Il Gargano disse che

Duello Puglia-Campania sull'Igp «Pelato di Napoli»


Duello Puglia-Campania sull'Igp «Pelato di Napoli»Nella guerra del pomodoro, asse bipartisan pro produttori dauni Michele De Feudis21 Marzo 2021   
  AAA    FOGGIA - La «Tomatina» è la stravagante festa che si svolge in Spagna nella città valenciana di Buñol a suon di lancio di pomodori. Una battaglia simile, ma meno gioiosa, è in corso tra Campania e Puglia dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del 13 marzo della richiesta di riconoscimento della «Igp del pomodoro pelato di Napoli», valutata con favore dal Ministero dell’Agricoltura. Sul tema c’è stata da parte della politica pugliese una vera levata di scudi che ha visto schierati al fianco dei produttori dauni centrosinistra e centrodestra, uniti nel nome del «rosso pomodoro locale».«La Puglia - hanno dichiarato il presidente della IV Commissione consiliare, Francesco Paolicelli (Pd), e il consigliere regionale Antonio Tutolo (Con) - non può assolutamente accettare un'onta simile. La Puglia, in particolare nella provincia di Foggia, realizza il 90% della produzione italiana, ivi compresa quella che finisce negli stabilimenti campani. Sarebbe veramente un'assurdità chiamare Napoli il pomodoro pugliese, soprattutto per tutti i produttori locali già ampiamente penalizzati dal gap strutturale del territorio in cui operano». E argomentano ancora: «Sarebbe come se volessimo intestarci la paternità della pizza Margherita solo perché tra gli ingredienti si utilizza il nostro pomodoro».  Anche la Lega è intervenuta sull’argomento, presentando una mozione per impegnare «la giunta ad attivarsi nelle forme di legge per proporre un'opposizione documentata al fine di impedire l'illegittimo utilizzo del marchio Igp, così come richiesto dal comitato promotore». Spiega il salviniano Joseph Splendido: «L’art. 6 del disciplinare di produzione recita che “tra i fattori essenziali che distinguono il pomodoro Pelato di Napoli dagli altri, un ruolo fondamentale è assunto dal know-how aziendale, tipico dell'area di produzione, dove è possibile trovare maestranze abili e altamente specializzate”, senza tenere conto che il pomodoro proviene dalla Puglia». Dura la presa di posizione di Giandiego Gatta di Fi: «Il sudore, l’amore per la terra e l’incessante “collaborazione con la natura” di uomini e donne della Puglia: è così che la nostra terra, in particolare la provincia di Foggia, è arrivata a produrre circa il 90% dei pomodori italiani e sentire oggi che un’altra Regione ambisce ad ascriversi meriti non suoi è qualcosa di assurdo ed incomprensibile. Per questo, chiediamo che la giunta esperisca ogni strada utile per ostacolare la richiesta del marchio Igp del pomodoro “di Napoli”, che in realtà è della Daunia».Il presidente di Anicav, l'associazione di categoria degli industriali conservieri, Antonio Ferraioli, rilancia la richiesta campana, rafforzando però le recriminazioni pugliesi: «L'indicazione geografica protetta “Pelato di Napoli” non riguarda assolutamente la materia prima, ma il prodotto trasformato, appunto il pomodoro "pelato". Non si fa alcun riferimento alla provenienza del pomodoro fresco, che tutti sanno venire per la maggior parte dalla Puglia. Il riconoscimento di una Igp deve essere legato ad una sola delle fasi di ottenimento del prodotto (produzione, trasformazione o elaborazione), che deve avvenire in una specifica area geografica». E quindi se il pomodoro è pugliese, perché chiamarlo «Pelato di Napoli»?