Il Gargano disse che

Addio Don Antonio Gentile, va via da Rignano un grande prete ed educatore


 Addio Don Antonio Gentile, va via da Rignano un grande prete ed educatoreIl 30 agosto del medesimo anno tenne la sua Prima Messa nella Chiesa Matrice di Rignano
don AntonioDi: Redazione Tweet Rignano Garganico. Accolta con grande dolore e commozione, la morte di un suo concittadino illustre, a Rignano garganico. Si tratta di don Antonio Gentile, classe 1939, salesiano dal 1954. Il tutto è accaduto all’improvviso presso la Casa Salesiana di Molfetta. A scoprire, qualche ora fa, il suo corpo senza vita nella stanza dove dimorava erano stati i suoi stessi confratelli, preoccupati della sua prolungata assenza. Lo scomparso, era uno dei superstiti della numerosa schiera dei figli di don Bosco, originari di questa terra, che negli anni migliori arrivò a contare decine e decine di allievi e una quindicina di sacerdoti. Nipote prediletto di Don Angelo Gentile, sommo educatore e maestro dei seguaci di Don Bosco della prima ora, unitamente al fratello Don Michele, ingegnere e missionario a Tirana. Fu ordinato il 9 febbraio 1964 nella Basilica Maria Ausiliatrice di Torino, con la imposizione delle mani del servo di Dio Mons. Giuseppe Cognata. Il 30 agosto del medesimo anno tenne la sua Prima Messa nella Chiesa Matrice di Rignano. Laureato in Lettere, ha diretto ed ha insegnato in diversi Istituti salesiani del Centro – Sud. Da alcuni anni operava a Molfetta. Ma non per questo, trascurava la sua terra natale. Anzi, la raggiungeva ad ogni piè sospinto ed occasione, specie quando si trattava di commemorazioni e incontri culturali, di cui diventava puntualmente protagonista ed animatore. Don Antonio ha scritto parecchio.È stato curatore, assieme al compianto don Antonio Miscio di San Giovanni Rotondo dei vv.: Don Angelo Gentile, un esempio: la sua vita, 2000; Una vita secondo il cuore di Don Bosco, 2009. Per di più è stato oculato, quasi pignolo, correttore di bozze del v. di chi scrive: “Don Leonardo Cella / Dal paese al mondo salesiano”, e-book, Roma, Maritato Group, 2012. In occasione del 50° anno di sacerdozio, sia Rignano G., sia Molfetta, lo hanno festeggiato in pompa magna, oltre che con la Santa Messa Solenne di ringraziamento, concelebrata nella Chiesa Matrice “Maria SS. Assunta” da don Fausto Frisoli, con la presentazione dei libri scritti dal fratello Paolo: “In Rignanese si Dice/va” alla sua seconda edizione, illustrato dalla prolifica artista Arcangela Campaniello; “Saggezza Popolare…/ detti. proverbi e modi di dire rignanesi”. Parecchi mesi dopo (precisamente il 31 gennaio c.a.) si è ripetuta l’Unione molfettese “ex Allievi di don Bosco”, che ha festeggiato, unitamente all’intera comunità diocesana, il suo delegato spirituale, don Antonio, ringraziandolo, in particolare, non solo per la sua opera di assistenza spirituale e per le sue qualità umane, ma anche per la cura e la dedizione da lui mostrata verso i giovani, l’opera salesiana di Molfetta e la comunità di San Giuseppe. Dal canto suo, Don Antonio, per l’occasione, ha usato parole che hanno commosso tutti. Infatti, “ha elogiato coloro i quali, nonostante l’età, le esperienze, continuano ancora oggi a sentirsi allievi e ad agire come tali, con slancio ed impegno, mettendoci tutte quelle qualità positive che, nonostante i tanti anni di sacerdozio, fanno sentire un prete, un salesiano, sempre vicino alla sua comunità”. Ed ora eccovi una bella pagina del succitato libro su don Cella, di cui il nostro scomparso è un protagonista non indifferente: ”Dopo alcuni anni trascorsi a Bari e a Soverato, nel settembre 1979 Don Cella era stato nominato Direttore dell’Opera Salesiana di Santeramo. Poco prima di raggiungere la nuova sede ebbe un cortese invito. Nel mese di luglio don Antonio Gentile, amico stretto e suo compaesano, si trovava a Roma impegnato come Commissario di Esami. Un confratello polacco gli aveva passato alcuni biglietti per l’udienza col nuovo pontefice, Papa Wojtyla, eletto nell’ottobre dell’anno precedente. Il pensiero di don Antonio andò subito all’amico don Leonardo che operava ancora a Soverato in Calabria. Gli chiese se poteva e voleva venire a Roma all’udienza del Papa in piazza san Pietro. Don Leonardo, di buon grado, accettò. Nel pomeriggio di mercoledì 18 luglio, don Leonardo e don Antonio erano insieme attestati in un settore alquanto prossimo alla transenna dove si presumeva che sarebbe passato il Papa a salutare i fedeli. C’era tanta ressa. In quel settore alcuni turisti del Sudafrica cercavano di difendere la postazione conquistata presso la transenna. Felice, don Leonardo se la sbrigava benissimo nel suo Inglese con la gente di colore che gli stava da presso.Quando i sudafricani notarono la sua dizione priva di inflessioni sudafricane, presero ad isolarli e ad impedire il loro avvicinamento alla transenna. Don Antonio, più scanzonato e forse memore del detto paesano: “Chi te’ facce, ce marite!” , non demordeva e a gomitate si faceva avanti tra i Sudafricani, voltandosi di tanto in tanto per assicurarsi di essere seguito dal più sprovveduto e serioso compagno di avventura. Col tempo entrambi raggiunsero l’agognata transenna e con fermezza difesero la posizione conquistata a forza di spintoni. Quando arrivò il Papa, don Antonio prontamente gli baciò la mano. Poi esclamò “Santità, c’è qui un mio confratello che Le vuole parlare … ”. Mentre parlava, con una mano tratteneva il Sommo Pontefice e con l’altra tirava a sé l’amico fino a che riuscì a favorire il breve colloquio. Don Leonardo prese a parlare e disse: “Santità, chiedo la benedizione! Sono un salesiano; mi hanno fatto Direttore dell’Opera di Santeramo … “ E il Papa: “Esiste ancora l’ubbidienza? Ti benedico …” Contentissimo per il felice incontro, don Leonardo non la finiva mai di ringraziare don Antonio. Il sorriso che illuminava il suo viso esternava pienamente il gaudio interiore”. Ad avviso di chi scrive, don Antonio, è un sacerdote autentico, fuori dal comune, che entra nella storia della sua città natale con la “S” maiuscola. La straordinaria portata del suo ministero ed insegnamento fa sì che egli sia stato un dono provvidenziale e una bussola sicura per la Chiesa dei nostri tempi e la comunità in senso lato, segnata da una profonda crisi di Dio e di conseguenza dalla crisi dell’uomo. Addio don Antonio, la redazione di questa testata, si unisce al dolore comune e piange la tua morte con il cuore in mano e la stima incommensurabile nella mente!(A cura di Antonio Del Vecchio, ottobre 2015)