Trabucchi sul mare i “ragni” del Gargano amati da Capossela
giovedì 04 agosto 2016 ore 11:02Le costruzioni secolari usate dai pescatori per i cefali sono diventate ristoranti e mete di visite guidate. Mimì, emigrante in Canada, a migliaia di chilometri, oceano compreso, dall'amatissimo mare di Peschici, disegnava trabucchi sui fogli. Per nostalgia: «Lo raccontava sempre mia nonna», ricorda Domenico Ottaviano, lo stesso nome di suo nonno, il "Michelangelo dei trabuccolanti", scomparso appena un mese fa. Il Trabucco da Mimì, a Punta San Nicola, amatissimo da Vinicio Capossela («viene qui a riposarsi») è uri punto di riferimento, un simbolo, frequentatissimo dai giovani che ci vanno a fare l'aperitivo al tramonto, un ristorante e ci sono anche due piccole stanze vista mare molto ambite. Mimi tornò dal Canada e prese a dare corpo a quei disegni, venti in tutto, in tutta la Puglia ma anche fuori, fino a Livorno. «Allora andava così, costruivi un trabucco ma chi te l'aveva commissionato quasi sempre non aveva tutti i soldi per pagarti e così mio nonno finiva per entrare in comproprietà. Questo è suo e già dal '75 il pescato lo cucinava per i clienti ed è stata l'intuizione giusta perché, a un certo punto, quando la pesca andava morendo, la trasformazione in ristoranti ha contribuito a salvare i trabucchi conservandone la conoscenza», ritiene Domenico, 26 anni. «Il trabucco per me è la famiglia e ora è anche il suo lavoro. Il suo futuro. Per i trabucchi qualcosa è cambiato, due anni fa una legge regionale e 200mila euro che stanno per arrivare per i restauri. A ricordarlo è Gianni Spalatro che con la onlus "La rinascita dei trabucchi" s'impegna quotidianamente e da anni per recuperarli e, soprattutto, tramandare l'ingegno antico di queste strutture lignee del secolo scorso, pensate per pescare dalla costa, fronteggiando così il mare difficile, umorale e, fino agli anni Settanta, pescoso. «I trabucchi sono nati dall'esigenza di intercettare le migrazioni - dei cefali, sistema di pesca fortunato quando c'era pesce ma quando la pesca sottocosta è andata in crisi, il trabucco che è una macchina complessa è stato abbandonato». Infatti sul Gargano, essenzialmente nel tratto di costa tra Peschici e Vieste, ce n'erano quasi 50, ora ne rimangono tracce di 16, a Vieste, Molinella, La Chianca, Punta Lunga, Punta San Lorenzo, Porticello, Torre Porticello, Punta San Francesco, La Ripa, Punta della Testa e Punta Santa Croce e a Peschici, Monte Pucci, Punta San Nicola, Furcichella, Punta Manacora, Torre Cala Lunga e Cala Lunga. Di questi circa la metà restaurati e operativi. Alcuni, come quello di Punta Manacora a Peschici, di una bellezza vertiginosa, con ristorante a strapiombo, un piccolo museo della pesca («scavato da noi, piano piano», ricorda l'istituzione del posto Rocco detto Frank, una specie di pirata garganico dall' accento milanese) che penetra la montagna e sbuca dalla roccia su una loggetta lignea sospesa sui flutti, incredibilmente. «Per noi sono un bene culturale, per questo organizziamo appuntamenti di pesca divulgativa, anche di notte». L'anno scorso sono arrivati a 8mila visite, segnalate da Lonely Planet e dal New York Times (descritte sul sito trabucchidelgargano.it) e che hanno portato all’associazione, qualche giorno fa la bandiera di Goletta Verde, come «esempio di turismo esperienziale ed emozionale». I 200 mila euro in arrivo saranno impegnati per il restauro attraverso dei bandi e per formare futuri trabuccolanti. "il trabucco"è legno sul mare» e, peraltro, assai esposto: solo qualche settimana fa, infatti, quello di Rodi Garganico ha preso fuoco. Inoltre, è struttura atipica che insiste sul territorio del demanio e, mentre a Vieste sono state attivate concessioni demaniali, a Peschici non ancora. Anche Gianni Spalatro, figlio del trabuccolante Vincenzo, costruttore dei trabucchi di Punta Santa Croce e di Punta San Lorenzo, ha un sogno: «Lasciare il mio lavoro e mettermi a ricostruire trabucchi». Antonella Gaetabarirepubblica