Fou de Fois

Festa di paese


Questa sera abbiamo cenato presto. Come tutti i sabati, ho portato a casa le pizze. Le abbiamo mangiate sul tavolo di plastica del giardino io, mia moglie e mio figlio. Mia moglie ha acceso una candela alla citronella per le zanzare che cominciavano ad assalirci. E’ un inconveniente del vivere in campagna, come cerco di spiegarle.     Abbiamo mangiato in fretta. La pizza era troppo cotta, come tutti i sabati. Io ho raccontato della partita di calcetto di stamattina. Mia moglie mi ha sorriso e intanto fissava la scritta rossa sul contenitore di cartone della pizza. Pizzeria Express 2000 – di Crea D. Mio figlio continuava ad allungare la testa oltre il giardino. Dalla strada, ci arrivavano le voci e la musica della festa del paese. A tratti si distinguevano anche le parole dell’uomo all’altoparlante, che annunciava le sorprese della serata.Ci siamo alzati da tavola che ci si vedeva ancora. Ho guardato mia moglie che sparecchiava. Ha impilato i contenitori delle pizze e li ha lasciati sul tavolo di cucina, aspettando che io li portassi nella pattumiera.  E’ suonato il campanello: nostro figlio ha raggiunto gli amici in strada ed è andato alla festa. Mia moglie si è seduta davanti alla tv.Io ho preso la pila dei cartoni, li ho infilati in un sacchetto di plastica e sono uscito. Camminavo lentamente lungo la stradina che da casa nostra porta ai cassonetti. Davanti agli occhi avevo le lettere rosse: Pizzeria Express 2000 – di Crea D.Ho infilato i contenitori nel cassonetto, ma era pieno, un angolo è rimasto fuori. Pizzeria Express 2000 – di Crea D. Ho allungato il passo. Alla fine della nostra stradina, comincia il corso principale del paese. Lì ci sono i negozi. E la pizzeria. Aperta da pochi mesi. Io invece abito qui da anni. Da quando ci siamo sposati.La pizzeria era illuminata a festa, il sabato è giorno di punta, soprattutto in sere come questa. Donato era dietro il bancone, ma non l’ho visto subito, perché rimaneva nascosto da una pila di pizze già confezionate. Quando mi ha visto, mi ha invitato ad entrare con un cenno della mano. E mi ha sorriso. Da amico. Perché siamo amici. O meglio, eravamo amici. Lui adesso è all’ospedale, in rianimazione, mi hanno detto. E io sono qui, in questura, per spiegare agli agenti perché sono entrato in quella pizzeria, perché sono saltato alle spalle del mio amico Donato, perché l’ho sbattuto, come una bestia, contro il forno una due tre volte, perché dopo che è caduto l’ho riempito di calci alle gambe, al ventre, alla faccia. Lui ha cercato di reagire ma non c’è riuscito, non ha fatto in tempo,  d’altra parte da un amico uno non si aspetta di essere massacrato. Anche quando l’ho visto che non si muoveva più e aveva la faccia piena di sangue, non mi sono fermato. Anzi ho continuato a colpirlo, ancora più forte. Finchè non sono arrivati i carabinieri e mi hanno portato via.In quel momento è arrivata anche mia moglie.Era stravolta, ma non mi ha neanche guardato. Ed è salita sull’ambulanza con lui.