Il Gargano disse che

Reti vuote: i pescatori incrociano le braccia. Costo del gasolio raddoppiato in una settimana


Reti vuote: i pescatori incrociano le braccia. Costo del gasolio raddoppiato in una settimana  La Puglia, con i suoi 865 km di costa, vede i propri lavoratori del mare in prima linea nelle proteste. Barche ferme da Manfredonia a Gallipoli. Le associazioni di categoria chiedono un indennizzo per chi decide di non uscire in mare     
  711710 Marzo 2022 di Gianluca Coviello    Venti milioni per aiutare i pescatori italiani. È questo il primo atto che metterà in campo il governo la prossima settimana per venire incontro al mondo ittico che sta subendo pesantemente le conseguenze del rincaro dei carburanti. Si tratta di un provvedimento che interessa in Italia 12mila imprese ittiche e 28mila lavoratori in forte difficoltà, soprattutto da quando è scoppiata la guerra. La Puglia, con i suoi 865 chilometri di costa, vede i propri pescatori in prima linea nelle proteste. Molti di loro da giorni hanno deciso di incrociare le braccia perché il costo del gasolio per le imbarcazioni, passato da 0,6 centesimi al litro a 1,2 euro, rende antieconomico andare in mare. Molti di loro ieri hanno manifestato a Roma in piazza Santi Apostoli. Insieme ai rappresentanti delle marinerie italiane c’erano anche gli armatori portuali. Secondo i dati dell’Alleanza delle cooperative pesca, in questi giorni un peschereccio su due sta rimanendo in porto. Una scelta difficile perché dietro ogni pescatore c’è una famiglia. L’intervento del governo, con lo stanziamento del contributo, darà seguito agli incontri di martedì e di ieri tra le associazioni di categoria e il sottosegretario al Mipaaf Francesco Battistoni. «È stato un importante momento di concertazione – ha affermato il sottosegretario - utile e necessario per ascoltare le categorie della pesca e condividere insieme un percorso che porti al superamento delle due crisi che, insieme, stanno investendo il nostro Paese in questo momento storico: la pandemia e la guerra in Ucraina». Battistoni tornerà a incontrare i rappresentanti dei pescatori domani e, probabilmente, anche lunedì, quando verranno di fatto tirate le somme. La richiesta dei pescatori è chiara: trovare un sistema per garantire il reddito anche a chi decide di non uscire in mare. In questo modo, aumentando quelli che vengono chiamati “i giorni di fermo”, diminuirebbe la quantità di pesce pescato e, di conseguenza, aumenterà in modo controllato il costo. I maggiori introiti derivanti dal sovrapprezzo riuscirebbero a pareggiare le spese del gasolio e a garantire un utile. Pescatori e governo sono già abituati a ragionare in questa ottica: attraverso i giorni di fermo, infatti, l’Europa riesce a garantire un sostegno ai lavoratori del mare e nello stesso tempo a garantire la salvaguardia dei pesci e il rispetto del loro tempo di riproduzione. Un equilibrio delicatissimo messo in atto attraverso il Feampa, un fondo che agisce come la Pac in agricoltura (sono 518 i milioni di euro che l’Italia riceverà dall’Europa nella programmazione 2021-27). Su queste basi governo e pescatori dovranno trovare un accordo. Il rischio, però, è che a pagare il conto finale siano gli acquirenti. Meno pesce in circolazione a un prezzo più alto non può che significare aumento dell’inflazione. Anche a questo deve guardare il governo, tenendo presente che sulle famiglie italiane c’è già una forte pressione che arriva dall’aumento delle bollette, in particolare del gas. L’inflazione a febbraio è arrivata al 5,7%. Il numero di persone sotto la soglia di povertà è rimasto stabile a livello nazionale ma al Sud è passato dal 12% al 13% (dati Istat). L’equilibrio da trovare dovrà tenere conto anche di questi numeri.