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Alluvione, il dossier Gargano: “Non è stata una catastrofe inattesa”


Alluvione, il dossier Gargano: “Non è stata una catastrofe inattesa” nov 19, 2014 Redazione Cronaca, Notizie 0I primi risultati sull’inchiesta post alluvione parlano chiaro: le prime cause del disastro sono la mano dell’uomo e la distrazione delle istituzioni che hanno concesso condoni anche dove non potevano.
“Disastro colposo”: secondo la procura di Foggia, che da qualche settimana ha a disposizione l’informativa dei Carabinieri e della Guardia Foresta, questo è successo nel Gargano. E’ quanto riporta il quotidiano ‘Repubblica’ che spiega “perché non è stata una catastrofe inattesa quella che a settembre ha messo in ginocchio il Gargano”.Le cause del disastro. A causare quell’inferno che ha portato distruzione e morte (nelle zone battute dall’alluvione hanno perso la vita Antonio Facenna, il giovane agricoltore di Carpino, e Vincenzo Blenx), sono stati prima di tutto l’intervento dell’uomo e le istituzioni che hanno concesso condoni dove non potevano. Già dai primi rilievi effettuati dai carabinieri del comando provinciale di Foggia e dagli uomini del Corpo Forestale dello Stato nelle scorse settimane, sono risultate 50 strutture abusive realizzate a ridosso dei canali di deflusso delle acque piovane, nella zona di Peschici e Vieste.Perché erano lì. Strutture che hanno invaso una parte dei canali di scolo e case costruite nell’alveo della lama. In alcuni casi questi interventi sono stati completamente abusivi. I proprietari, infatti, circa una dozzina, sono stati denunciati. In altri casi invece le opere sono state realizzate in maniera del tutto legittima perché l’amministrazione ha concesso il condono ai relativi proprietari, condono rilasciato sulla base di pareri favorevoli di altri enti. In un caso l’intervento sarebbe stato persino finanziato con i soldi pubblici.Canali utilizzati come strade. Ad essere fuori posto non erano solo le costruzioni. Alcuni canali venivano utilizzati come vere e proprie strade, “circostanza questa – come spiegano gli investigatori – che ha reso ancora più gravi le conseguenze dell’alluvione”. Le strade correvano, infatti, lungo parti del territorio particolarmente scoscese:“Appena è venuta giù l’acqua – continuano gli inquirenti – si è creato un effetto cascata che è stato letale”.Le indagini continuano. Le verifiche non si esauriscono qui. Gli inquirenti stanno ancora acquisendo atti e documenti nei comuni di Vieste, Peschici, Carpino e nei consorzi di Bonifica Montana e di Capitanata, a cui è affidata la gestione di questi ca¬nali. Non è escluso che nell’inchiesta venga travolto chi aveva il compito, oltre che il dovere, di controllare.La manutenzione dei canali. Un altro fattore che ha contribuito a provocare il disastro riguarda lo stato dei canali. Dodici quelli oggetto del controllo degli inquirenti, alcuni dei quali erano in pessime condizioni. Oltre ai tombini non in regola, il problema riguarda soprattutto le opere per la messa in regime delle acque (attraverso interventi idraulici all’interno delle acque o la realizzazione di briglie). Opere che non sarebbero state realizzate secondo le corrette modalità e con materiali idonei. Una pratica questa molto in uso. Non a caso sul tavolo della Procura di Foggia c’è già un’altra indagine riguardante opere realizzate per contrastare il dissesto idrogeologico in alcuni comuni del Sub Appennino Dauno, come Biccari. Il meccanismo è sempre lo stesso: a fronte di investimenti milionari sarebbero state realizzate opere incomplete o non come previste dal progetto, come pozzi meno profondi del previsto e quindi inutili.L’incendio del 2007. A tutto questo si aggiunge un’altra indagine. Al vaglio degli inquirenti c’è quello che è successo nella zona di Peschici e Vieste dopo il grande incendio divampato nell’estate del 2007. Sebbene una legge lo impedisse, sono state realizzate costruzioni proprio lì, dove è passata la lingua del fuoco. A denunciarlo è Legambiente. Poi un’indagine della procura di Lucera lo scorso anno ne spiegò il meccanismo: coloro che subirono danni alle proprie strutture dichiaravano la distruzione di un numero molto maggiore di metri quadri in modo da poter “allargarsi” senza richiedere ulteriori permessi.La Redazione