Esiste un Gargano (o meglio esisteva) che non c’è più. Insediamenti che non sono riusciti, per diversi motivi, a superare i secoli, cadendo nell’oblio della storia. Di alcuni di essi ne rimane il ricordo tramandato dai racconti e dalla tradizione; di altri, le tracce sono scritte in antichi documenti o frammentate nei vari ritrovamenti di ruderi e reperti, ultime testimonianze di un tempo che fu.
Soprattutto nel Medioevo, il promontorio garganico presentava un numero di abitati superiore a quello odierno, ma in gran parte si trattava di piccoli borghi fortificati, situati in punti strategici, e di villaggi rurali, i cosiddetti “casali”.
I centri arroccati sulle alture sono generalmente i più antichi, nati soprattutto a seguito dell’abbandono di insediamenti tardo-antichi situati in zone particolarmente esposte alle incursioni barbariche. Alcuni di questi primitivi castelli furono abbandonati o distrutti già nell’Alto Medioevo, e oggi è possibile individuarne la posizione solo grazie alla toponomastica e alle ricerche archeologiche.
In certi casi, si riscontra una rioccupazione, anche se temporanea, di antichi abitati fortificati rimasti in stato di abbandono per secoli.
Qui di seguito, elencheremo gli esempi più importanti, facendoci aiutare da un accurato lavoro proposto da Vittorio Russi, pubblicato nella VII Esposizione Archeologica “Il Medioevo e il Gargano”, 1984.
Tra i siti di rioccupazione, menzioniamo ‘Chiancata La Civita’, 3 Km a sud-est di San Marco in Lamis, e probabilmente anche ‘Monte Saraceno’, tra Manfredonia e Mattinata, un sito protostorico, quest’ultimo, la cui denominazione parrebbe riferirsi a un insediamento musulmano altomedievale.
Incerta origine hanno i toponimi ‘Castello’, presente a Punta Manaccora (Peschici) e a sud di San Giovanni Rotondo, e ‘Castellera’ a sud-est della stessa cittadina. Così anche per ‘Castel Guarnero’, indicato sulle carte topografiche 4 Km a sud di Cagnano, in una zona impervia dove non è stato ancora individuato alcun insediamento.
Per ‘Madonna della Rocca’ (è ancora possibile ammirare i ruderi dell’omonima chiesa), situata a 7 km a nord-nord-est di Apricena, l’appellativo potrebbe derivare dal vicino colle Castelluccia, dove, nell’Alto Medioevo, sorgeva un ‘castellum’ nato dall’abbandono di un insediamento romano che si estendeva tra le contrade Campo di Pietra e San Nazario. Di questo sito si hanno alcune informazioni risalenti al X secolo, periodo in cui l’area apparteneva all’abbazia benedettina di San Vincenzo al Volturno. Nel 971 è documentata una concessione decennale relativa alla chiesa di San Giovanni “cum ipso castello et ipso monticello… super ipso fluvio Caldoli”, in territorio di Lesina.
Al monastero di San Giovanni de Lama, presso San Marco in Lamis, apparteneva invece ‘San Pietro Veterano’, in contrada Posta dei Colli, dove sussistono i ruderi di un edificio a pianta ellittica, probabile chiesa alto-medievale ad absidi contrapposte, e un vicino chiostro, più recente, collegato a una costruzione di origine incerta. Più a sud, in contrada Mandra Murata, è stato localizzato un insediamento anonimo, dal quale deriva l’appellativo della
vicina masseria Motta di Matera.
Il Russi ci ricorda anche un altro insediamento ignorato dalla documentazione medievale, cioè quello sito sull’altura di ‘Volta Pianezza’, che domina l’accesso alla parte meridionale della Valle di Stignano. I suoi ruderi presentano una forma semi-circolare, di m 170 x 80 circa, con l’ingresso sul lato sud, dove sussiste una strada che scende verso l’antica via Litoranea, che seguiva, poco più a monte, il percorso dell’attuale Pedegarganica. Il ‘castellum’ alto-medievale deve essere stato abbandonato quando una maggiore stabilità politica rese possibile il ritorno alla vicina pianura, dove, sulla riva destra del Candelaro, in contrada Brancia, è documentato già agli inizi del XI secolo il casale di Sant’Eleuterio.
Non ha bisogno di presentazioni ‘Castelpagano’, arroccato su un’erta collina sovrastante il tracciato di un’antica strada proveniente da Civitate, nota come “via Francesca”, percorsa dai pellegrini che si recavano alla sacra grotta di San Michele, a Monte Sant’Angelo. Lungo tale itinerario, in contrada Crastate, sorgeva un abitato romano dal cui abbandono, in età tardo-antica, ha avuto origine Castelpagano; il toponimo viene fatto derivare dallo stanziamento di una guarnigione saracena, forse già nell’altomedioevo.
Nei documenti non si trovano notizie del castello alto-medievale di ‘Lauro’, che sovrastava l’omonima sorgente, all’estremo limite orientale del territorio di Lesina. Al di là si estendeva il tenimento di San Nicandro, poi quello di Devia, un centro molto antico sul monte Devio (o d’Elio).
Nel territorio di Devia era compreso un tenimento dell’Abbazia di Santa Maria di Kalena (Peschici) che comprendeva la contrada ‘Imbuto’, che forma una penisoletta nell’angolo sud-ovest della laguna di Varano. Qui sorgeva il monastero di San Nicola, presso il quale si era formato un piccolo abitato. Esso è citato in un privilegio di Guglielmo II, del 7 maggio 1174.
Prima del XI secolo, è documentato un unico insediamento situato direttamente sulla sponda della laguna di Varano: ‘Bayranum’ (anche noto come Baranum o Varanum), che sorgeva sulla penisoletta del Crocifisso di Varano. In quell’epoca, lo specchio d’acqua era indicato con nomi diversi, probabilmente per distinguere le zone di pertinenza dei paesi circostanti. Durante il periodo dell’abate Bertario di Montecassino (856-883), fu offerta all’Abbazia una corte “de lacu Romani cum piscatione sua”. Nel secolo successivo, l’abate Giovanni concesse al monaco Trasari “Sancto Focato in Barano, cum ipsa piscatione de lacu Romani”. In una sentenza della Magna Curia del 1173, che pose fine a una controversia tra il feudatario di Devia, Rao, e l’abate Mattia di Santa Maria di Kalena, sono descritti i confini di un territorio che da Imbuto arrivavano a un “lacum Cernuli” e a un pantano al confine con Ischitella. Il termine ‘pantanum’ sembra designare la parte orientale della laguna e, a partire dal XIII secolo, fu utilizzato come alternativa a ‘lacus Bayrano’.
Il Gargano settentrionale, a differenze di quello meridionale, presenta numerose sorgenti e aree coltivabili ed è sempre stato, in generale, più popolato.
Il centro antico più grande, ‘forse’ da identificare con Uria, sorgeva su monte Civita e dopo il suo abbandono si sviluppò la vicina Ischitella.
Tra Rodi e San Menaio, sulle colline che sovrastano Molino di Mare, vi era nel medioevo un villagio con poche case intorno alla chiesetta di Santa Maria di Canneto, nei pressi dell’omonima sorgente.
Dal “Catalogo dei Baroni” apprendiamo che nel XII secolo ‘Canneto’ apparteneva all’arcivescovo di Siponto mentre successivamente formò un unico feudo insieme a Vico e Ischitella.
Tra Vico e Canneto, nella valle di ‘Asciatizzo’, c’era il monastero di Montenero col suo casale, proprietà dell’Abbazia di Kalena. Nel 1293 il casale era tenuto da Enrico de Guerardo e nel 1320 da Gerardo de Marra, mentre sei anni dopo ritroviamo che il “monasterium Calene tenet Montem Nigrum”.
Unico abitato medievale di cui abbiamo notizia per l’entroterra è ‘Sfilzi’, che sorgeva nell’omonimo bosco, in contrada Casalini, circa 7 Km a sud-est di Vico. È tradizione che il casale sia stato distrutto dal violento terremoto che nel 1223 funestò il Gargano, ma la documentazione e l’indagine archeologica attestano che il sito era abitato anche nel secolo successivo.
Il territorio di Sfilzi confinava verso oriente con quello di Vieste, nel quale, secondo quanto riporta il Giuliani, vi erano quattro casali: ‘Castel Ruino’, ‘La Battaglia’, ‘San Salvatore’ e ‘Santa Tecla’. Il primo non è stato ancora localizzato; La Battaglia doveva trovarsi a ovest-nord-ovest di Vieste; San Salvatore era a 9 Km da Vieste, in direzione sud-sud-ovest; Santa Tecla, 3 Km più a sud.
La parte interna del Promontorio, caratterizzata da un altopiano boscoso e accidentato, era frequentata esclusivamente da pastori e taglialegna. Un’altra fascia di insediamenti si snodava lungo l’antica ‘via sacra Langobardorum’, che attraversava la valle di San Marco in Lamis e si dirigeva verso Monte Sant’Angelo. Pochi altri abitati erano situati alle pendici meridionali del Gargano, particolarmente lungo il corso del Candelaro.
Qui, il Russi ci parla di ‘Villanova’, ai piedi di Rignano Garganico, sorta, forse, durante la dominazione normanna, a un bivio della romana via Litoranea e presso un guado del Candelaro, attraversato da un’altra strada proveniente da ‘casale novo’. Nell’autunno del 1982 un’alluvione in zona ha portato alla luce una necropoli medievale.
Di San Giovanni Rotondo conosciamo l’epoca della fondazione, strettamente connessa a un insediamento alto-medievale, ‘Bizzanum’, sito sulla collina che sovrasta l’odierno abitato e il cui nome compare per la prima volta nel marzo del 1007, in una concessione del catapano Alessio Xifea all’abbazia di San Giovanni de Lama.
In territorio di San Giovani Rotondo vi era anche il casale di Sant’Egidio, appartenente all’Abbazia della SS. Trinità di Cava dei Tirreni. Sorgeva su una collina sul versante occidentale dell’omonimo laghetto, ora prosciugato, sulla strada per Monte Sant’Angelo. Sulla collina si possono ancora vedere i ruderi della chiesa del casale, con un caratteristico portale ornato a intreccio.
Al di là dell’alveo dell’ex laghetto, dove sono i resti della chiesa di San Nicola al Pantano, la ‘via sacra’ si inoltrava nel vallone della Fratta, con un percorso diverso da quello attuale, e giungeva in contrada ‘Cassana’, dove c’era un insediamento alto-medievale che ci è noto solo per la presenza di una necropoli, semidistrutta da cave di pietra.
La strada proseguiva nella valle di Carbonara che ricorda l’omonimo casale, citato più volte nella documentazione del XIII e XIV secolo insieme al casale di Piedimonte. Quest’ultimo è segnato nella carta geografica del Magini, del 1620, tra Monte Sant’Angelo e Manfredonia, verso la contrada Macchia.
Sul versante garganico di Siponto alcune necropoli rupestri ci indicano l’esistenza di villaggi sparsi, di origine tardo-antica ma spesso perdurati nell’alto medioevo; della stessa epoca è il piccolo insediamento di ‘Castelluzzo’, arroccato su un’altura presso la masseria Santa Restituta.
La stessa Siponto, città di antichissima origine, durante la dominazione longobarda era divenuta il principale porto sull’Adriatico del ducato – poi principato – di Benevento.
La lista è sicuramente più lunga e di altri siti, qui non citati, abbiamo trattato in altri post.
Per altri insediamenti, il declino fu forse più lento, ma altrettanto inesorabile. Nel corso del XIV secolo, nella sola Capitanata, si registra l’abbandono o la grave decadenza di circa un centinaio di abitati. Non si trattava solo di piccoli centri, come quelli garganici già descritti, ma anche di città vescovili come Siponto, Civitate, Fiorentino, Dragonara, Montecorvino, Tertiveri e Salpi.
La situazione peggiorò ulteriormente nei secoli successivi a causa di complessi fattori economici e politici, che contribuirono alla rarefazione degli insediamenti e al conseguente spopolamento delle campagne, una caratteristica che ancora oggi segna profondamente la nostra regione.
Archivio di Giovanni BARRELLA.
Mappa e parte del testo: Vittorio Russi, “INSEDIAMENTI MEDIEVALI SCOMPARSI DEL GARGANO”, VII ESPOSIZIONE ARCHEOLOGICA “IL MEDIOEVO E IL GARGANO”, 1984
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