Fou de Fois

RACCONTI


IL GIOVANE GOLDEN Alla fine io ce l’ho, il coraggio di andare dentro. Di andare fino in fondo.In prima liceo la professoressa d’inglese ci ha fatto leggere il giovane golden.Il giovane golden nessuno se lo immaginava cosa potesse fare. Neanche lui. Infatti l’ho piantato a metà mentre trafficava con una prostituta a pagina cinquanta.In seconda liceo la supplente di inglese ci ha chiesto se avevamo mai letto il giovane golden che era un libro di culto o pulpo, ora non mi ricordo. Nessuno ha detto che l’aveva letto. Io, per fare il di più, ho detto che ne avevo letto un pezzo. Abbiamo cominciato a rileggerlo, poi la supplente è andata in maternità ed è venuto un supplente maschio. Noi gli abbiamo chiesto se aveva mai letto il giovane golden e lui non ha risposto né sì né no. Secondo me è stato sincero. Io mi sono identificato con lui e lui si è identificato con me. I miei compagni si sono identificati con il giovane golden.La terza l’ho saltata perché ho voluto andare ad aiutare mio padre che ha un banco di frutta al mercato. Io mi occupavo delle mele. Poi ho fatto due anni in uno.C’era un prof vecchio che ci ha dato una lista di libri di pulpo per le vacanze. Il primo era il giovane golden, "personaggio accattivante", che non vuol dire che se lo leggi diventi cattivo, ma alla fine, qualcosa ti succede...In quinta hanno fatto una gita a Torino dove un tizio coi riccioli d’oro che aveva letto seicento volte il giovane golden gli ha dedicato anche una scuola. Giustamente.Io alla gita non ci sono andato perché la sera prima avevo bevuto e c’ero rimasto sotto.Non mi sono diplomato, il casco non era ancora obbligatorio, come il giovane golden.Sono entrato ieri in una libreria, per far vedere che io ce l’ho il coraggio di entrare dentro in una libreria e dire due parole di fila alla commessa. Giovane golden, ho detto. Ci ho messo il tempo che ci ha messo riccioli d’oro per leggerlo due volte.Comunque scrivere ho ri-preso. Con il computer.E penso comunque anche il giovane golden sia ancora vivo. Penso che stiamo tutti abbastanza bene. Alla fine.DELLE DUE L’UNA Tony aveva dimenticato il cellulare acceso sul mobile libreria di faggio. Era uscito. Wanda aveva chiamato. La moglie di Tony aveva risposto. Wanda aveva riattaccato. Tony tornò ed anche la moglie di Tony riattaccò. Avete mai notato che le amanti somigliano alle mogli dei fedifraghi? Sì, con quella espressione trionfante con cui appaiono sulla foto delle nozze. E sono sempre allegre. Le amanti."Delle due l’una!""O lei o te?""No, stronzo, troppo facile!""Con te è stato sempre tutto troppo difficile, una domandina facile facile, mai…?". Avete mai notato che i fedifraghi portano a maturazione talenti ermetici latenti che si dispiegano lungo lo spettro della goffaggine, dalla flagrante menzogna alla sottile ironia esercitata in tragici e poco opportuni contesti familiari? No? Cazzo ma guardatevi in giro allora! Amare il prossimo significa prestargli un po’ di attenzione! Tanto per cominciare! Ma riprendiamo dalla sgridata precedente:"Allora, cosa rispondi?"Tony e la Sfinge. Un’altra volta. Solito enigma. Cioè stavolta più grave, ma sempre enigmi, sempre enigmi. Potevano essere enigmi da niente: "Anellini o pasta e piselli?" – "Anellini"- "O pasta e piselli?". Enigmi da parole crociate, espressioni imbronciate da tavole di fisiognomica senza didascalie, musi lunghi senza misura né motivi apparenti, ragionamenti gnostici, porte sbattute e catenacci.E catenaccio fu, quella sera. Dio, se fu! La moglie di Tony aspettava ad aprire la porta. Lei e suo marito si parlavano divisi dalle maglie di una catenella tesa. Lui al freddo e lei nel gelo. Aspettavano che il loro amore morisse assiderato. Tony cedette dopo il terzo brivido, quello che precede l’ischemia. Si fece ripetere la domanda. La moglie la ripete."Delle due l’una!""Spiegamela, ti prego, spiegala al tuo baccalà!""BACCALA!". La moglie di Tony si abbandono ad un’allegra risata. In quel momento Tony rivide per un lampo la sua amante come appariva nella foto delle nozze. No, addirittura più allegra."Ridiamoci su!", suggerì Tony."IO, RIDERO! PAGLIACCIO!"."Vabeh, ridi tu!".Invece smise e cercò di chidere la porta in faccia al baccalà.Il baccalà infilò un piede, come nei film americani."Cosa cazzo vuol dire ‘Delle due l’una?’ "."Via io o via tu!".Tony, finalmente rispose, levò il piede e si allontanò nella foschia densa.Il cellulare rimase appoggiato sul mobile libreria di faggio.* * *Il cellulare, appoggiato sul mobile libreria di faggio trillò, vibrando, quasi cadde dallo scaffale dei libri di foto di nudi.Tony prese tra i polpastrelli il foglio col racconto appena scritto, si alzò dalla sedia e si avviò verso i libroni di foto di nudi in bianco e nero di Helmut Newton, ne aprì uno, il solito, e vi nascose il foglio col racconto. Lo richiuse lo rimise al suo posto, mentre con l’altra mano afferrava il cellulare, poi premette il piccolo pulsante accettando la chiamata."Ciao Simonetta!""Ciao, cosa stai facendo?""Sfogliavo il librone di foto di Helmut Newton.""Hai scritto un altro racconto su di me?"Sei contenta?""Mi lusinghi amore, sono dieci anni che ci conosciamo e avrai scritto almeno cinquanta racconti su di me!""Uno in più di Hemingway.""Beh, non sei monogamo ma sei monotematico!""Non parlare difficile, prof! Poi lo sai…qualcosa cambia sempre nei miei racconti su di te, come nella mia storia con te"."Stavolta cos’è cambiato?""Lui se n’è andato di casa"."Invece tu sei ancora lì…"Anche tu sei ancora lì…"" Beh uno per volta, vah!""E poi ti ho cambiato il nome, Simo!""Ah! E come mi hai chiamato?""Wanda.""Cariiiino! Molto fine. Non sei stronzo… Neanche un po’!"Due donne e uno stronzo. Il solito triangolo con un vertice fetente. Ma che sta in piedi rotolando e pesando ora su un lato ora sull’altro, pieno di spigoli, di ipotesi, di ipotenuse e di segnali di pericolo."Sei sola?""Già.""Stai scrivendo anche tu?""Naturalmente.""E lui dov’è?""In casa con sua moglie.""Lui come si chiama?""Sempre Tony, naturalmente.""Mi lusinghi. Lo tieni o lo butti?""Lo nascondo, naturalmente""Siamo due scherzi della natura, Simo!""Già." MAIEUTICA AUTOMATICA So perché ho fatto tutto il resto. Ma non quello. Quello non so. Come ho fatto?All’inizio la solita depressione. Le solite capsule che ti mandano in orbita, ma non prima di quattro-sei settimane. Devi aspettare. La depressione è quello che succede mentre aspetti di nascere. Mentre ti chiedi se ancora qualcosa da te possa nascere. Quando poi sei nato non ti ricordi più niente, nemmeno come hai fatto. Mentre aspetti di nascere di nuovo, fai qualcosa. Perlopiù cagate. A me, per esempio, venivano in mente versi di canzoni di Rita Pavone: "Perchè, perché? /La domenica mi lasci sempre sola?/ per andare a vedere la partita/ di pallone…/Perché? /Perché?/ Una volta non ci porti pure me?/ geghegè!". Già, perché?Fai qualcosa! Distraiti! Divertiti! Viaggia! Torna a credere in qualcosa! Cristo! Ancora le capsule non mi avevano portato in orbita. Cominciarono i versi delle canzoni di Edoardo Vianello e sua moglie. E, ducis in fundo, Celentano: "Neanche un prete per chiacchierar…". Troppo azzurro, davvero.Non so come ho fatto.Io sono andato da quel prete scadente che avevo perso di vista da quattordici anni, per fare una chiacchierata, così… e lui mi ha convinto a salire sul pullman per andare a vedere la Juve. A Bruxelles. Io che odio viaggiare. Che sono interista. Che sono depresso ogni sette anni. E nemmeno credo.Non so mica come ho fatto, a far nascere Don Oleandro; a strapparlo sanguinolento dalle viscere di quelle budella che si contorcevano negli spasmi della fottuta linguaccia inglese che non l’ ho mai digerita tutta quella trippaglia gotica piena di birra scura: l’ho tirato per i piedi, cristo, l’ho tirato per i piedi come si tira fuori il vitello dalla vacca, l’ho tirato per i piedi, lasciando che perdesse il colletto duro e bianco, il clergyman sbrindellato, un sandalo, i calzini corti grigi da prete, sbrodolati di merda, lasciando che perdesse tutto, tranne la vita, cristo, e il gol vincente di Platini. So che poi ero felice. Troppo felice. Quelle capsule, credo.  Gianni Marchetti