Il Gargano disse che

Manfredonia, la difficile ricerca della felicità: ‘Lo zoo di vetro’


 Manfredonia, la difficile ricerca della felicità: ‘Lo zoo di vetro’"Una piece toccante, che coinvolge e fa riflettere sulla fugacità della vita"
Gli attori durante l'incontro con il pubblico (AP)Di: Annapina Rinaldi Manfredonia – LA prima volta che, senza conoscerlo, si va a teatro a vedere “Lo zoo di vetro” di Tennessee Williams, supportati solo da trame e recensioni scovate sul web, quasi sicuramente ci si siede in poltrona aspettandosi un’ora e più di noia e piagnistei, ingredienti inevitabili dalla storia di una famiglia infelice incapace (o quasi) di uscire dalla sua condizione di infelicità. Si valuta seriamente l’ipotesi di fuggire via alla fine del primo atto, se non fosse che la versione del dramma diretta da Arturo Cirillo, andata in scena ieri sera al Teatro Lucio Dalla è un lungo atto unico, e scena dopo scena coinvolge sempre più senza annoiare e lasciandoti (volentieri) incollato alla poltrona.Siamo negli anni Quaranta, nel Sud degli Stati Uniti, ma potremmo essere in un “sud” o in una periferia qualsiasi, in un anno qualsiasi dell’epoca postmoderna (contemporaneità compresa). Amanda (Milvia Marigliano) è un tempo ragazza vivace e frivola, circondata da decine di corteggiatori che ricorda ossessivamente con orgoglio e nostalgia,è oggi la moglie di un affascinante operaio della società dei telefoni, talmente innamorato delle distanze, che ha finito per andarsene lontano lasciandola sola con due figli da crescere. E’ la classica mamma chioccia che per troppo amore soffoca i suoi figli, impedendo loro di esprimersi ed essere loro stessi e opprime le loro intime aspirazioni con i sogni che lei ha per loro.I suoi “bambini” Tom e Laura sono due “ex giovani” cresciuti, ormai senza più età e senza un posto nel mondo. Tom, protagonista e narratore della storia, magistralmente interpretato da Arturo Cirillo, è un magazziniere col sogno inespresso di diventare scrittore, pochissimi amici e una grande passione per il cinema, unica valvola di sfogo per le sue frustrazioni e la sua voglia di libertà e avventura, perennemente insoddisfatta nella vita “reale”. Laura (Monica Piseddu) è invece una “ragazza di casa” timidissima e spaurita. Ha paura di se stessa e della sua leggera zoppia, ha paura delle prove della vita e inganna la madre disertando il corso di dattilografia a cui lei l’aveva iscritta, ha paura delle relazioni intime e infatti non ha mai avuto un corteggiatore. I suoi unici interessi sembrano essere una collezione di animaletti di cristallo (lo zoo di vetro del titolo) ed i dischi lasciati alla famiglia dal padre lontano. Ecco che Cirillo mette l’impianto fonico direttamente sul palco e per mano degli stessi attori fa suonare le canzoni di Luigi Tenco, specchio del mancare agli appuntamenti della vita.“Sistemare” la “dolce e indifesa” Laura, incapace di fare carriera, con un buon marito diventa presto l’ossessione di Amanda. Lei vuole evitare alla figlia una vita da “zitella”, prima che il futuro diventi presente, il presente passato e il passato rimpianto”. Tuttavia non riesce ad aiutarla concretamente, principalmente perché non accetta Laura per quella che è, con tutti i suoi problemi di disadattamento.L’ambiente domestico/famigliare è per questi tre personaggi un’isola fuori dalla realtà e una prigione che non abbandonano mai: infatti non esistono quinte in questo spettacolo e gli attori restano sul palco, in disparte ma ben visibili, anche quando li si immagina fuori dalla scena. Amanda e i suoi figli, sono incapaci di dialogare sinceramente fra loro ed i tormenti interiori si trasformano, quasi in odio reciproco, che dà vita a litigi di grande effetto, talmente drammatici da risultare grotteschi e umoristici in senso pirandelliano (riso derivante dal “sentimento del contrario”). Il rapporto tra Tom e Laura è invece simbiotico, quasi un’alleanza contro la figura ingombrante della madre, ma risulta poco costruttivo per entrambi, essendo fatto solo di silenzi e lunghi abbracci.A rompere l’isolamento della famiglia, ci prova, unico ad entrare e uscire dalla scena,Jim, amico (piuttosto superficiale) e collega di Tom, invitato a cena in seguito alle pressioni di Amanda, alla disperata ricerca di un giovane da presentare a Laura. Ma Laura Jim lo conosce già: è stato forse l’unico ragazzo che ai tempi del liceo, in un passato lontano che lei ricorda come fosse ieri, le ha fatto battere il cuore. Jim appare brillante, ottimista, ambizioso, ma è solo una reazione alla sua condizione di “promessa non mantenuta”: da adolescente sembrava infatti destinato ad arrivare lontano, invece oggi ha un impiego simile a quello di Tom. Bellissima la scena in cui insegna a Laura a conoscere se stessa e impara a conoscerla a sua volta. La ragazza per la prima volta vede nelle sue debolezze dei possibili punti di forza, Jim apprezza la sua “diversità” come nessuno aveva mai fatto e lo spettatore si sorprende in trepida attesa dell’inaspettato finale romantico finchè…la realtà non entra prepotentemente, forse per la prima volta, nell’isola di illusioni costruita da Williams.L’ultima scena è un ulteriore e litigio fra e Tom e la madre, l’ultimo: il ragazzo, come già suo padre, decide di imbarcarsi e abbandonare ciò che resta della famiglia e ad Amanda non resta che prenderne atto. Tuttavia la libertà e le avventure lontano dalla “prigione familiare” non saranno per Tom sinonimo di felicità e realizzazione.Trattenendosi a conversare con il pubblico in sala, Cirillo e gli altri attori hanno messo in evidenza l’attualità dello spettacolo di Williams. Il “sentimento del tempo” dilatato e deformato a dismisura, fa si che ad interpretare Laura e Tom, originariamente ventiseienni, siano due attori ultraquarantenni, ad indicare come spesso si perda la giovinezza alla ricerca, non sempre fortunata, della propria strada. Milvia Marigliano è invece molto più giovane dell’Amanda originale, a sottolineare come la madre, da lei stessa definita un personaggio “antieroico e straziante” sia contemporaneamente adulta e bambina. Una piece toccante, che coinvolge e fa riflettere sulla fugacità della vita e su quanto sia difficile, e contemporaneamente imprescindibile, non aver paura di cercare e trovare la propria felicità e il proprio posto nel mondo.(A cura di Annapina Rinaldi – aprinaldi@alice.it)Redazione Stato