Il Gargano disse che

Non andava a messa Funerale negato


Non andava a messaFunerale negato
 
di MASSIMO BRANCATI TITO SCALO (potenza) - «Mai vista a messa. Né lei, né la sua famiglia. E io non celebro i funerali». Don Rocco, parroco di Tito scalo (Potenza), ha chiuso le porte della chiesa, spalancando quelle della polemica in un paese, a pochi chilometri dal capoluogo lucano, dove il rapporto con i parrocchiani è già minato da vecchie incomprensioni. La famiglia di Filomena, la pensionata passata a miglior vita, vive un dolore innervato di incredulità: «Ma è possibile che un prete si rifiuti di celebrare un funerale? Alla fine - spiegano i parenti della donna - ci siamo rivolti al parroco di Tito paese che ci ha accolti amorevolmente come ogni sacerdote dovrebbe fare. È nella sua chiesa che abbiamo celebrato il rito funebre. Ora stiamo metabolizzando la scomparsa di Filomena, ma questa vicenda è ’incredibile per una chiesa che dice di voler essere vicina alla gente». La storia è sulla bocca di tutti in paese. Anche perché va ad inserirsi nel solco di mugugni e malcontento sull’operato di don Rocco. Fioccano accuse per altre vicende: c’è chi, in particolare, focalizza l’attenzione sull’atteggiamento da «padre-padrone» del sacerdote quando, ad esempio, impedisce ai ragazzi di giocare davanti alla chiesa o nel momento in cui decide, incurante delle richieste dei cittadini, di far togliere le panchine sistemate a pochi metri dall’ingresso della parrocchia. Spuntano anche aneddoti più «privati», come il presunto allontanamento dalla chiesa di un disabile, R. S., che avrebbe avuto il «coraggio» di contestare una decisione di don Rocco, o gli echi di un matrimonio celebrato la scorsa estate. In quel’occasione, durante la cerimonia, il prete avrebbe sonoramente sgridato, interrompendo l’omelia, un bambino di tre anni che gironzolava da un banco all’altro: «Mandatelo via», avrebbe tuonato il prete. Un rimprovero che si è tradotto in forte imbarazzo per gli invitati e gli stessi sposi. Da Firenze, dove si trova in ritiro spirituale, don Rocco rispedisce al mittente tutte le accuse. Sul caso specifico dei funerali negati conferma la sua posizione: «La Chiesa è una cosa seria, non si può venire qui solo per chiedere e non farsi mai vedere. Non conosco nessuno di quella famiglia, è gente che non vive la realtà del posto. Bisogna finirla di considerare la Chiesa un’agenzia a gettoni, che serve solo all’occorrenza. E poi quella famiglia ha mandato da me un addetto alle pompe funebri, non è venuta in parrocchia neppure in questa circostanza». Don Rocco non parla espressamente di rifiuto del sacramento. Ma la sostanza è la stessa: «La verità è che semplicemente non ho ritenuto opportuno accogliere la richiesta di chi non vive la propria fede. O, forse, non la vive qui, ma in un’altra parrocchia. A cui deve rivolgersi». Quanto alle accuse di atteggiamento da «burbero», il sacerdote - che è un cappellano militare - dice di essere con la coscienza a posto: «Ognuno la pensa come vuole. Io non so fare le cose per finta e non sono un commerciante che deve accaparrarsi i clienti. So solo di aver speso anima e corpo. Non piaccio? Va bene, ma in chiesa si viene perché si sente la necessità di pregare, non perché c’è il prete simpatico». Sarà anche così, ma il risultato è che i banchi della chiesa di Tito scalo continuano a svuotarsi: «È un fatto innegabile. Dopo centinaia di battesimi e comunioni - dice don Rocco - mi aspetto sinceramente una presenza più numerosa. Accade che i nostri locali vengano utilizzati per eventi dalle famiglie del posto che poi, però, non mettono piede in chiesa. È una situazione che non mi piace. E non penso di essere io il responsabile di tutto ciò. Sono uno vero, schietto». Il vescovo di Potenza, mons. Agostino Superbo, evita di scendere nel dettaglio di un rapporto difficile, quello tra don Rocco e i suoi parrocchiani, «su cui - sottolinea - non ho mai avuto una segnalazione». Ma sul rifiuto di celebrare il rito funebre il vescovo è chiaro: «Non esiste che si neghi un funerale solo perché uno non frequenta la chiesa. Soltanto se una persona, a sua volta, nega la fede, compie atti in questa direzione allora il sacerdote può rifiutare un sacramento». C’è chi dice che questa vicenda sia l’ennesimo motivo di allontanamento dei cittadini dalla parrocchia di don Rocco. Mons. Superbo evita di personalizzare il discorso, ma la sua è una risposta inequivocabile: «La parrocchia deve riannunciare il Vangelo. Va fatto anche per chi è più «vicino», ma è sotto l’influsso di una cultura caratterizzata da indifferenza e agnosticismo. Si tratta di fare bene le nostre celebrazioni, di accogliere chi bussa, di tessere rapporti con tutti nel territorio per creare occasioni di testimonianza».