Il Gargano disse che

Carpino/ Dieci anni fa moriva Don Francesco Gramazio


Carpino/ Dieci anni fa moriva Don Francesco Gramazio StampaEmail 
       Nel Vespero di Sabato 24 Agosto, nella Chiesa di “San Cirillo d’Alessandria”, la Comunità parrocchiale di Carpino, e non solo, ha ricordato il suo Sacerdote e Parroco don Francesco Gramazio che ci lasciò 10 anni orsono. La concelebrazione Eucaristica in suffragio è stata presieduta dall’Arcivescovo Mons. Padre Franco Moscone, unitamente al Parroco don Tonino Di Maggio, al Vice Parroco don Michele Abatantuono, all’ex Parroco don Celestino Jervolino e alcuni altri Sacerdoti giunti dalla Diocesi. Presenti ovviamente, oltre ai suoi familiari più cari, numerosi amici e fedeli. Nella sua omelia, Mons. Padre Franco, che non lo ha conosciuto in quanto insediatosi nella Diocesi Sipontina da pochi mesi (non aveva avuto modo di conoscerlo neppure il predecessore e compianto Mons. Castoro) ha posto l’accento sulla mitezza e umiltà di cuore (Mt. 11) di don Francesco che fu una sua prerogativa di vita nella sua esistenza terrena. E’ l’esperienza stessa di Gesù, non semplice ma che non vuol dire neppure “debolezza”, ma così si è autenticamente suoi testimoni e don Francesco, a maggior ragione, questa esperienza l’ha vissuta nella sua vocazione sacerdotale. Nel commento della prima lettura (Is. 66, 18-21) Mons. Arcivescovo ha sottolineato che un prete è tale perché è “missionario”, mandato ad unire e ad annunciare, e mai a dividere, per costruire il Regno di Dio già qui sulla terra. Nel concludere il suo breve intervento, Padre Franco ha constatato la popolarità di don Francesco attraverso la partecipazione numerosa di fedeli che hanno gremito la piccola Chiesa di San Cirillo ed ha affermato che in questa giornata anch’egli ha così potuto “conoscere” don Francesco.    Alcuni tratti della breve ma intensa e significativa vita terrena di don Francesco, che, ricordo, morì a Biella all’età di 59 anni a causa di seri problemi cardiovascolari (e da tempo era in attesa di un trapianto del cuore). Don Gramazio fu ordinato Sacerdote dall’ Arcivescovo di Manfredonia Valentino Vailati il 5 Gennaio 1975, nella Chiesa Madre di “San Nicola di Mira” in Carpino. Come si ricorderà, dopo la sua ordinazione don Franco, come ormai tutti lo chiamavano amichevolmente e confidenzialmente, fu nominato Vice Parroco presso quella stessa Chiesa (Parroco don Agostino Rinaldi). Nel 1987 venne nominato Parroco della Chiesa di “San Cirillo d’Alessandria” (il 2° Parroco dopo il ritiro per limiti di età di don Antonio Sacco). Insegnò “Religione” per diversi anni presso il locale Liceo Scientifico di Carpino dove lasciò un grande ricordo di se tra studenti e colleghi. Nel 1992, proprio trovandosi nella sua Chiesa di “San Cirillo”, ebbe un grave malore e da allora iniziò per don Francesco il suo personale calvario legato alla sua salute che non fu mai più quella di prima. Nel Settembre del 1995 fu costretto a lasciare l’incarico di Parroco in “San Cirillo”, e quello dell’insegnamento al Liceo, per assumere, sempre sotto costanti cure e controlli medici, quello meno gravoso di Parroco di “San Salvatore”, nella frazione “Montagna” di Manfredonia. Successivamente, per brevi periodi, don Francesco fu anche Parroco presso la Chiesa di “San Francesco” in Cagnano Varano e alle Isole Tremiti. Nel periodo in cui fu Parroco a “San Salvatore”, fino al 2003, svolse anche l’incarico in Curia, affidatogli dall’allora Arcivescovo Vincenzo D’Addario, di “Cancelliere Arcivescovile”, addetto all’Ufficio Diocesano per le Pratiche Matrimoniali e quello del Sito Informatico della stessa Curia. Gli fu affidato anche il non facile compito di Padre Spirituale presso il Seminario Arcivescovile “Sacro Cuore” di Manfredonia. E nella città sipontina ricoprì anche l’incarico di Cappellano presso la Casa di Riposo per Anziani “Anna Rizzi” che si trova proprio nelle adiacenze del Seminario.          Tutti quelli che lo hanno conosciuto e lo hanno incontrato nella loro vita ricordano sempre la figura di don Francesco Gramazio che è rimasta nei loro cuori. Lo si ricorda lui giovane in mezzo ai suoi giovani della Comunità Parrocchiale presso la Chiesa Madre di San Nicola, una esperienza che non si è più cancellata nel ricordo di tutte quelle persone che ne fecero parte, e che iniziò già quando lui era ancora solo un Seminarista. Ci si ricorda di questo nostro Sacerdote, della sua autentica vocazione innanzitutto e poi la sua vita come dire “nascosta”, discreta, riservata, umile, ma fortemente presente nella Chiesa e nella società civile e culturale carpinese, che seppe diventare ed essere strumento nella mani di Dio il quale ha bisogno sempre di “…operai per la sua vigna…” (Luca 10, 1-5 e l’Enciclica di Papa Giovanni Paolo II “Novo millenio ineunte” per la promozione delle vocazioni sacerdotali) e don Franco è stato uno di questi, instancabile nella sua vita testimoniale, accettando e donando la sua sofferenza (non solo dal punto di vista della sua salute fisica), anche nei momenti più difficili e più delicati abbracciando e portando fino alla fine la sua Croce. Don Francesco, prima della sua dipartita al cielo espresse questi desideri: quello della donazione delle cornee e chiese non fiori alle esequie e sulla sua tomba, ma che il denaro venisse destinato per “Borse di Studio” per i suoi ragazzi del Seminario di Manfredonia. Per il suo temperamento amabile, silenzioso, umile coerente ed esemplare, don Francesco era molto stimato ed apprezzato da tutti quelli che lo hanno conosciuto ed incontrato, sia nell’ambito della Chiesa e sia anche da parte di non credenti. In tutti, come si è accennato, è rimasto il ricordo sereno e pieno di fede con cui egli affrontò la malattia, tanto che nel retro della sua immagine a ricordo, che fu distribuita alle esequie, e sulla sua tomba, oltre alle date della nascita e della morte volle che venissero scritte anche queste parole del presbitero Giovanni Maria Vianney, noto come il “Santo Curato d’Ars” (di cui il 4 Agosto scorso ricorreva il 160° della morte): “Essere amati da Dio, essere uniti a Dio, vivere alla presenza di Dio, vivere per Dio: che bella vita!...e che bella morte!”.                                                                                                                                                                     Mimmo Delle Fave