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Pizzomunno con gerani rossi.

 

 
Pizzomunno

Lungo il tratto meridionale della costa viestana, ritroviamo una piccola spiaggia che deve il suo nome all’ imponente faraglione che dalle acque cristalline si erge sovrano a sorvegliare la città ed i suoi abitanti: la Spiaggia del Pizzomunno.

Qui sembra aver avuto luogo un’ interessante e fantastica vicenda che ha come protagonisti due giovani innamorati , entrambi originari di Vieste .

Pizzomunno , giovane ed attraente pescatore, e Cristalda , ragazza bellissima dai lunghissimi capelli color dell’ oro, si amavano teneramente e vivevano nella convinzione che nulla al mondo potesse intaccare un sentimento tanto forte e sincero.

Ogni sera, Cristalda scendeva in spiaggia per salutare il suo bel Pizzomunno prima che con la sua barca andasse incontro al mare aperto.

Ogni notte, in mare, Pizzomunno riceveva la visita delle sirene che cercavano di ammaliarlo con i loro canti soavi. Le regine del mare desideravano ardentemente che Pizzomunno diventasse il loro re ed amante.

Il giovane, però, non cedette mai alle avance delle sirene tentatrici , avendo già donato il suo cuore alla candida Cristalda.

I reiterati rifiuti del giovane, scatenarono la furia delle sirene .

Una sera, le sirene raggiunsero i due amanti sulla spiaggia ed aggredirono Cristalda con grande ferocia, inghiottendola nelle profondità del mare.

Pizzomunno
fu colto da un dolore devastante, talmente grande da pietrificarlo per sempre.

Il giorno seguente, i pescatori di Vieste trovarono Pizzomunno pietrificato sulla roccia che oggi porta il suo nome.

La leggenda vuole che, ogni cento anni, Cristalda riemerga dalle profondità del mare per incontrare Pizzomunno e rivivere con lui l’ emozione di una notte d’amore sulla spiaggia che li fece incontrare.

 

 

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Promontorio del Gargano

Il più delle volte si pensa che la storia antropologica ebbe inizio sul promontorio del Gargano con l'apparizione dell'Arcangelo Michele più di sedici secoli or sono quando ancora il Cristianesimo conviveva con le allora attuali religioni pagane. Ma se analizziamo le carte romane si nota che gli insediamenti sedentari sono precedenti all'apparizione dell'Arcangelo e si trovavano sulla costa e ai piedi del sontuoso monte (Ergitium ,Sipontum ,Merinum ,Teanum , ,Apulum ,Urium).
Si trovano degli insediamenti umani persino precedenti a questi ultimi, ma bisogna risalire addiritturà all'età del bronzo, tanto è vero che lungo la provinciale che collega Foggia con San Marco in Lamis, a qualche chilometro da Borgo Celano, in zona"Chiancata La Civita-Valle di Vitturo"  è stato ritrovato la necropoli più antica della intera Europa. Altre testimonianze sono date dagli insediamenti rupestri e dalla innumerevole presenza di oggetti litici e di mura megalitiche che si sono scoperti nel corso degli anni sul Gargano.
 

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Toro seduto

 

Per noi i guerrieri non sono quello che voi intendete. Il guerriero non è chi combatte, perché nessuno ha il diritto di prendersi la vita di un altro. Il guerriero per noi è chi sacrifica sé stesso per il bene degli altri. È suo compito occuparsi degli anziani, degli indifesi, di chi non può provvedere a sé stesso e soprattutto dei bambini, il futuro dell'umanità.

Toro seduto

 

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Tutto ciò che l'uomo ha imparato

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Servo di Dio Don Antonio Spalatro .

 

Messaggi del 12/01/2025

FOLLIA GARGANO 12 Gennaio 2025 Oggi leggevo un nuovo comunicato apparso su un quotidiano online dove si parlava dell’incontro

Post n°33109 pubblicato il 12 Gennaio 2025 da forddisseche

FOLLIA GARGANO

Oggi leggevo un nuovo comunicato apparso su un quotidiano online dove si parlava dell’incontro per una sorta di città metropolitana del Gargano, previsto a Rodi Garganico per lunedì 13 gennaio, di cui avevo già scritto qualche giorno fa.

Una delle mie domande riguardava l’esclusione di Vieste e, in questo articolo apparso oggi, si spiegava che con Vieste non si riesce a dialogare. Così, secco, senza troppe spiegazioni per noi comuni mortali, si esclude non solo il Comune e il Sindaco di Vieste, ma anche chi oggi rappresenta la carica di Presidente della Provincia di Foggia.

Tale questione risponde a suo modo anche a un’altra domanda che ponevo nel post precedente, cioè sul come nascesse questo progetto e se ci fosse qualcuno che decidesse chi è adatto a partecipare e chi, invece, dovrebbe fare un passo indietro pur di poter aderire.

Se mi fermo a riflettere con lucidità su questo quadro che si sta delineando, è inevitabile pensare che il tutto sia piuttosto tragicomico, rocambolesco, paradossale, irriverente, masochistico, delirante, folle… E vi spiego il perché di queste mie affermazioni.

Cercherò di essere breve, anche se gli elementi da riportare sono tanti. Ci provo a modo mio. In questa idea vediamo coinvolti 13 comuni di un unico territorio, il Gargano, rappresentati non da associazioni, opposizioni politiche, cittadini attivi o imprenditori, ma dai loro 13 sindaci. Detta così, su due piedi, sembra anche una buona idea voler collaborare tutti insieme.

Ma il primo punto (più comico che tragico) è che un tavolo in cui questi 13 comuni sono invitati a collaborare e progettare insieme esiste già, ed è l’Ente Parco Nazionale del Gargano. Riuscite a seguirmi?

Ditemi… Non fa già un po’ ridere così? Qual è il senso di creare un nuovo tavolo dove qualcuno decide chi è adatto o meno, quando nelle sedi ufficiali non si riesce a valorizzare e far funzionare quel Parco Nazionale del Gargano poiché nessuno sembra sentirsi parte di esso? E nel non appartenere a nessuno, perde la sua missione, la sua collocazione naturale… cioè essere un filtro di idee condivise per il bene di tutto il territorio, con tanto di sede istituzionale, ufficio stampa e protagonisti proprio quei 13 sindaci che invece si devono incontrare a Rodi.

Ci rendiamo conto del paradosso politico? È come se si stessero dando la colpa da soli. Della serie: “Quello che vogliamo fare noi non possiamo farlo all’Ente Parco Nazionale, che comunque siamo sempre noi”. Ci siamo sempre noi, ma abbiamo paura di Giuda, ci pesa fare tutta quella strada, non abbiamo reali interessi a lavorare insieme in modo istituzionale. Questo è il messaggio che arriva dalle istituzioni nei confronti dell’Ente Parco.

Il punto sarebbe anche un altro: non bisogna confondere la bravura di un amministratore nella gestione del proprio territorio con la capacità di avere una visione più ampia, garganica. Ecco perché diventa fondamentale il ruolo di raccordo e condivisione, che non può essere deciso da qualcuno che stabilisce chi può o non può partecipare. Le istituzioni, almeno, garantiscono la partecipazione a chi ne ha diritto.

Quindi, questi 13 sindaci—di cui per alcuni metto pure la mano sul fuoco per l’impegno nel proprio paese—sarebbero pronti a dire che da domani il loro ruolo principale è essere garganici prima ancora che rappresentanti del proprio comune? Ecco, questo non lo credo affatto. Nessuno di loro sarebbe disposto a togliersi la maglia del proprio paese per indossare quella del Gargano. Ma questo non basta per attribuirgli colpe, né per non riconoscere il loro valore. Tuttavia, con altrettanta sincerità, dovrebbero ammettere che il loro contributo sarà sempre condizionato dal proprio punto di vista locale. Solo attraverso questa sincerità intellettuale può nascere una vera collaborazione a difesa dell’intero territorio.

Chi presume di gestire il Gargano come amministra il proprio comune non ha compreso le dinamiche e le problematiche che riguardano l’unione del Gargano. Per queste sfide servono molta più libertà di pensiero e di parola. Essere garganici significa non pensare mai che ci sia qualcosa che non si possa dire. Non può aspirare a rappresentare il Gargano chi pubblicamente querela assessori dei comuni vicini o sottolinea linee di mare che dividono un comune dall’altro. No, non può. Ma non gli si può nemmeno negare il merito di difendere con orgoglio il proprio paese.

Quando con Lauriola e Obiettivo Gargano organizzammo l’evento Io Sono Garganico a Vico, abbiamo dato la parola a tutti. Alla fine, chiunque poteva firmare la volontà di partecipare a un tavolo condiviso, che fosse privato, politico o associativo. Il Gargano ha ancora bisogno di quel tavolo, prima di tutto. Un tavolo libero, dove chiunque possa sedersi con umiltà (sempre che non sia lì solo per fare polemica), senza sentirsi superiore agli altri.

Ma lasciamo stare i sogni e torniamo alla realtà.

Cosa non c’è nell’Ente Parco che invece troverebbero a Rodi? È una questione di ispirazione o di location, tipo 4 Ristoranti? Hanno paura del lupo lì, mentre parlano di strategie per far crescere il nostro territorio e valorizzare davvero il Parco Nazionale?

Due mesi fa, durante un corso a Verona, ho avuto il piacere di parlare con una persona del Parco Nazionale del Pollino, in Calabria. Mi raccontava come tra i cittadini stia crescendo la consapevolezza di far parte di un parco nazionale, con tutte le sue regole e opportunità. E non parliamo del Nord Italia.

E noi, dopo 32 anni, possiamo dire di avere una cultura condivisa su cosa significhi vivere in un parco nazionale? Temo di no. Anzi, molti nel Gargano forse non sanno nemmeno di farne parte.

Nessuna strategia ecosostenibile, nessun progetto concreto su temi green. E meno male che siamo Parco Nazionale! Molti politici locali non sanno nemmeno dell’esistenza di Ecomondo (fiera mondiale che si svolge in Italia), dedicata all’ecosostenibilità e all’urbanistica.

Servirebbe un po’ di onestà intellettuale. Qualcuno vuole forse dire che non si possono creare partnership e collaborazioni anche commerciali attraverso l’Ente Parco Nazionale del Gargano? Ah no?! Qualcuno mi spieghi perché.

Sembra quasi che si faccia di tutto per impedire che l’Ente Parco funzioni, rappresenti qualcosa o produca risultati concreti. Perché gli stessi 13 sindaci non riescono a fare nulla lì, ma a Rodi diventano supereroi. Mah.

Servirebbe onestà intellettuale anche da parte di Raffaele Piemontese: cosa vuole fare davvero, oltre alle micro attività sparse nei comuni? Qual è il suo progetto d’insieme? Qual era la sua ragione nell’intervenire a difesa delle Ferrovie del Gargano dopo una normale iniziativa di Annamaria Fallucchi a San Menaio? Domanda legittima. Possiamo anche criticarla, l’azienda Ferrovie del Gargano, magari invitandola a valutare la realizzazione di una grande stazione del Gargano a Rodi Garganico, con annessi taxi e minibus per le varie destinazioni ed eliminare la tratta Rodi-Calenella, oppure realizzare questo progetto a Calenella, così da dare un senso alle tante rinunce e difficoltà che quella tratta crea. C’è qualcuno in grado di fare leva su questa azienda o sapete solo obbedire a loro?

C’è tanto lavoro per il Gargano, come volete organizzarlo? Vi dite le cose la mattina a Monte e poi le discutete il pomeriggio a Rodi? Quando capirete la vostra singola responsabilità di Comuni locali nel rappresentare quel Parco in percentuale ai vostri abitanti e territori? Quando la finirete di trattare quell’Ente come se “stesse lì senza che la cosa vi riguardi troppo”?

Quando arriverà qualcuno che, con uno scatto di orgoglio, lotti per portare quella sede a Vico del Gargano, così come è naturale che fosse? Sapete da chi e cosa è nato quel Parco? Conoscete le battaglie e i sacrifici di Menuccia Fontana, Biscotti e altri di Vico che hanno fatto l’impossibile per farlo nascere (prima ancora di loro un certo Filippo Fiorentino)? Conoscete la storia anche più recente del Gargano? Cosa fate, guardate avanti senza mai girarvi indietro se non per ricordare i vostri successi? Guardate bene il logo del Parco del Gargano, Fusilli evidentemente non ha trovato il tempo di spiegarvi che quell’uomo al centro del logo non rappresenta voi politici, ma il cittadino Garganico.

gaetano berthoud

 

 
 
 

NEL GARGANO DEI GRANDI VIAGGIATORI (13) 12 Gennaio 2025 Pellegrino di Puglia 1960 Pellegrino di Puglia, pubblicato nel I960,

Post n°33108 pubblicato il 12 Gennaio 2025 da forddisseche

NEL GARGANO DEI GRANDI VIAGGIATORI (13)

Pellegrino di Puglia

1960

Pellegrino di Puglia, pubblicato nel I960, rappresenta il terso diario di viaggio di Cesare Brandi (1906-1988), fine storico dell’arte. Senza indulgenza eccessiva alla trama coloristica che offre “l’alta solitudine della pianura senza alberi”, Brandi dispiega in pagine delicate l’affresco di un Gargano “davvero altisonante, sgom­bro ormai di vapori, azzurro e avoriato, come un enorme baluardo a difesa di una città nascosta”.

La Montagna, dove ancora i pellegrini alla Grotta arcangelica strisciano per terra e fanno le croci con la lingua, che conserva tratti di arcaicità, non cessa di trasmet­tere un impalpabile, segreto turbamento “a chiunque lo percorra né con occhio distratto né con cuore altrove”.

La Foresta umbra

Fu Elisa a pretendere la gita a dorso di somaro. A me, quelle colline impene­trabili di verde come una pelliccia d’inverno, bastava guardarle anche dalla riva, che, in quanto a spettacolo, sembravano a momenti una sponda del Bosforo. Ma Elisa aveva voglia del sole che scende come il semolino dal fogliame fìtto degli alberi, dell’odore dell’umido che esala dalla terra in ombra, come se rac­contasse un segreto, e del puzzo della pelle dell’asino. Fu categorica soprattutto sull’ultimo punto.

In realtà gli asini si rivelarono muli, anzi due muli e un cavallo, avevano dei conducenti giovani e allegri, ancorché fossero stati a lavorare tutto il giorno; ma il piccolo guadagno insperato – non c’era un solo turista a Rodi – li aveva come rigenerati. Eccoci allora, con quel basto durissimo fra le gambe e su dei pendii subito vertiginosi. Presto si lasciò il viottolo sassoso, per entrare nel groviglio stesso della proda. Evidentemente c’era una altezza che andava rispettata: que­st’altezza prevedeva l’uomo a piedi e un carico di legna sul somaro. Se al posto della legna c’era l’uomo, tutti i rami bassi, tutti i roghi, i tralci erano per la sua faccia. Non si faceva pari a scostarli. Di dolce, suadente, vespertino, restava l’odore dell’erba, della terra pesticciata e come in perenne gestazione: e il sole non veniva giù come il semolino, ma in lunghi sottili dardi, aghi più fini dei pinuglioli (Elisa si ostinò a vedere il semolino).

La prima sosta fu sul piccolo sagrato d’una cappellina di montagna: lì si scese, e il mulo di Elio si mise a scalciare con una foga così repentina, che quasi sem­brava tenesse sempre i posteriori in aria: coppiole nel vuoto, di protesta sindaca­le per quell’aumento di lavoro, intervenuto proprio quando solleticava l’odore della stalla.

Di lassù la veduta era altrettanto bella che dal basso, occorre riconoscerlo: e intanto c’era un elemento inatteso, come ad essere in un giardino all’italiana, e cioè i grandi lecci potati a fare spalliera per salvare dai venti gli agrumi. E biso­gnava vedere quelle braccia nodose e scure, allacciate come in un infantile girotondo: dentro il muro di verzura, quatti, quatti, protetti, senza conoscenza, i limoni e gli aranci. La costa sembrava avesse preso la rincorsa, era veloce, linda, e dietro il primo dente, che chiude la spiaggia di Rodi, sporgeva il picco di Peschici (così bello in distanza, quanto modesto da vicino).

Si rimonta sul mulo, e qui Elisa si decide a cavalcare da amazzone, ma preten­dendo che anche noi si facesse lo stesso. Non fu difficile accontentarla, perché quella è la posizione giusta su un basto di legno, e a starci a cavalcioni sono tante le corde assassine, che fiaccherebbero le cosce anche ad averle protette da un’ar­matura medioevale. Si riprese a salire e a scostare rami e spine, non sempre con fortuna, ed io sentivo parlare di una sorgente e non ne avevo nessuna voglia; ma vedendo che, invece di scendere si saliva, e mai avendo incontrato una sorgente su una cima, mi convinsi che la sorgente doveva essere una scusa per comitive più ristrette, e per lo meno non così castamente turistiche come la nostra. Invece della sorgente, si arrivò sul crinale dove finiva la macchia e dall’altro versante ricominciavano ulivi e viti.

Ma la veduta di quassù era così dolce, così sommessa, pur nell’ampia apertu­ra che offriva: i due laghi si vedevano, ma come se ci si fosse giocato da ragazzi, e allora sembravano così grandi e adesso erano così piccoli. Laghi come trastulli, laghi che si possono vedere dipinti nello sfondo d’un pittore umbro, ma non si ha mai la fortuna d’incontrarcisi realmente, fra le rame delle querci e in fondo ad un lento declivo di ulivi. Il sole ormai quasi a metà, aveva quella temperatura di vapori che lo rendeva ancor più un pezzo di pittura, ma questa volta non più umbra, fiamminga. E pittura era il paese tutto, con quel tono verdognolo, pa­reggiato, senz’ombre forti e senza netti scarti di tinte: dal verde si arrivava all’az­zurro dei laghi e di lì al mare, come portati per mano, quasi senza accorgersene.

Così scendemmo per un altro viottolo sassosissimo: in meno che si dica si fu in fondo, con un’allegria giusta, e perfino senza canti. Si arrivò alla fontana donde ci s’.era partiti, e ormai s’era diventati amici e ci offrivano case, camere, per la villeggiatura: a poco prezzo, ma sempre a un tanto a testa, anche se si affittasse tutto un quartiere.

Questa gita, onesto sollazzo di una bambina capricciosa, fu come il preludio alla escursione che facemmo, prima di tornarcene, alla Foresta umbra. E un tal nome sarà sempre fonte di equivoco, perché con gli umbri è quasi, certo che non ha nulla da spartire, e pare neanche con l’ombra, ancorché da un nativo sentissi che la chiamavano Ombra, e forse era soltanto un effetto di pronuncia. Comun­que sia, e tutto dipenda da imber o giù di lì, la Foresta, con quel nome così catastale, così testualmente disusato soprattutto per il Meridione, dove son mac­chie, pinete al massimo, ma foreste sarebbe vanteria chiamarle; la Foresta umbra mi sembrava un tributo necessario, da pagarsi una volta e non pensarci più.

Quel che è sicuro, ad arrivarci, offre un percorso stupendo. Si comincia da San Menaio, che è dentro una pineta così bella, vasta, e a scivolo sul mare. Andate a San Menaio, coppie novellamente formate, e a San Menaio troverete tutto quello che fa dire che un luogo è incantevole.

Così io pensavo che quella fosse la Foresta umbra. Ma non era vero nulla. La pineta, ad una certa altezza finì, e cominciò una campagna che era campagna bella e vigorosa, ma senza l’inesauribile vegetazione di Rodi.

Solo dopo un pezzo, passato un paesello che si chiama Vico, comincia a intravedersi la foresta. E allora è come quando, in orchestra, si accordano gli strumenti e fanno quel brusio. All’inizio c’era brusio di alberi giovani, magri come pali, ed erano castagni, noccioli. Già l’aria era divenuta più densa e più leggera; più densa perché si respirava col verde, con l’umido, con l’ombra; più leggera perché, non si sa come, non sembrava arrivasse in fondo ai polmoni, sfuggiva dalle narici in alto come il fumo di una sigaretta. Erano dunque le avvisaglie. Arrivò il grosso. Silenzioso, subito immenso e altissimo. Tronchi di faggio lisci e diritti come ciminiere, salivano dal fondo valle e mandavano fuori grandi dilatate ramaglie con le foglie stese come galleggiassero. E nell’ombra luminosa quelle foglie trasparivano come membrane, sembrava dovessero riflet­tere il verde addosso, quasi filtri di luce. E poi le palme spalancate degli aceri, e le frappe smerlate, capricciose dei cerri: e noccioli, e sotto tutto questo le felci umide come viste in un acquario.

Dolce foresta silenziosa, altissima nel cielo, profonda dentro la terra, e piena di luce aperta, mediterranea, come se a quel verde fossero mescolate pagliuzze d’oro, come se, con l’alito del terriccio nero, salisse un diverso lume, nato dalle foglie macerate e svaporante nell’aria, donde quell’aria era fresca e tiepida, come, quell’ombra, intensissima e luminosa. E qui faremo punto, perché tutti credono di sapere che cos’è una foresta, e non vorranno mai ammettere, che le vere foreste non sono quelle orride del Settentrione, ma proprio sul genere di questa, miracolosamente salvata nel cuo­re montuoso di un promontorio meridionale, quasi di un’isola, e dentro al mare come la prua d’una nave.

Quando le nuvole dense scendono come ad allattare queste cime fronzute, quando il sole mordente le assapora, quando i venti che s’incanalano nell’Adria­tico le squassano, dentro il Gargano, l’Arcangelo vestito da toro, si stende sotto la foresta incantata, e dorme lentamente sognando il Signore.

cesare brandi 1960

 

 
 
 

MATTINATA/ CONCESSIONI BALNEARI PROROGATE AL 2027. LA DECISIONE DEL COMUNE INTERESSA I TITOLARI DEGLI STABILIMENTI 12 Gennaio 20

Post n°33107 pubblicato il 12 Gennaio 2025 da forddisseche

MATTINATA/ CONCESSIONI BALNEARI PROROGATE AL 2027. LA DECISIONE DEL COMUNE INTERESSA I TITOLARI DEGLI STABILIMENTI

Tutte le autorizzazioni demaniali marittime per finalità turistico – ricreative e sportive avranno efficacia fino al 30 settembre 2027.

Di concessioni demaniali ma­rittime torna ad occuparsi la giunta comunale. Tut­te le concessioni demaniali marittime per finalità turistico – ricreative e sportive in essere continuano ad avere efficacia fino al 30 settembre 2027.

Questa la decisone presa dopo che un anno fa c’era stata da parte dell’amministrazione guidata dal sindaco Mi­chele Bisceglia la precedente proroga delle concessioni demaniali marittime al 31 dicembre 2024. Adesso, dunque, la giunta sulla base della consi­derazione che le previsioni temporali di cui alla deliberazione di questa giunta, n. 238 del 28.12.2023, sono state superate dal decreto legge n.131 del 16.09.2024, fissa la nuova scadenza del 30 settembre 2027.

Tale data “è indicativa del termine massimo per l’individuazione dei nuovi concessionari e, per­tanto, impone l’avvio delle procedure selettive in tempi congrui”. Va considerato che “il Comune di Mattinata non ha ancora avviato alcuna procedura selettiva, né dispone di un piano comunale delle coste approvato o adottato” e che “i criteri per stabilire l’ammontare dell’indennizzo da riconosce­re al concessionario uscente saranno adottati con decreto ministeriale entro il 31.03.2025”. Ne discen­de, sottolinea la giunta, che “non sarà possibile ultimare le procedure per l’individuazione dei nuo­vi concessionari”, vista l’individuazione di tale ter­mine, per la stagione estiva 2025.

La decisione della proroga al 2027 è motivata, sottolinea la giunta Bisceglia, dall’obbligo del Comune di “adattare l’azione amministrativa di competenza al quadro giudizi per il pubblico ed il privato interesse de­terminati dalla particolare situazione giuridica fmi qui evidenziata, fatte salve tutte le ulteriori de­terminazioni che Governo e Parlamento decide­ranno di adottare, nel rispetto e nei limiti dei “poteri loro spettanti”.

E la giunta ha formulato la direttiva al funzionario responsabile del settore tecnico la­vori pubblici – paesaggio – ambiente di avviare le procedure atte all’adozione e ap­provazione di un Piano Comu­nale delle Coste ai sensi dell’art.4 della L.R. n.17/2015 e, comunque, in conformità alla normativa vi­gente, all’esito della pubblicazione del Decreto con il quale sa­ranno fissati i criteri per il cal­colo degli indennizzi ai conces­sionari uscenti, di predisporre i bandi per l’avvio delle procedure selettive volte all’individuazione dei nuovi concessionari.

Nonché di verificare, nelle more dell’ado­zione del piano comunale delle coste le aree suscettibili di affi­damento in concessione, assicu­rando l’adeguato equilibrio tra le aree demaniali in concessione e le aree libere o libere attrezzate, nonché la costante presenza di  varchi per il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di bal­neazione. All’esito delle attività propedeutiche, di avviare le procedure a evidenza pubblica per l’affidamento delle concessioni demaniali marittime.

 

 
 
 

ISOLE TREMITI/ INTESA TRA L’ENTE PARCO E L’UNIVERSITÀ FEDERICO II 12 Gennaio 2025 L’ente Parco nazionale del Gargano e l’Unive

Post n°33106 pubblicato il 12 Gennaio 2025 da forddisseche

ISOLE TREMITI/ INTESA TRA L’ENTE PARCO E L’UNIVERSITÀ FEDERICO II

L’ente Parco nazionale del Gargano e l’Università “Federico II” di Napoli hanno avviato un protocollo d’intesa finalizzato “allo sviluppo di azioni sinergiche per condividere, pianificare e attuare successivi interventi finalizzati alla collaborazione in specifiche attività ossia nella ricerca, nella didattica, nella formazione, nell’internazionalizzazione e nel supporto al sistema economico, produttivo e istituzionale delle aree protette gestite dall’ente Parco”.

Lo si legge in una recente determinazione dirigenziale di quest’ultimo, in cui fra l’altro si evidenzia che “nel rispetto delle finalità del Parco, nell’ambito delle norme e strumenti vigenti, l’ente promuove iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività presenti all’interno dell’area protetta”. In particolare, si rammenta che “con decreto interministeriale del 14 luglio 1989 è stata istituita la Riserva naturale marina “Isole Tremiti”, la cui gestione è affidata all’ente Parco nazionale del Gargano”.

Per effetto del citato decreto, “le finalità che l’Area marina protetta “Isole Tremiti” persegue sono: la realizzazione programmi di ricerca scientifica nei settori della biologia marina e della tutela ambientale; la protezione ambientale dell’area marina interessata; la tutela e la valorizzazione delle risorse biologiche; la diffusione della conoscenza della biologia, degli ambienti marini e delle peculiari caratteristiche geologiche e geomorfologiche della zona; la realizzazione di programmi di carattere divulgativo-educativo per il miglioramento della cultura generale nel campo della biologia e della ecologia marina; la promozione di uno sviluppo socio-economico compatibile con la rilevanza naturalistica e paesaggistica dell’arcipelago, anche privilegiando attività tradizionali locali già presenti”.

Si fa quindi presente che “l’ente Parco ha inteso sviluppare azioni sinergiche con l’Università di Napoli “Federico II” per condividere, pianificare e attuare successivi interventi finalizzati alla collaborazione in specifiche attività ossia nella ricerca, nella didattica, nella formazione, nell’internazionalizzazione e nel supporto al sistema economico, produttivo e istituzionale delle aree protette garganiche.”

 

 
 
 
 
 

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