PENITENTIAGITE...

...e se...


Il periodo balneare e un po’ di noia fanno si che i mie pensieri svolazzino, come pipistrelli impazziti, nei meandri della mia fantasia, andando a ritrovare vecchie domande senza risposta che giacciono impolverate negli angoli più oscuri della mia mente.Tutta questa aulica premessa per dire che il quesito che sto per porre è di quelli di lana caprina i cui ritorti peli sono ben difficili da dipanare.Bando alla ciance, la domanda è questa: ma sottomettersi ad una persona di cui si riconosce il valore, il prestigio e magari anche una non disprezzabile gradevolezza estetica, non sarà mica una forma edulcorata di appartenenza?Mi spiego meglio: sono anni che, come una leggenda metropolitana, gira una frase molto carina che recita grosso modo: “Non potrei mai sottomettermi ad un uomo che sbaglia i congiuntivi”.Personalmente non posso che condividere una simile affermazione, anche perché, di norma, i congiuntivi io non li sbaglio, ma, tanto per amor di discussione, mi domando: non sarà che appartenere a qualcuno che oggettivamente o soggettivamente riteniamo superiore a noi, crei una sorta di legittimazione ad essere come lui.Voglio dire: se appartengo ad una persona molto in gamba vuol dire che lo sono anche io perché è evidente che solo se ho un certo valore lui si accorgerà di me.Insomma ho un po’ la sensazione che si corra il rischio di appartenere più per autoreferenzialità che per necessità.Necessità: l’ho sempre considerata la parola chiave. E’ opinione comune che decidere di appartenere sia forse l’ultima scelta che la schiava fa prima di donarsi al suo Padrone, ma io mi domando: se si sceglie il proprio Signore che appartenenza e’?Capisco che quanto sto per dire non piacerà a molti (neanche a me a dire il vero) ma, estremizzando il concetto:  se l’appartenenza è necessità perché è così rara la sottomissione a qualcuno che, in qualsiasi altro contesto, apparirebbe inadeguato e inferiore?Perché non capita praticamente mai che a far chinare la testa e piegare le ginocchia sia il classico pugno nello stomaco, il disagio di scoprire di non poter resistere al fruttivendolo sotto casa?Perché insomma alla fine della fiera, non sia la pelle le viscere a decidere, ma faccia piuttosto premio la capacità seduttiva e il savoir faire di attrezzati raiders?Ribadisco che NON ho una risposta e che trovo valide motivazioni sia per l’appartenenza al bruto di turno quanto alla sottomissione della mente ad una mente che si percepisca più forte, ma mi piacerebbe sentire qualche opinione in merito.…dal Piccolo Principe
"Sire, su che cosa regnate?" "Su tutto", rispose il re con grande semplicita'. "Su tutto?" Il re con un gesto discreto indico' il suo pianeta, gli altri pianeti, e le stelle. "Su tutto questo?" domando' il piccolo principe. "Su tutto questo..." rispose il re. Perche' non era solamente un monarca assoluto, ma era un monarca universale. "E le stelle vi ubbidiscono?" "Certamente", gli disse il re. "Mi ubbidiscono immediatamente. Non tollero l'indisciplina". Un tale potere meraviglio' il piccolo principe. Se l'avesse avuto lui, avrebbe potuto assistere non a quarantatre' , ma a settantadue, o anche a cento, a duecento tramonti nella stessa giornata, senza dover spostare mai la sua sedia! E sentendosi un po' triste al pensiero del suo piccolo pianeta abbandonato, si azzardo''a sollecitare una grazia dal re: "Vorrei tanto vedere un tramonto... Fatemi questo piacere... Ordinate al sole di tramontare..." "Se ordinassi a un generale di volare da un fiore all'altro come una farfalla, o di scrivere una tragedia, o di trasformarsi in un uccello marino; e se il generale non eseguisse l'ordine ricevuto, chi avrebbe torto, lui o io?" "L'avreste voi", disse con fermezza il piccolo principe. "Esatto. Bisogna esigere da ciascuno quello che ciascuno puo' dare", continuo' il re. "L'autorita' riposa, prima di tutto, sulla ragione. Se tu ordini al tuo popolo di andare a gettarsi in mare, fara' la rivoluzione. Ho il diritto di esigere l'ubbidienza perche' i miei ordini sono ragionevoli". "E allora il mio tramonto?" ricordo' il piccolo principe che non si dimenticava mai di una domanda una volta che l'aveva fatta. "L'avrai, il tuo tramonto, lo esigero', ma, nella mia sapienza di governo, aspettero' che le condizioni siano favorevoli". "E quando saranno?" s'informo' il piccolo principe. "Hem! hem!" gli rispose il re che intanto consultava un grosso calendario, "hem! hem! sara' verso, verso, sara' questa sera verso le sette e quaranta! E vedrai come saro' ubbidito a puntino". Il piccolo principe sbadiglio'. Rimpiangeva il suo tramonto mancato. E poi incominciava ad annoiarsi.