FOOTBALL SCOUT

RAPHA MARTINHO - BEATO CHI LO ALLEN-A


Tutti possono sbagliare, specialmente quando il mondo di cui parliamo è quello del calcio. Succede quindi che il Catania, squadra quasi pronta a trasferirsi in Argentina per via dei tanti sudamericani presenti in rosa, si lasci scappare e consideri normale un giovane talento che normale non lo è, forse perchè fin troppo normale. Tanti sono stati i colpi oltreoceano della squadra siciliana negli ultimi anni, quasi tutti ben riusciti, tanto che i risultati oggi si vedono, e il Catania è grazie a questa politica in pianta stabile in serie A da anni, con un organico sempre più affiatato, che non necessita di rivoluzioni ogni anno come il Genoa di Preziosi (per la sfortuna del suo attuale dg Lo Monaco, il fautore del progetto siciliano qualche anni fa), e capace di migliorarsi anno dopo anno, grazie a talenti come Barrientos, Gomez, Bergessio, Maxi Lopez, che fanno o hanno fatto la fortuna della squadra sicula. Capita, però, che pur perseguendo questa ottima politica, spesso si facciano madornali errori di valutazione. Nell'estate del 2010, il primo tassello sudamericano della stagione catanese è un piccoletto classe 1988, 183x73, prelevato direttamente dal Paulista, squadra della prima serie del campionato brasiliano, dove si era distinto per duttilità e agilità. Sarà per le difficoltà riscontrate ad ambientarsi, sarà per il fisico troppo magro, che il giovane Raphael Martinho (così si chiama) non riesce a sfondare, si accontenta di sporadiche apparizioni, e viene lasciato nel dimenticatoio. L'anno successivo a Catania arriva Montella, che intravede potenzialità nel ragazzo, però ancora troppo acerbe, inadatte per una squadra come il Catania che necessita di salvarsi, e quindi ha bisogno di giocatori pronti, e così manda il giocatore in prestito a Cesena. Gioca di più, ma poco di più, perchè anche Cesena è una piazza non tranquilla, dove la salvezza si gioca domenica dopo domenica (e infatti quell'anno non arrivò), e per Martinho fu un'altra stagione difficile. Ed è così che questa apparente meteora ha detto momentaneamente addio alla Serie A ed è scesa quest'anno di categoria, in un Verona con obiettivi di vetta. "Martinho è bravo ma presenta difficoltà ad adattarsi ad un calcio troppo tattico come quello italiano" disse l'allora tecnico del Cesena Ficcadenti. Tradotto: non sa stare in campo. Peccato che, laddove tutti i suoi allenatori precedenti vedevano dei limiti nel giocatore, quali la pochezza tattica e fisica, ora invece Mandorlini, attuale tecnico dei gialloblu, sta costruendo la sua fortuna. La cosa che sorprende di Martinho è che, rileggendo gli articoli al momento del suo arrivo in serie A, alcuni giornali parlano di lui come di un difensore, altri di un centrocampista, altri ancora di un attaccante. E la realtà non è che si sia fatta troppa confusione sul giocatore e si sia appurato che il brasiliano non è nè uno, nè l'altro, nè l'altro ancora, ma che, in verità, Martinho riesce a fare tutti i ruoli che competono la fascia sinistra: il terzino, l'esterno, l'ala, l'interno, il centrocampista, l'attaccante. E che quest'anno sta dimostrando di saperlo fare anche bene. Per definire il suo ruolo lo si può considerare tornante di fascia sinistra (è solo mancino), che interpreta il ruolo in un modo tutto suo, e per il momento risultante vincente. La caratteristica che subito si evince osservando il giocatore è la sua leggerezza, ma al contempo l'armonia del suo tocco di palla col sinistro, che gli permette quasi senza mai cambiare passo di avere una velocità ed un'agilità in grado di mettere in difficoltà sempre gli avversari che incontra nell'uno contro uno. Pur non usando il destro è imprevedibile proprio per la facilità con cui riesce a cambiare direzione usando solamente il sinistro. Ma Martinho è un peperino di fascia completo: ottima tecnica, bravissimo nei cross, ottimo tiro, mai macchinoso, e soprattutto che gioca per la squadra, sempre. Ciò che inoltre sorprende di lui è la grinta e le determinazione, non appariscente ma efficace. Quelle poche volte che perde la palla, infatti, nonostante il sangue brasiliano, è portato sempre ad andarsela a riprendere. Ed infatti, stranamente per uno col suo fisico, è bravissimo anche nella fase difensiva, pur essendo definito come un esterno con più spiccate doti offensive. E soprattutto è uno che corre, perchè gli piace correre. Alla domanda su quale ruolo preferisse lui ha risposto:"A me piace di più il terzino perchè faccio entrambe le fasi, corro di più e partecipo di più alla partita". Risposta non da tutti, in un calcio diventato troppo fisico in cui si vuole guadagnare di più cercando di stancarsi di meno. Una cosa è comunque certa, che qualunque sia il ruolo nel quale venga impiegato, lui dà sempre il massimo, e se continua così, farà davvero le fortune del Verona, che detiene il diritto di riscatto del giocatore ed è pronto a portarselo in A, per far sì che Martinho possa ultimare la sua rivincita verso i suoi allenatori che non lo avevano tenuto in considerazione. Con la solita naturalezza. E i tanti chilometri macinati.