che viene. Rimango bambina ancora per un po’. Fermo il tempo e mi godo giorni solo miei, da regalare, se ne ho voglia. Ma anche no. Li riempio di fili di lana colorata e del sogno di fiori fatti all’uncinetto da appuntare sulla copertina di un quaderno ricavato da fogli di carta tutti diversi, in cui tracciare, giorno dopo giorno, il mio autoritratto di parole.