Il Gargano disse che

Corriere della Sera/ L’uomo che guarda i Trabucchi. Quelle vite in equilibrio sul mare.


Corriere della Sera/ L’uomo che guarda i Trabucchi. Quelle vite in equilibrio sul mare. StampaEmail 
 Presidi secolari dell’Adriatico pugliese, queste strutture in legno stanno rivivendo grazie ad associazioni locali che li studiano e li preservano dal degrado. E ci sono persone incaricate di osservarle da vicino. Come in un romanzo di Hemingway.Solo chi le osserva da vicino può intuire quanto siano complicate e affascinanti queste macchine da pesca pugliesi, chiamate Trabucchi. Inven­tate nella notte dei tempi. Praticamente da quando l'uomo ha avvertito la necessità di sfamar­si. Poi, col passare dei secoli, lavorare sulla palafitta-tra­bucco è diventato un mestiere: allo stesso tempo, duro meraviglioso, e grazie al quale, fino a quarantanni fa, riu­scivano a vivere dignitosa­mente persino cinque famiglie di pescatori. «Prima dell'arrivo dei pescherecci, che ti svuotano ra­pidamente il mare e si muo­vono dritti verso le loro prede a colpo sicuro, utilizzando i radar», racconta Anna Ranieri trabuccolante di seconda generazione, dopo suo padre, Michele Elia, il quale le rac­contava spesso dei trecento chili di pesce magicamente restituito dal mare in un solo giorno. Anna è l'unica donna oggi a pescare a più di dieci metri d'altezza, sul dorso di questi giganti costruiti con le­gno, corde e fil di ferro. Per la verità, tra Vieste e Peschici, sul promontorio del Gargano, i trabuccolanti si possono contare sulle dita di una ma­no. Ecco perché, a difesa di questa professione e soprat­tutto dei loro antichi presidi di cultura marinara (un tem­po, ce n'erano almeno una ventina), sei anni fa è nata l'associazione «La Rinascita dei trabucchi storici». Sono loro che gestiscono, dal 2013, la concessione dei trabucchi. «Da scrivere con la u e non con la o: quelli sono i trabocchi d'Abruzzo», spiega Matteo Silvestri, vicepresidente della onlus viestana. «Le differenze tra i nostri trabucchi e quelli abruzzesi sono an­che nelle misure: il trabucco possiede due argani rispetto al trabocco e anche la rete larga fino a seicento metri quadri, è molto più grande di quella abruzzese», aggiunge l'ingegnere, nipote del trabuc­colante della macchina monumentale di Testa del Gargano. Cosa non da poco quando si è trattato dì rispondere alla richiesta di un amico. «Un giorno, mi ha telefonato Gio­vanni Spalatro, presidente dell'associazione, chiedendo­mi se potessi occuparmi del­l'aspetto strutturale dei Tra­bucchi. Mi sono ricordato di mio nonno e gli ho detto di getto: ci sono», racconta Sil­vestri, pensando a quando per lui, vent'anni fa, da bambino, i trabucchi erano semplice­mente degli straordinari trampolini dai quali tuffarsi in mare. L'ingegnere ha riportato sul computer una serie di tabelle e numeri utili per in­dagare come e perché i trabucchi si mantengono in pie­di. Pura teoria, nel momento in cui si è ritrovato nell'antro del trabucco di Molinella, tra i sei gestiti dall'associazione, e l'unico perfettamente fun­zionante dopo un accurato restauro: «Ho visto da vicino quei ventiquattro pali di castagno stagionato, alti sei sette metri, sul quali si poggia il ponte, la parte nevralgica. del trabucco e lungo al massimo una decina di metri. Poi, più in alto, sopra, c’era la balconata e infine i due argani, detti 'ciucci', perché costituiscono il tronco intorno al quale si muovono le braccia, le antenne che reggono le grandi reti da pesca». Una vera e propria sfida alla natura da parte dei maestri d'ascia, raccolta dai ragazzi della Rinascita dei trabucchi. «Nei weekend di novembre e dicembre scorsi, inserendoci nel cosiddetto Piano strategi­co Puglia365, dedicato alla destagionalizzazione del turi­smo, abbiamo organizzato delle visite guidate con dimo­strazioni di pesca sui tre Tra­bucchi storici, da San Loren­zo, il più antico, con i suoi l30 anni, a Punta Lunga, fino a Molinella. Su quest'ultimo, in un anno e mezzo sono saliti poco meno di settemila visita­tori», dice Silvestri, il quale si augura di ripetere lo stesso successo sul trabucco di Pun­ta Lunga, gestito da Anna Ra­nieri fino all'inverno scorso, prima che una fortissima ma­reggiata ne distruggesse an­tenne e alberi. « Il restauro si concluderà in primavera: siamo a metà dell'opera e sono già stati spe­si dodicimila euro: una grossa mano ce l'ha data un impren­ditore locale», osserva la tra­buccolante di Vieste, il cui so­gno è tramandare alle nuove generazioni la sua professio­ne: «Mio nipote, Nicola, è un ragazzo molto calmo e pa­ziente, doti indispensabili in questo lavoro: lo vedrei molto bene mentre cala la rete e muove i due argani sul ponte». Peppe Aquarocorriere della sera