Una lettera, la K, custodita in un manoscritto napoletano del Duecento riaccende la storia: il toponimo Kalena, donato dalla Chiesa di Siponto ai benedettini delle Tremiti nel 1023, rivela radici greco-bizantine e apre nuove piste sulla storia sacra del Gargano
Nel cuore silenzioso della Biblioteca Nazionale di Napoli, un antico manoscritto del XIII secolo ha riportato alla luce una storia dimenticata: il legame profondo tra le Isole Tremiti, l’abbazia benedettina di Santa Maria e un piccolo luogo del Gargano chiamato – con una grafia insolita ma originale – Kalena.

Non «Calena», come spesso si legge oggi, ma Kalena con la «K». Questa denominazione compare nel Préambule della carta di donazione del luglio 1023, redatta dall’arcivescovo Leone di Siponto. Ma questo dettaglio, apparentemente minore, emerso grazie agli studi dello storico francese Jules Gay nel 1897, rivela molto più di una semplice variazione ortografica.
Una donazione monastica e una toponomastica dimenticata
Il documento – parte di un cartulario inedito del monastero di Tremiti, oggi conservato nel fondo manoscritti della biblioteca napoletana (Ms. XIV. A. 30), – riporta le parole con cui l’arcivescovo Leone dona ai monaci dell’isola una chiesa rurale abbandonata di Peschici. «Una ecclesia deserta in loco que vocatur Kalena, cujus vocabulum est Sancta Maria» – si legge nel testo che riporta la donazione dell’anno 1023 – viene offerta al monastero di Tremiti per il suo recupero spirituale e agricolo.
La storia nelle lettere: nota filologica, Kalena o Calena?
La scelta di usare la K, rarissima nei testi latini medievali d’Italia, non è casuale. Riflette un toponimo arcaico, forse di origine prelatina o greco-orientale, conservato nell’uso clericale durante la lunga influenza bizantina sulla Capitanata. Il documento è datato «nel 62° anno dell’impero di Basilio e Costantino», segnando con precisione il contesto culturale greco-latino in cui fu redatto. Questa forma arcaica è stata rivalutata e adottata dal Centro Studi «Giuseppe Martella» – promotore di iniziative di tutela del sito – nel volume di Autori vari curato da Liana Bertoldi Lenoci, “Salviamo Kalena. Un’agonia di pietra” (Edizioni del Parco, Foggia, 2003). L’adozione della grafia Kalena intende ripristinare la forma storica del nome, oltre a evidenziare la continuità culturale con le fonti medievali e a distinguere il sito come bene storico-architettonico, non ridotto a semplice toponimo locale. Il passaggio da «Kalena» a «Calena» è avvenuto lentamente nei secoli successivi, probabilmente per influsso della lingua volgare e della standardizzazione latina. Ma il documento del 1023 ci restituisce l’autenticità del toponimo così come veniva percepito e scritto nel pieno Medioevo, durante la transizione tra il dominio bizantino e l’affermazione normanna in Puglia. Dal punto di vista della toponomastica storica, la forma «Kalena» apre nuove piste di ricerca: potrebbe derivare da una radice greco-orientale (forse kale, «bella»); da un antico termine italico riferito a un’area naturale o sacra; oppure ancora, riflettere l’uso formale bizantino nella documentazione vescovile del tempo.
Dal silenzio degli archivi al dibattito storico
A riportare all’attenzione questo prezioso documento è stato Jules Gay, studioso di storia medievale dell’Italia meridionale, che nel 1897 pubblicò su «Mélanges d’archéologie et d’histoire» un saggio fondamentale intitolato *Le monastère de Tremiti au XIe siècle d’après un cartulaire inédit”. Lì, Gay evidenzia per la prima volta la portata storica del cartulario ritrovato a Napoli, contenente oltre cento atti tra l’XI e il XII secolo, che offrono uno sguardo dettagliato sul potere, le terre e le strategie di sopravvivenza di uno dei monasteri più remoti e combattivi dell’Adriatico. Il caso di «Kalena» è emblematico. Non solo conferma l’antichità della chiesa rurale di Santa Maria, nei pressi dell’attuale Peschici, ma mostra anche come i monaci di Tremiti agissero da pionieri nel recupero delle terre incolte abbandonate dai vescovi e dal clero urbano.
Un invito alla riscoperta
La riscoperta di «Kalena», e del cartulario delle Tremiti, è più che una curiosità filologica. È la testimonianza concreta di un paesaggio monastico, in cui le isole e la terraferma erano unite da reti di potere, spiritualità, agricoltura e diplomazia ecclesiastica. È anche un richiamo all’importanza delle fonti manoscritte conservate nei nostri archivi, spesso dimenticate, ma ancora capaci di riscrivere la storia con una sola lettera – in questo caso, una K.
L’autore del primo ritrovamento
Jules Gay, lo storico francese che ha raccontato il Medioevo
Nato a Strasburgo il 14 gennaio 1867, Jules Gay è stato uno degli storici francesi più attenti e raffinati del suo tempo, capace di spaziare dalla complessa storia del Medioevo europeo alle dinamiche politiche della Francia contemporanea. Con una carriera accademica che lo ha portato a insegnare in importanti istituzioni come l’Università di Lilla, Grenoble e l’Istituto Francese di Firenze, Gay ha lasciato un’impronta significativa nella storiografia del Novecento. La sua fama si deve soprattutto agli studi sul Medioevo, ambito in cui ha saputo combinare rigore documentario e profondità interpretativa.
Le opere principali
Tra le sue opere principali si distingue “L’Italia meridionale e l’Impero bizantino dal regno di Basilio I alla caduta di Bari (867–1075)”, pubblicata a Parigi nel 1904 e tradotta in italiano nel 1917: un testo fondamentale per comprendere i rapporti tra Bisanzio e l’Italia del Sud, in un’epoca di profonde trasformazioni politiche e culturali. Altre opere di rilievo sono ‘Il papa Clemente VI e le questioni d’Oriente (1342–1352)” e “I papi dell’XI secolo e la cristianità”, anch’esse tradotte in italiano e tuttora apprezzate da storici e studiosi. Gay ha inoltre collaborato con la prestigiosa Scuola Francese di Roma per l’edizione critica dei registri pontifici medievali, curando il volume dedicato a Nicolò III (1277–1280).
Non solo storia antica
Ma l’interesse di Jules Gay non si è fermato al passato remoto. Attento osservatore della realtà del suo tempo, nel 1911 pubblicò “Il movimento democratico e i cattolici francesi dal 1830 al 1880”, uno studio pionieristico sui rapporti – spesso tesi – tra Chiesa e politica in età moderna. Nel 1931 tornò a occuparsi di storia contemporanea con “Le due Rome e l’opinione pubblica francese”, un’analisi dei rapporti franco-italiani a partire dal Congresso di Vienna del 1815.
Nel corso della sua carriera, Jules Gay ha firmato anche numerosi articoli e contributi in riviste e raccolte collettive, partecipando attivamente al dibattito culturale del suo tempo. Un autore che merita di essere riscoperto, soprattutto per la sua capacità di coniugare metodo storico e visione d’insieme, sempre con grande chiarezza e passione.
Il saggio di Teresa Maria Rauzino è stato pubblicato su “L’Edicola” del 12 ottobre 2025
La prof. ssa Rauzino ringrazia il prof. Francesco Innangi per averle fornito il documento del cartulario inedito del monastero di Tremiti, oggi conservato nel fondo manoscritti della biblioteca napoletana (Ms. XIV. A. 30).
teresa maria rauzino
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