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Il principe dei tuberi

Post n°677 pubblicato il 28 Maggio 2012 da LivinginFortaleza
 

tuberi di manioca

E' un tubero bruttino, velenoso ma basilare. La manioca -  parola di origine tupi, mani'oka -  ha rappresentato  e rappresenta tuttora la base primaria dell'alimentazione di indios e non, coltivata da secoli e tuttora importante fonte di sostentamento per numerose comunità. E' arrivata anche nelle città, compare fra gli scaffali dei supermercati, è venduta nelle fiere, trasformata e industrializzata, continua però in molti casi ad essere prodotta artigianalmente, tutta fatta a mano, un lavoro collettivo, nelle casas da farinha. Patativa di Assarè nel suo poema "O Puxadò de Roda" le descrive come di uno spazio di socializzazione, dove era facile innamorarsi delle lavoratrici più belle,  e si lamenta dell'arrivo di macchine moderne, il cui rumore ha ceduto il passo ai canti e ai racconti che facevano passare il tempo,  accompagnavano le fasi della lavorazione. 

E' facile da coltivare, la Manihot esculenta crantz, versatile, produttiva, adatta a suoli semi-aridi. E anche se la si coltiva in varie parti dal mondo, il Brasile è al secondo posto con una produzione del 15%, tanto che è stato indetto anche un "Giorno della manioca", il 22 aprile, che coincide guarda caso con la data della scoperta delle terre brasiliane. Ma forse un caso non è. I primi colonizzatori portoghesi descrivono tali coltivazioni e l'uso di ricavarne alcuni alimenti, come quel padre gesuita Manoel da Nóbrega che nel 1551, in visita nel Pernambuco, parlava già del beiju (ossia tapioca) e delle farinhas fabbricate dagli indigeni.

 Si pianta durante l'epoca delle piogge e dopo un anno e qualche mese circa è pronta per essere raccolta.Tende a fermentare molto velocemente e per questo deve essere subito trattata. La prima fase è la sbucciatura.. al mattino presto arrivano le "raspadeiras", che, sedute sul pavimento, iniziano con un semplice coltello ed una grande velocità, a togliere la buccia, mentre man mano si formano montagnette di manioca sbucciata.

"Casa de farinha" xilografia di Demontie L.Gonzaga (Collezione MAUC Fortaleza)

Quando si è raggiunta una notevole quantità, i tuberi vengono lavati per eliminare eventuali impurità e quindi grattuggiati. Gli indios lo facevano a mano con una grattuggia gigante e tanta pazienza, adesso si usa il caititu, un mezzo rudimentale con ingranaggi di metallo, azionato da una ruota a mano o ad acqua - di qui l'importanza di avere acqua in abbondanza vicino. Se la sbucciatura è un'attività affidata alle donne, questo lavoro è di pertinenza esclusivamente maschile. Le bucce rimaste vengono raccolte dalla raspadeiras, lavate ed essiccate ed usate come foraggio per gli animali.

"Casa de farinha" xilografia di Demontie L.Gonzaga (Collezione MAUC Fortaleza)

La pasta morbida ottenuta, deve a questo punto essere pressata, per far fuoriuscire tutto il liquido in eccesso. Viene raccolta in sacchi da imballaggio, poi impilati uno sull'altro fino a raggiungere quattro strati. Dalla pressa di legno, anch'essa molto rustica, si estrae un liquido giallognolo, lattigginoso (manipueira), altamente tossico, per il contenuto di acido cianidrico, che però non viene buttato via. Nella regione del Maranhão è cotto (procedimento grazie al quale perde il veleno) ed usato come base per una bevanda ad alto tasso alcolico, il tiquira, mentre nel Parà e in tutta l'area Amazzonica è usato per preparare un condimento tipico, il tucupi. La manipueira secondo vari studi è un pesticida, battericida, insetticida e funghicida e  può essere anche usato come fertilizzante naturale, ma perchè la sua azione sia potente deve essere usato fresco.

"Aviamento" xilografia di Walderêdo Gonçalves (Collezione MAUC Fortaleza)

 Al posto della pressa, per disidratare la pasta di manioca gli indios usavano invece un sistema semplice quanto infallibile, il tipiti, una sorta di tubo morbido e flessibile, di paglia intrecciata, che veniva riempito, appeso e grazie ad un sistema di pesi,veniva, senza grandi sforzi, spremuto. Nella fase successiva, trascorsa circa un'ora e mezza sotto la pressa, la massa è pronta per essere passata al setaccio.  Sono grandi maglie metalliche e i granuli più grandi sono raccolti ed utilizzati come alimenti per i maiali.

 

Dalla decantazione e filtraggio della manipueira si ricava la goma (fecola o amido di manioca) che mescolata ad acqua viene ripetutamente filtrata, poi è messa al sole a seccare, gli si aggiuge infine un pò di farina e viene lasciata nel forno ad essiccarsi per tutta una notte, senza essere mescolata.  

"Casa de farinha" xilografia di Demontie L.Gonzaga (Collezione MAUC Fortaleza)

Anche la farinha deve essere torrefatta, per eliminare eventuale umidità, collocata in grandi forni rotondi, ad una temperatura controllata.E' una fase delicata, questa, che, se non eseguita bene, può compromettere tutto il processo.Solitamente sono forni alimentati a legna,  la farina è continuamente e pazientemente mescolata per tre ora circa con uno strumento di legno (di mangueira o cajueiro).La temperatura e la tecnica usata per mescolare determinano differenze nel prodotto finale. Meno caldo è il forno più la farina risulterà fine e viceversa.

Infine la si raccoglie in sacchi, la si conserva al fresco finchè non sarà consumata o venduta. Per festeggiare la fine della "Farinhadas" ossia di tutto questo elaborato processo, è tradizione invitare i lavoratori /trici e le loro famiglie per consumare tutti insieme una grande tapioca  (sorta di pancakes, poi farcito a piacere con burro , formaggio o altri ingredienti), per brindare alla fertilità della terra e commemorare questo rito/lavoro antico di secoli, talvolta  allietati da orchestrine, suoni di fisarmoniche e canti. Patativa così confermava : " Ragazzo mio, la farinata/ è stata  nella mia vita/ la cosa più animata/ la più bella e divertente/ che abbia visto sulla terra".


"Farinhadas" scultura lignea di Chico Santeiro ( collezione MAUC Fortaleza)

 
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