Il Gargano disse che

Aggressioni in ospedale a Foggia, l'arcivescovo: «La violenza non è mai la soluzione. Sbaglia chi ha parlato di Gomorra»


Aggressioni in ospedale a Foggia, l'arcivescovo: «La violenza non è mai la soluzione. Sbaglia chi ha parlato di Gomorra» 
Ferretti: «Natasha ha avuto le migliori cure possibili, sono tutti scossi per la sua morte. Ma è inaccettabile reagire così»FOGGIA - «È stata usata la parola Gomorra, che si poteva evitare. Cerchiamo di non vivere in un film. Torniamo in un mondo reale in cui ciascuno deve fare la sua parte». L’arcivescovo metropolita di Foggia-Bovino, Giorgio Ferretti, misura le parole ma va dritto al punto: «Il nostro pensiero va a Natasha, a tutti i malati, alle loro famiglie. Ma detto questo, quanto accaduto negli ultimi giorni a Foggia è inaccettabile, decisamente sopra le righe della convivenza civile. Mai si può rispondere con la violenza, anche a fronte della preoccupazione legittima per i propri cari. La violenza va contro le regole del vivere insieme e non produce mai nulla di buono».Lei ha incontrato i medici che hanno eseguito l’intervento di urgenza sulla 23enne di Cerignola deceduta mercoledì scorso, le persone che hanno subìto la furia di parenti e amici della ragazza. Cosa le hanno detto?«Mi sono apparsi contenti di aver avuto udienza, e rasserenati per essersi sentiti compresi da qualcuno. Ma mi sono anche parsi molto scossi, intanto perché è deceduta una persona. Ed è qualcosa che un medico sente personalmente, anche se per quello che ho compreso la salute della ragazza era già molto compromesse. Di certo un medico non può lavorare in queste condizioni. Quest’estate sono stato al Pronto soccorso, nel caldo, ho verificato il sovraffollamento di pazienti a fronte di pochi e stanchi medici. Esiste un problema strutturale che non si può negare. La comprensione, la pazienza e il dialogo sono la soluzione».E così la città è tornata di nuovo nelle cronache per un episodio violento. Qual è il sentimento della parte sana di Foggia a fronte di questo avvenimento?«È stata usata la parola Gomorra che si poteva evitare. Cerchiamo di non vivere in un film. Torniamo in un mondo reale in cui ciascuno deve fare la sua parte. In questa terra c’è un grande desiderio di riscatto. La narrazione negativa non ha fatto bene né ai giovani, che poi pensano che non si può cambiare, né alla buona gente perché dalla rassegnazione viene la tristezza e il senso di rassegnazione. A Foggia c’è tanto desiderio di fare del bene. C’è tanta brava gente. La risposta alla violenza è sempre la cultura. Bisogna crescere in una visione collettiva di questo territorio, con le forze del bene, per cambiare le cose».Cosa pensa della proposta di alcuni esponenti del centrodestra di introdurre un «Daspo» per i violenti, che impedisca di ricevere alcune cure in ospedale?«Non credo sia questa la soluzione. La bellezza di un Paese come l’Italia è che le cure sono date gratuitamente a tutti. Il problema è spiegare dov’è l’errore. Non sono contrario a mettere più vigilanza nei Pronto soccorso, magari anche a chiudere le porte dei reparti. La soluzione sta nel pacificare gli animi, nel costruire una società più basata sulla cultura e meno legata agli stereotipi televisivi».Indubbiamente quella espressione usata dalla sorella della 23enne deceduta, «abbiamo fatto Gomorra», ha molto colpito. Cosa si sentirebbe di dire a queste persone?«Ciò che direi alla famiglia è che vi siamo vicini nel dolore. Questa ragazza aveva 23 anni, è una vita spezzata, la sua situazione ha toccato molto i medici che hanno eseguito l’intervento. Loro hanno tentato veramente l’impossibile per salvarla. La nostra preghiera affida all’Onnipotente la vita e l’anima di questa ragazza. Ma tutto questo è lontano dall’idea della violenza che non può mai essere la soluzione. Se questa società non ci piace costruiamone insieme una diversa, ma non con la violenza che non costruisce nulla. Distrugge soltanto».