Il Gargano disse che

Puglia, il virus non è nell'aria, ma «no» agli assembramenti La ricerca di Cnr, Ca’ Foscari e Istituto Zooprofilattico a Lecce


Puglia, il virus non è nell'aria, ma «no» agli assembramentiLa ricerca di Cnr, Ca’ Foscari e Istituto Zooprofilattico a Lecce e Venezia Marisa Ingrosso22 Novembre 2020   
Daniele Contini - Isac-CNR Lecce   AAA    «Sì» alle passeggiate all’aperto, «no» allo struscio di massa. È questa, in estrema sintesi, la conclusione cui è giunta la ricerca scientifica multidisciplinare di Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima Isac-Cnr, Università Ca’ Foscari Venezia, Cnr-Isp e Istituto zooprofilattico sperimentale della Puglia e della Basilicata. Come spiega Daniele Contini, dirigente di ricerca Cnr-Isac sede di Lecce, questo virus (come gli altri che si diffondono per via area), «può “galleggiare” nell’aria e noi dobbiamo capire in quali condizioni ce ne è di più, per prendere i giusti provvedimenti». A questo scopo, durante il mese di maggio, gli scienziati hanno studiato la presenza del virus, all’aperto, a Lecce e a Venezia-Mestre, setacciando particelle piccolissime su cui poteva essersi “attaccato” il SARS-CoV-2, nell’ambito di un progetto denominato «AirCov» (che potremmo tradurre «AriaCovid»). «Il nostro studio ha preso in esame due città a diverso impatto di diffusione: Venezia-Mestre e Lecce, collocate in due parti del Paese (nord e sud Italia) caratterizzate da tassi di diffusione del COVID-19 molto diversi nella prima fase della pandemia», spiega Contini. «Durante la prima fase della pandemia – sottolinea in una nota il Centro nazionale delle ricerche (Cnr) - la diffusione del SARS-CoV-2 è stata eccezionalmente grave nella regione Veneto, con un massimo di casi attivi (cioè individui infetti) di 10.800 al 16 aprile 2020 (circa il 10% del totale dei casi italiani) su una popolazione di 4,9 milioni. Invece, la regione Puglia ha raggiunto il massimo dei casi attivi il 3 maggio 2020 con 2.955 casi (3% del totale dei casi italiani) su una popolazione di 4,0 milioni di persone. All’inizio del periodo di misura (13 maggio 2020), le regioni Veneto e Puglia erano interessate, rispettivamente, da 5.020 e 2.322 casi attivi». La potenziale esistenza del virus SARS-CoV-2 nei campioni di aerosol analizzati, afferma il Cnr, è stata determinata raccogliendo il particolato atmosferico di diverse dimensioni dalla nanoparticelle al PM10 e determinando la presenza del materiale genetico (RNA) del SARS-CoV-2 con tecniche di diagnostica di laboratorio avanzate. «Lo studio e l’applicazione di metodi analitici sensibili con l’utilizzo di piattaforme tecnologicamente avanzate permettono, oggi, di rilevare la presenza del SARS-CoV-2 anche a concentrazioni molto basse, come potrebbe essere negli ambienti «outdoor» (all’aperto; ndr) e «indoor» (al chiuso; ndr), rendendo la diagnostica di laboratorio sempre più affidabile», dice Giovanna La Salandra, dirigente della Struttura ricerca e sviluppo scientifico dell’Izspb. «A Lecce, più centraline sono state messe all’Osservatorio climatico ambientale del Campus - continua Contini - Stessa cosa abbiamo fatto a Venezia. Volevamo anche vedere se ci sono differenze di virus in aria tra Nord e Sud, perché era stato ipotizzato che questa differenza avesse impatto sui diversi “numeri” del contagio della prima ondata. Tutti i campioni che abbiamo preso, sia qui sia in Veneto, però, sono risultati negativi, cioè non c’era virus rilevabile. Se ci fosse, sarebbe al di sotto del limite soglia indicato». Secondo lo scienziato, «le concentrazioni di virus in aria sono bassissime, se ci sono, e sono tali da rendere praticamente impossibile il contagio». Diverso lo scenario, ancorché all'aperto, nel caso di raduni di persone. «Ora gli assembramenti sono vietati – sottolinea Contini - ma ci sono studi che hanno fatto misure, in Cina, nella prima fase dell’epidemia, da cui risulta che ci possano essere concentrazioni più elevate. Ecco perché, per precauzione, diciamo di evitare gli assembramenti». «Ora stiamo proseguendo questo studio in diversi ambienti al chiuso. Stiamo facendo una raccolta di campioni in vari tipi di ambienti di comunità, come centri commerciali, mense, stazioni dei treni in diverse città, tra cui anche a Lecce, per vedere se ci sono forse concentrazioni più alte. Questo studio – conclude Contini - è partito la settimana scorsa. Per avere dati statisticamente sufficienti c’è bisogno di un mese di raccolta di campioni e poi dobbiamo studiarli, analizzarli, quindi ritengo a che a fine anno o inizio anno nuovo avremo le risposte che cerchiamo».