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Pizzomunno con gerani rossi.

 

 
Pizzomunno

Lungo il tratto meridionale della costa viestana, ritroviamo una piccola spiaggia che deve il suo nome all’ imponente faraglione che dalle acque cristalline si erge sovrano a sorvegliare la città ed i suoi abitanti: la Spiaggia del Pizzomunno.

Qui sembra aver avuto luogo un’ interessante e fantastica vicenda che ha come protagonisti due giovani innamorati , entrambi originari di Vieste .

Pizzomunno , giovane ed attraente pescatore, e Cristalda , ragazza bellissima dai lunghissimi capelli color dell’ oro, si amavano teneramente e vivevano nella convinzione che nulla al mondo potesse intaccare un sentimento tanto forte e sincero.

Ogni sera, Cristalda scendeva in spiaggia per salutare il suo bel Pizzomunno prima che con la sua barca andasse incontro al mare aperto.

Ogni notte, in mare, Pizzomunno riceveva la visita delle sirene che cercavano di ammaliarlo con i loro canti soavi. Le regine del mare desideravano ardentemente che Pizzomunno diventasse il loro re ed amante.

Il giovane, però, non cedette mai alle avance delle sirene tentatrici , avendo già donato il suo cuore alla candida Cristalda.

I reiterati rifiuti del giovane, scatenarono la furia delle sirene .

Una sera, le sirene raggiunsero i due amanti sulla spiaggia ed aggredirono Cristalda con grande ferocia, inghiottendola nelle profondità del mare.

Pizzomunno
fu colto da un dolore devastante, talmente grande da pietrificarlo per sempre.

Il giorno seguente, i pescatori di Vieste trovarono Pizzomunno pietrificato sulla roccia che oggi porta il suo nome.

La leggenda vuole che, ogni cento anni, Cristalda riemerga dalle profondità del mare per incontrare Pizzomunno e rivivere con lui l’ emozione di una notte d’amore sulla spiaggia che li fece incontrare.

 

 

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Promontorio del Gargano

Il più delle volte si pensa che la storia antropologica ebbe inizio sul promontorio del Gargano con l'apparizione dell'Arcangelo Michele più di sedici secoli or sono quando ancora il Cristianesimo conviveva con le allora attuali religioni pagane. Ma se analizziamo le carte romane si nota che gli insediamenti sedentari sono precedenti all'apparizione dell'Arcangelo e si trovavano sulla costa e ai piedi del sontuoso monte (Ergitium ,Sipontum ,Merinum ,Teanum , ,Apulum ,Urium).
Si trovano degli insediamenti umani persino precedenti a questi ultimi, ma bisogna risalire addiritturà all'età del bronzo, tanto è vero che lungo la provinciale che collega Foggia con San Marco in Lamis, a qualche chilometro da Borgo Celano, in zona"Chiancata La Civita-Valle di Vitturo"  è stato ritrovato la necropoli più antica della intera Europa. Altre testimonianze sono date dagli insediamenti rupestri e dalla innumerevole presenza di oggetti litici e di mura megalitiche che si sono scoperti nel corso degli anni sul Gargano.
 

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Toro seduto

 

Per noi i guerrieri non sono quello che voi intendete. Il guerriero non è chi combatte, perché nessuno ha il diritto di prendersi la vita di un altro. Il guerriero per noi è chi sacrifica sé stesso per il bene degli altri. È suo compito occuparsi degli anziani, degli indifesi, di chi non può provvedere a sé stesso e soprattutto dei bambini, il futuro dell'umanità.

Toro seduto

 

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Tutto ciò che l'uomo ha imparato

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona e il seguente testo "Tutto ciò che l'uomo ha imparato dalla storia, é che l'uomo dalla storia non ha imparato niente. Hegel"

 

Servo di Dio Don Antonio Spalatro .

 

Messaggi del 07/05/2025

VIESTE – Sistemazione strade cittadine, approvato progetto per 416 mila euro Il Mag 7, 2025

Post n°33460 pubblicato il 07 Maggio 2025 da forddisseche

VIESTE – Sistemazione strade cittadine, approvato progetto per 416 mila euro
260

Con delibera n. 113 in data di oggi, 7 maggio 2025, la Giunta comunale, su conforme istruttoria del Dirigente del Settore Tecnico, Ing. Vincenso Ragno, e proposta del Sindaco, Giuseppe Nobiletti, ha approvato il progetto di fattibilità tecnico-economica, redatto dall’ing. Antonio Pio Morra, per la sistemazione di alcune strade comunali. L’importo complessivo del progetto ammonta a 416 mila euro. Le strade interessate dalla sistemazioe sono le seguenti: Strada comunale Masella; Piazzale Aldo Moro; Via Luigi Einaudi; Via Parini; Via Cappuccini; Corsello di accesso chiesa del SS. Sacramento; Località Imbarcatoio; Area Piano Integrato S. Andrea; Via Santa Margherita; altri interventi puntuali.

 

 
 
 

VIESTE TRA STORIA E SOSTENIBILITÀ: TOUR GUIDATI IL 9 MAGGIO 7 Maggio 2025 Nell’ambito del progetto europeo FORTIC – INTERREG I

Post n°33459 pubblicato il 07 Maggio 2025 da forddisseche

VIESTE TRA STORIA E SOSTENIBILITÀ: TOUR GUIDATI IL 9 MAGGIO

Nell’ambito del progetto europeo FORTIC – INTERREG Italia-Croazia, è prevista per il 9 maggio una giornata di visite guidate gratuite alla scoperta delle fortificazioni costiere e delle testimonianze storiche del territorio.

Un’iniziativa che coniuga la valorizzazione del patrimonio culturale con un modello di turismo sostenibile e accessibile.

Castello di Vieste: 11:30 – 20:00

Torre di Porticello 18:30 – 20:00

Mura Storiche di Vieste

Per ulteriori info:

Andrea Troisi

Email: a.troisi@comune.vieste.fg.it

Telefono: +39 320 056 4382

 

 
 
 

VIESTE – Andar per funghi (ma con il tesserino) Il Mag 7, 2025 96 Condividi Grazie all’impegno dell’Assessorato Agricoltura d

Post n°33458 pubblicato il 07 Maggio 2025 da forddisseche

VIESTE – Andar per funghi (ma con il tesserino)
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Grazie all’impegno dell’Assessorato Agricoltura del Comune di Vieste e alla collaborazione con l’Associazione Micologica Foggia – APS, arrivano finalmente anche nella nostra città i Corsi di Micologia. Il corso, che si terrà presso l’Auditorium Falcone – Borsellino (Scuola Don Antonio Spalatro, via G. Verdi), consentirà ai partecipanti di conseguire l’attestato necessario per il rilascio del tesserino per la raccolta dei funghi epigei freschi.
“Tanti cittadini mi avevano chiesto di organizzare questo corso anche a Vieste”, ha dichiarato l’assessore all’Agricoltura Tano Paglialonga. “Ho raccolto con piacere le loro richieste e, dopo un lavoro di confronto con l’Associazione Micologica Foggia, siamo riusciti a portare qui questa importante iniziativa. Un’opportunità formativa che risponde a una passione diffusa nel nostro territorio e che, al tempo stesso, promuove la raccolta consapevole e sicura dei funghi.”
Quando:
📅 Sabato 31 maggio (ore 9–13 / 15.30–19.30)
📅 Domenica 1 giugno (ore 9–13)
Per info e iscrizioni:
Dott.ssa Gabriella Ferri 334/3581816
Oppure contattare l’Associazione Micologica Foggia – APS:
📞 339/3192141 – 389/9824441
✉️ ass.micologicafoggia@gmail.com

 

 
 
 

IL 7 MAGGIO DI 249 ANNI FA, A ISCHITELLA, NASCEVA UN ESPONENTE DI SPICCO DELL’ILLUMINISMO ITALIANO PERSEGUITATO FINO ALLA MORTE

Post n°33457 pubblicato il 07 Maggio 2025 da forddisseche

IL 7 MAGGIO DI 249 ANNI FA, A ISCHITELLA, NASCEVA UN ESPONENTE DI SPICCO DELL’ILLUMINISMO ITALIANO PERSEGUITATO FINO ALLA MORTE PER LE SUE IDEE. PIETRO GIANNONE, DISSIDENTE SCOMODISSIMO

Condannato dalla Curia napoletana formalmente per non aver chiesto il permesso ecclesiastico e temendo soprattutto la violenza popolare (oltre a negare il purgatorio, i miracoli, l’intercessione dei Santi e la verginità della Madonna, aveva persino condannato la devozione verso San Gennaro, dovette rifugiarsi a Vienna, sotto l’ala protettiva del principe Eugenio di Savoia.

Esponente di spicco dell’il­luminismo italiano, Pietro Giannone veniva dalle Puglie, essendo nato a Ischitella il 7 maggio 1676. Discendente da una famiglia di avvocati (an­che se il padre era uno spezia­le), a diciotto anni lasciò il pa­ese natale per intraprendere gli studi di giurisprudenza a Napoli. Lì conseguì la laurea e si formò ideologicamente en­trando in contatto con filosofi vicini a Giambattista Vico, Car­tesio e Nicolas Malebranche.

Ancora a Napoli cominciò ad attendere alla sua opera prin­cipale, ‘Dell’istoria civile del regno di Napoli’ che, edita nel 1723, gli procurò subito gravi problemi per i contenuti for­temente anticlericali. Ma fra i detrattori del Giannone van­no considerati anche quegli intellettuali che al pensatore pugliese rimproveravano d’es­sere un plagiario, benché all’e­poca, non esistendo il diritto d’autore, fosse prassi citare opere altrui senza indicarne l’autore.

Condannato dalla Cu­ria napoletana formalmente per non aver chiesto il permesso ecclesiastico e temendo so­prattutto la violenza popolare (oltre a negare il purgatorio, i miracoli, l’intercessione dei Santi e la verginità della Ma­donna, aveva persino condan­nato la devozione verso San Gennaro), dovette rifugiarsi a Vienna, sotto l’ala protettiva del principe Eugenio di Savo­ia. Mentre la sua fama comin­ciava a diventare europea, per il Giannone iniziava la vita da esule.

Fu a Venezia, poi a Mo­dena, Ferrara, Milano, Torino, infine a Ginevra, senza mai smettere di cercare di fare ri­entro a Napoli ; pressato dal­la Curia, il Sovrano gli negò sempre tale diritto. La perma­nenza in Svizzera fu breve, in­terrotta dall’arresto, avvenuto il 1° aprile 1936 a Vesenaz, un villaggio della Savoia, dove era stato maliziosamente attirato. – Non si è mai saputo chi lo tirò in trappola.

Di sicuro erano in molti i potenti che volevano consegnarlo all’Autorità ecclesiastica per ricavarne vantaggi politici. – Anche da prigionie­ro, Giannone ebbe vita noma­de. Fu prima a Chambéry, poi al castello di Miolans, sempre in Savoia, in cui rimase fino al settembre 1737. Spostato nel­le carceri di Porta Po, a Torino (dove fu anche costretto a fir­mare un atto di abiura che, a causa dell’ennesimo tranello, non gli valse la libertà), venne trasferito nel castello di Ceva, nel Cuneese.

Definitivamente trasferito a Torino, vi morì il 17 marzo 1748 attendendo a un convulso lavoro di revisione di opere già avviate e di composi­zione di nuove: i Discorsi sugli Annali di Tito Livio, l’Apologia de’ teologi scolastici, l’Istoria del pontificato di Gregorio Ma­gno, l’Ape ingegnosa. Dei suoi settantadue anni di vita, ne aveva passati tredici fuggen­do i suoi persecutori e dodici in carcere. – Nell’immagine, un ritratto di Pietro Giannone eseguito da Faconti Dionigi (1826-1865) e conservato nel­le gallerie della Pinacoteca di Brera.

 

 
 
 

VIESTE/ LETTURA ANTROPOLOGICA SEMPLICE DELL’ORGANIZZAZIONE DELLA FESTA DI S. MARIA DI MERINO 7 Maggio 2025

Post n°33456 pubblicato il 07 Maggio 2025 da forddisseche

VIESTE/ LETTURA ANTROPOLOGICA SEMPLICE DELL’ORGANIZZAZIONE DELLA FESTA DI S. MARIA DI MERINO

La festa di S. Maria di Merino non è solo un movimento di massa, sostenuta da una magica coreografia e accompagnata da singolare folclore. Tentarne una lettura serena e spiritualmente libera significa entrare nello spirito della festa stessa, capire il suo grande messaggio.

A noi che la viviamo puntualmente ogni anno sembra non dire più di tanto.

Tutto appare normale, omologato, tutto scontato. La consuetudine e l’assuefazione appannano lo smalto e la vivacità anche alle realtà più profonde, più impegnative della vita. Voglio compiere un gesto che ci è familiare. Come la brava massaia, amante della pulizia della propria casa, impugna lo straccio e pulisce, così voglio togliere la polvere del tempo e della consuetudine dalla nostra splen­dida festa a Maria. Indipendentemente dal fatto se la struttura della festa si è imposta nell’insieme ad un certo momento o se è venuta formandosi poco per volta. Chi l’ha pensata e messa in atto ha certamente voluto annetterle un profondo significato di fede, un grande valore storico.

Provo ad evidenziare e leggere i momenti, le tappe della festa.

Va subito detto che la festa di S. Maria di Merino non si riduce agli ultimi tre giorni: veglia – festa – chiusura. Fanno parte integrante della festa i sabati del pellegrinaggio (7-8 ogni anno a cominciare dal primo sabato di marzo), il rito dell’intronizzazione f30 aprile), il novenario (30 aprile – 8 maggio), i primi vespri solenni (8 maggio sera), la discesa del Simulacro la sera della vigilia, la giornata della festa (9 maggio), la chiusura (10 maggio) e l’ottavario (16 maggio).

PELLEGRINAGGI

Iniziano il primo sabato di marzo e si protraggono per tutti i sabati di marzo e di aprile: se n’eccettuano il sabato santo e l’ultimo di aprile quando cade il 30, giorno dell’intronizzazione della Madonna. Complessivamente quindi sono sette oppure otto nell’anno, cui vanno aggiunti quello del giorno della festa e quello dell’ottavario.

Una prima annotazione: i sabati di S. Maria sono legati alla liturgia. Essi sono una lunga preparazione alla festa, ma che si accom­pagnano alla liturgia del tempo. Per la prima parte (i pellegrinaggi di marzo) la pratica del pellegrinaggio si pone accanto alla liturgia quaresimale e cammina con essa. La messa, che si celebra al Santua­rio all’arrivo dei pellegrini, è quella quaresimale. La proposta liturgica, attraverso la Parola, è un richiamo allo spirito quaresimale: la conver­sione e il ritorno a Dio in penitenza. Tale proposta riceve maggiore impulso dalla condizione pellegrinante del popolo presente.

Gli altri sabati o pellegrinaggi cadono nel periodo pasquale. Una sosta al Sabato Santo, una pausa di riflessione necessaria per verificarsi e celebrare nella gioia la Pasqua di Risurrezione. Questo spirito gioioso si protrae per gli altri sabati dopo la Pasqua nell’esercizio della novità di vita. Ancora una volta la Parola di Dio guida e nutre i passi del pellegrino. Il pellegrinaggio non è una pratica cervellotica, bensì un cammino di purificazione e di gioia, che trova nella liturgia la pedagoga.

pellegrinaggio, però, non è solo questo. “E un momento espres­sivo della vita dei credenti. Esso evoca il cammino personale del credente sulle orme del Redentore: è esercizio d’ascesi operosa, di pentimento per le umane debolezze, di costante vigilanza sulla propria fragilità, di preparazione interiore alla riforma del cuore” (1). In tutte le religioni, di tutti i tempi, il pellegrinaggio ha sempre avuto un ruolo principale tra le espressioni di vita di fede. Lo ha avuto soprattutto nella religione ebraica, dove il pellegrinaggio è stato prima un fatto di vita sociale e poi religioso. La Legge prevedeva un triplice pellegrinaggio in un anno per celebrare le tre grandi feste: Pesach, Shavuot, Succot. Gesù stesso ha vissuto questi pellegrinaggi durante la sua vita dai dodici anni in poi.

Anche la nostra religione ha incoraggiato il pellegrinaggio, in particolare alla tomba di Cristo e dei martiri.

Li incoraggia tuttora perché ogni pellegrinaggio è una presa di coscienza di essere in cam­mino verso la patria vera. Come il pellegrino, l’uomo che cammina sulla strada della vita sente il disagio dell’andare e la fatica ed è spinto a guardare alla sua dimora eterna.

La nostra festa patronale si dispiega per lungo tempo sull’esperienza del pellegrinare. L’andare e il ritornare a piedi verso e dal Santuario implica un costante impegno a riscoprirsi nella condizione di pellegrino, senza fissa dimora, su questa terra. Canti struggenti in questo senso canta il nostro popolo pellegrino:

Siano pellegrini e siamo figli tuoi,

Santa Maria di Merino, prega per noi.

Chi ha pensato di organizzare la festa con una pratica così lunga di pellegrinaggio, ha tenuto certamente presente la situazione dell’uomo viatore e lo ha disposto alla celebrazione della festa mariana patronale, perché questa lasci i segni di fede vivi nel suo cammino di vita.

INTRONIZZAZIONE E NOVENARIO

Nel rituale della celebrazione della festa a Maria è prevista l’intronizzazione. Alla Madonna in trono si riconosce la regalità e la sua mediazione esemplare.

Il gesto dell’intronizzazione riveste un carattere d’eccezionale solennità. L’esperienza insegna che non accade la stessa cosa in altri luoghi dove la Madonna viene intronizzata. E per lo più un rito sempli­ce, uno spostare da un luogo all’altro il simulacro sacro, senza particolari contorni. A Vieste invece la Madonna è intronizzata in un contesto intenso di riti significativi.

 La chiesa Cattedrale è gremita all’inverosimile. Tutti si fanno un onore, un impegno per garantire la propria presenza. Si sceglie così di diventare protagonisti presenti al momento in cui la Madonna, prima d’essere intronizzata, passa in mezzo al suo popolo, per creare il primo contatto diretto con la propria Patrona. Difatti, con l’emozione che riempie l’assemblea per tutto il tempo della durata della cerimonia, è possibile sentire il fremito del popolo, mentre la Madonna viene prelevata dal suo abitacolo abituale, la sua nicchia, sull’altare presa a braccio e, dopo aver attraversato tutta la navata, viene posta sull’altare, e quindi in trono, sul palco apposita­mente preparato. Il fremito diventa commozione che si scioglie in pianto, si esprime in grida, mani protese, frammiste al canto che accompagna. E impressionante la dimensione di questo fenomeno d’accompagnamento da parte di tutto il popolo. In effetti, in quegli attimi, tutti si sentono e si vedono nei pochi fortunati che hanno la bella sorte di poter toccare, prendere e portare la Madonna. Non solo la presenza, c’ero anch’io, ma il contatto, attraverso l’immagine, con il divino.

Nella storia delle religioni il contatto con il divino è costantemente ricercato e praticato, fino all’immedesimazione, attraverso una pratica iniziatica intensa. E questo il fine della religione. La religione ebraica in particolare, cui noi siamo debitori, non vive senza questo contatto – presenza viva con il suo Dio. La nube era segno di questa presenza. L’accompagna nel deserto e ricopre il Tempio e l’Arca dell’Alleanza. La certezza della presenza divina è protezione e vita.

 Nel cristianesimo il contatto diventa ipostasi, Dio si fa creatura umana per essere uomo tra gli uomini. L’immagine sacra, non vissuta come idolo, è la media­zione per questo contatto diretto. Il pianto e le grida non sono solo invocazioni, sono anche gioia e commozione per la protezione accordata e ritrovata in Dio per Maria.

Una ridda di sentimenti pervade l’anima di ciascuno che non è lì solo a nome proprio, ma rappresenta gli assenti, vicini e lontani, rappresenta anche i trapassati, forza della tradizione, che questo momento di profonda gioia e di fede ha garantito e trasmesso. Fortu­nato chi riesce a toccare, passando, la sacra statua; sembra garantirsi, attraverso il contatto, uno sguardo di predilezione e un’attenzione particolare di Dio e di Maria, la Madre, come dicono i canti che accom­pagnano questi momenti. Per continuare questo contatto, molti si fanno asciugare, ora o in altri momenti, il volto di Maria con pezzuole o fazzoletti bianchi appositamente preparati. Per taluni sarà il fazzoletto o la pezzuola, che ha toccato la Madonna, a ritornare utile nei momen­ti di dolore, di malattia, di sofferenza, facendola passare sulla parte del corpo interessata. C’è chi afferma di aver ricevuto particolari favori grazie a questo fazzoletto, che diventa oggetto di vera e propria vene­razione. Il fazzoletto che ha toccato la Madonna garantisce la continui­tà del contatto e la possibilità del favore divino.

Sventolano in questo momento i fazzoletti in segno d’affettuoso saluto e devozione. Quell’icona che ha guardato i suoi figli dall’alto dell’altare per tutto un anno, ora è in mezzo al popolo. La sacra immagine sembra passare di mano in mano dall’altare della Cappella all’altare maggiore. Centinaia di sguardi la seguono trepidanti. Maria diventa regina. Occhi umidi di lacrime, nodi alla gola, cuori commossi in questo splendido momento che si vorrebbe durasse nel tempo. Maria domina dall’alto la pietà del suo popolo devoto.

Tutti pregano, tutti l’invocano, tutti l’ammirano su quel trono di gloria e di grazia che il popolo ha preparato per la sua Regina e Sovrana: trono sontuoso e diverso ogni anno, segno e simbolo della pietà del popolo e della regalità di Maria. La Madonna è finalmente al suo posto per la festa.

Può iniziare la messa e la meditazione sulla Madre di Dio, che durerà per tutto il tempo della novena. Il popolo non lascia sola Maria in questi giorni. Una processione di gente, interminabile, caratterizza queste giornate. Si va a guardare la Madre. Tutti si fanno un onore partecipare almeno una volta al novenario, che è festa a Maria, culto e riflessione. Al centro, il mistero Trinitario, come molto bene esprimo­no le parole della novena, cantata ogni sera dall’officiante con dolce cantilena. L’atmosfera è sempre calda, struggente, popolare.

I VESPRI SOLENNI

L’otto maggio è giornata di vigilia. Coincide con la festa di S. Michele Arcangelo. A sera, il cuore della giornata. Il Vescovo, vestito d’abiti pontificali, fa il suo ingresso solenne nella Cattedrale stipata di gente in ogni ordine e grado. Lo precede il Capitolo al gran completo, il Clero e il gonfalone dell’Amministrazione civica con tutte le autorità civili e militari e il Comitato per le festività.

Il Vescovo prende posto sul faldistorio al centro del presbiterio, circondato dal Capitolo e dal Clero. Ai primi banchi siedono le autorità. Il primo atto previsto dal cerimoniale è l’omaggio del Capitolo e del Clero al Vescovo, seguita dall’offerta floreale e dei ceri da parte del primo Cittadino e del pre­sidente del Comitato per le festività al Vescovo, residuo di un antico impegno di cui la municipalità si era fatto carico all’atto della costru­zione della Cappella dell’Università. Si prosegue con la celebrazione dei Vespri solenni, presieduti dal Vescovo, cui tutto il popolo partecipa con il canto. La preghiera, questa preghiera, prepara immediatamente la festa della Madonna. Fa seguito la preghiera a Maria Protettrice e la benedizione eucaristica. Quindi il Vescovo si ritira con il Capitolo e il Clero in Episcopio, dove riceve il saluto delle Autorità. La gente in chiesa continua con il canto nell’attesa della discesa di Maria dal trono, che l’ha vista Regina durante il novenario. E festa piena.

LA DISCESA

L’ora fatidica si avvicina, mentre la chiesa Cattedrale continua a rimanere gremita di gente che vuole diventare testimone e protago­nista anche di questo bellissimo momento. Anzi ai presenti se ne aggiungono altri e la folla diventa inverosimile. Sono tutti lì nell’attesa del momento che giunge a rinnovare le emozioni e le suggestioni. Tra il canto e le lodi, la Madonna dal trono è portata di nuovo in mezzo al suo popolo. Nessuno si perde un attimo di questo momento; occhi e mani seguono con apprensione lo spostamento della sacra immagine: è poggiata su un piedistallo preparato per la circostanza nella sua splendida e dorata portantina.

D’ora in avanti Maria è di tutti, del popolo. Cominciano a sfilare i fedeli: mani protese al bacio, fazzoletti da passare sul volto di Maria, occhi lucidi di commozione; troppa gente in poco spazio. Si va avanti anche a spintoni. L’unico desiderio è di toccare l’immagine e sentirsi per un momento invasi dalla misteriosa potenza risanatrice di Maria e rimanere con questa sensazione nel cuore, nella mente, nella memo­ria il più a lungo possibile. La folla sfila non senza difficoltà, raccolta e attenta. A volte prevale il disordine, la confusione, ma il tutto è nel cerimoniale rigido e secolare. Tutto è omologato.

É bello fermarsi un po’ lontano dalla mischia per osservare e cercare di capire questo movimento interminabile, che dura fino a tarda notte. Il sentimento prevalente della gente è la commozione. Sembra trovarsi bene questo popolo con la sua Madonna e viceversa.

Con la commozione spesso si accompagna la speranza e l’implorazione. Non mancano volti segnati dalla sofferenza, protesi verso il volto dolcissimo di Maria nell’attesa di una grazia, di un favore che tarda a venire. É tutto là il popolo di Vieste, soprattutto di quanti, esuli, fanno ritorno per la circostanza al proprio paese; sono tutti lì i bisogni, le preghiere, le istanze del popolo, che per intervento di Maria chiede salute fisica e spirituale.

Ad uno sguardo estraneo, disattento od ostile, tutto ciò può apparire fanatismo, esibizionismo, protagonismo, caos, e forse in parte lo è. Non manca neanche chi classifica simili gesti come idolatrici. Chi conosce il popolo di Vieste sa che tutto questo è cuore, non formalità. Da ora e per tutta la giornata di domani la Madonna è del popolo e il popolo la possiede con il cuore e con lo sguardo e, domani, con l’autorità. Il registro che domina la scena è la gioia, la festa, che è espressa con il canto ininterrotto, che si fa sublime preghiera: sublime, perché esprime sentimenti grandi e nobilissimi in un contenitore musicale popolare, ricco, sentimentale; preghiera, perché riesce ad evocare tutti i sentimenti del cuore e ad esprimerli con parole toccanti.

Si fa notte. S’interrompe la processione dei fedeli verso la Catte­drale. In quella chiesa ci sono tutti i cuori dei viestani, pronti all’indomani ad esplodere con tutta la potenza e l’energia accumulata in questi giorni.

IL 9 MAGGIO

É la giornata per eccellenza. Di questa splendida, indimenticabile giornata diremo nel capitolo seguente.

LA CHIUSURA

La stanchezza del lungo e faticoso pellegrinaggio non ha affievolito il vigore dei fedeli. Di buon mattino, una numerosa rappresentanza di fedeli è di nuovo lì, in Cattedrale, per la messa e la reposizione della Madonna. Maria è a stretto contatto con il suo popolo davanti al presbiterio. Si celebra la messa e, appena terminata, inizia l’ultimo atto: l’ultimo saluto, l’ultimo canto e la sacra immagine è di nuovo sollevata e trasportata nella sua nicchia nella Cappella. E tanta la folla che si ha la sensazione che la Madonna passi di mano in mano fino al suo posto. Oggi, come al 30 aprile, si odono grida, invocazioni, preghiere, canti in un unico concerto di fede e d’amore. Si assiste con partecipazione all’ultimo momento della festa a Maria. E quando la Madonna è ritornata nella sua Cappella, gli occhi di tutti si fermano per l’ultimo sguardo e l’ultimo canto. Pian pianino la gente, commossa, comincia a sfollare. Si torna alle occupazioni quotidiane. La festa è finita. Non fosse per il cuore dei viestani che batte per Maria, sembre­rebbe che la Statua se ne stia in quella solitudine come in un esilio.

D’ora in poi la preghiera a Maria sarà individuale e silenziosa fino al 6 agosto, quando il rito si ripeterà integralmente in maniera ridotta per il novenario e la festa dell’Assunta, cui è dedicata la Cattedrale. Maria non si sottrae mai al popolo viestano. E lì per ascoltarli, incon­trarli, parlare in un dolce colloquio d’amore.

L’OTTAVARIO

La festa ha uno strascico, un’appendice. Otto giorni dopo, il popolo si rimette in cammino, per ringraziare. Qualcosa nel rito cambia. Non più stendardo, non più lunghe preghiere e rosari. Si raggiunge il Santuario per dire grazie al Signore per Maria. Egli continua ad operare tra noi cose meravigliose. E la festa a Maria è una cosa meravigliosa che Dio concede al suo popolo di celebrare d’anno in anno. Anche se non compare tra i canti della giornata, il Magnificat è la preghiera che meglio interpreta i sentimenti che sono nel cuore dei viestani, lì presenti, come sempre, numerosi. L’anima dei viestani magnifica il Signore e il cuore esulta in Dio suo salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva che è proclamata beata da tutte le generazioni cristiane. Dio ha compiuto e compie cose grandi in mezzo al suo popolo tramite Maria. Il Nome del Signore è grande per chi lo ama e si è scelto Maria come modello ed esempio. Si celebra la messa di ringraziamento e a mezzogiorno si prende la strada del ritorno.

Il rientro è alla spicciolata, si fa ritorno a casa con una sosta a S. Loren­zo. Una numerosa rappresentanza di popolo attende sulla collina il ritorno dei pellegrini. Si fa sosta e festa insieme. Alla fine si ricompone il gruppo e si arriva alla Pietra grande della Madonna, dove si scioglie, dandosi l’arrivederci al prossimo anno.

Non è fuori luogo fare un accenno ai personaggi, alcuni storici e famosi, che animano il cammino dei pellegrini. Sono uomini e donne di grande fede e di vita semplice, che riescono ad esaltarsi ed esaltare con la devozione viscerale a Maria durante tutto il periodo della festa. Alcuni di questi personaggi diventano istituzioni, punto di riferimento per tutti, in specie per i giovani, per quello che riescono ad esprimere in queste devozioni. Sono quelli che, raccolta l’eredità degli avi, la tradizione, assicurano la trasmissione fedele, scrupolosa e integrale di quanto essi stessi hanno ricevuto. Garanzie d’autenticità. La festa a Maria è giunta fino a noi tramite loro, grazie a loro.

NOTA

1 – Giovanni Paolo II, lncarnationis Mysterium

merino, il santuario, la festa

don giorgio trotta

 

 
 
 

VERSO LE ELEZIONI/ EMILIANO-VENDOLA ALLE REGIONALI IL DUELLO CHE PREOCCUPA DECARO 7 Maggio 2025

Post n°33455 pubblicato il 07 Maggio 2025 da forddisseche

VERSO LE ELEZIONI/ EMILIANO-VENDOLA ALLE REGIONALI IL DUELLO CHE PREOCCUPA DECARO

Il governatore e il suo predecessore continuano nella polemica a distanza alla vigilia di una campagna elettorale che li avrà fra i protagonisti. I dubbi dell’eurodeputato Pd.

Nichi Vendola? Ora è diventa­to ingombrante. La riflessio­ne agita sia qualcuno dei suoi sia Antonio Decaro, il quasi certo candidato alla presidenza della Regione. L’europarlamentare del Pd, più precisamente, è mol­to insofferente all’idea di avere nel prossimo Consiglio regionale due ex presidenti che si guardano in cagnesco.

Di più: Michele Emi­liano e il suo predecessore si lan­ciano bordate reciprocamente un giorno sì e l’altro no. L’ultimo at­tacco è partito pochi giorni fa dal governatore in carica: «Abbiamo preso una Regione in ginocchio». Nichi ha risposto «sottraendosi al­la rissa» salvo rinfacciarli la sua propensione al trasformismo, così come Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde e leader naziona­le dell’Alleanza Verdi Sinistra, quasi a voler prevenire lo scenario di una campagna elettorale sincro­nizzata sul 2015 anziché sul 2025. Un regolamento fra ex che per il deputato ecologista potrebbe oc­cultare quelle che ritiene la re­sponsabilità principale dell’emilianismo: la «transumanza di poli­tici da destra a sinistra per il pote­re».

Un giudizio particolarmente se­vero a pochi mesi dalle elezioni re­gionali, che potrebbero arrivare all’improvviso. Molto prima di quel­lo che ci si attende, se proprio Emi­liano decidesse di bruciare le tap­pe. E questo potrebbe avvenire en­tro questo mese, quando il Consi­glio di Stato si pronuncerà sul ca­so del Veneto. Dove lo Statuto con­sentirebbe a Luca Zaia di spostare le elezioni a gennaio. E se dovesse essere confermata quest’ipotesi, anche la Puglia potrebbe essere tentata di percorrere questa stra­da.

Sono ipotesi residuali: quasi certamente si voterà fra settem­bre e novembre, più verosimilmente a ottobre. Ma Emiliano e gli altri presidenti che vanno al voto stanno aspettando questa scaden­za per decidere se concordare in­sieme la data. Nel frattempo si liti­ga alla grande. E Decaro soffre.

L’ex sindaco di Bari sta vivendo questa fase come una tortura: non può dire nulla fino a quando non si ufficializzerà, per l’appunto, la data e quindi per il momento lui è soltanto il presidente della com­missione Ambiente nel Parlamen­to europeo. E in questa veste si oc­cupa di cose complicatissime, co­me le tecniche genomiche per la resistenza delle piante all’assenza d’acqua e agli agenti patogeni o la resilienza idrica. Ieri ha partecipato al dibattito sul bilancio e ha

chiesto fondi per gli obiettivi della lotta ai cambiamenti climatici. Sta maturando esperienza e visibilità su temi cari alla galassia green e questo, nonostante le critiche sul­l’aumento del consumo di suolo nel corso del suo decennio barese, gli consolida le simpatie di Bonel­li. Ma la prospettiva di Vendola candidato al Consiglio regionale, anche se in suo sostegno, manda in fibrillazione Decaro, malgrado la stima e gli ottimi rapporti che in­trattiene con lui.

Le scaramucce di queste settimane, inoltre, non rischiano solo di essere il preludio di una competizione litigiosa, che potrebbe allontanare gli indecisi. Potrebbe oscurare la novità della sua discesa in campo. E farlo appa­rire, in prospettiva, come un go­vernatore dimezzato e continuamente lacerato fra Emiliano, che potrebbe diventare il futuro presi­dente del Consiglio regionale, e Vendola, che svolgerebbe il ruolo di anima critica del “sistema” tra­sversale che Michelone sta ceden­do in comodato d’uso non gratui­to all’ex delfino.

Ma oltre ai big ci sono anche i partiti. Nel Pd il segretario regio­nale Domenico De Santis è intervenuto su Emiliano per frenare i suoi assalti verbali nei confronti sia di Vendola sia del Movimento 5 Stelle. La linea è che bisogna es­sere, come dice la leader Elly Schlein, «testardamente unitari».

Avs, da una parte, pone al tavolo la questione «perché il governato­re si può candidare e Nichi no?». Dall’altra, c’è chi, tra i Verdi, mal digerisce la sua candidatura. In particolare a Taranto, dove gli con­testano la sua azione sull’ex Uva. Però il poeta-presidente tira: ieri all’Ateneo di Bari, dove ha tenuto una prolusione su Pierpaolo Paso­lini, lo hanno acclamato. E nei cor­ridoi, in tanti lo fermavano: «Metti­ti in lista, fallo per noi».

repubblicabari

 

 
 
 
 
 

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