MANFREDONIA/ UN PROGETTO PER IL RILANCIO DEL PORTO. BEN 300MILIONI DI INVESTIMENTI PRIVATI PER 200 POSTI.
È stato il Gargano la stella cometa che ha guidato la Seasif verso Manfredonia. Quando si dice il caso. Nel luglio scorso Franco Favilla, fondatore e patron illuminato della Seasif Holding, una multinazionale operante in diversi Paesi con attività in vari settori, dall’assicurativo, all’immobiliare, alla produzione e vendita di commodities fino all’oro, si trovava in vacanza sulla “montagna del sole” quando passando per Manfredonia si imbattè con lo sguardo su quel lungo braccio luccicante che dalla costa si proietta nel mare del golfo.Una folgorazione per Franco Favilla convinto assertore della validità degli scali portuali quali volano di progresso e sviluppo. Le informazioni assunte sulla struttura lo hanno portato a scoprire quello che cercava da tempo, un porto dotato di nastri trasportatori e per di più con un retroporto “zona economica speciale”. E inoltre la strategica posizione del porto immerso nel corridoio dell’Adriatico nel quale navigano migliaia di navi l’anno. Insomma, qui su queste sponde al riparo del promontorio garganico c’erano belle e pronte le condizioni tecniche e ambientali che l’ingegner Favilla aveva in mente e che era disposto a creare ex novo all’estero. Occorreva solo concertarle e metterle in uso. Finalmente un estimatore di una ricchezza di grande pregio rimasta ignorata.Quando la mente di un imprenditore sviluppatore lungimirante gira, le tessere del puzzle si inseriscono automaticamente. Per quel porto e relativa area di servizio rimasti colpevolmente rattrappiti dopo una lunga stagione di pulsante attività economica, l’intraprendente capitano d’industria aveva elaborato il suo puzzle. Il progetto industriale da realizzare a Manfredonia, era peraltro già nei programmi della Seasif: un impianto per la lavorazione della “Bentonite”, un minerale dai molteplici usi, dall’industriale al farmaceutico. Un sito su cui investire oltre trecento milioni di euro (privati) comprensivi della riattivazione dei nastri trasportatori inattivi da sempre e neanche collaudati. Nell’area Zes retroportuale lo stabilimento di trasformazione con 1.250 metri quadrati per deposito all’aperto e magazzini per 15mila metri cubi di prodotto; il porto base per oltre il centinaio di navi che trasportano dall’estero la Bentonite. Un movimento di articolata dimensione per supportare il quale occorreranno inizialmente duecento addetti (una lista è stata già pubblicata, alla richiesta dell’azienda hanno risposto in settecento). Rilevante e articolato l’indotto.Un progetto di grande respiro assolutamente sostenibile che va a valorizzare uno scalo marittimo di cospicuo valore tecnico in procinto di importanti interventi strutturali predisposti dall’Autority portuale, e a togliere dalle ortiche una consistente area retroportuale immaginata per grandi progetti ma rimasta in eterna attesa, il progetto è stato sottoposto al vaglio delle autorità di riferimento, vale a dire l’Autorità del sistema portuale del mare Adriatico meridionale che ha completato l’iter istruttorio per quanto concerne la disponibilità del porto, con la pubblicazione dell’avviso pubblico e rinvio alla Commissione consultiva; e l’ASI di Foggia per la Zes e i nastri trasportatori per i quali occorre risolvere alcuni aspetti non tanto tecnici (la Seasif si accolla tutti i costi di riattivazione dell’impianto) quanto piuttosto di competenze. Prima che arrivasse la Seasif, l’Autority portuale aveva emesso un decreto di sgombero di quell’impianto che il Tribunale di Foggia ha chiarito che la proprietà è dell’Asi di Foggia. L’auspicio non solo del mondo legato alle attività portuali, è che finalmente si metta mano ad una produttiva politica economica valorizzando le importanti risorse disponibili.