Fou de Fois

MILANOTIAMO


Esco, la calza smagliata, i tacchi a spillo sull’asfalto, il trucco sfatto, all’alba attraverso il ponte sui navigli. Sotto, l’acqua scorre placida. Silenzio. Nessuno sulla Ripa. Un gatto sull’Alzaia, mi guarda e se ne va. Solo. Come me. Notte d’amore, notte di passione. Ci rivedremo o no? Il tuo sapore sulla mia pelle. Tracce di saliva, attimi di vita. Ieri notte. Tua moglie, il mio compagno lontani. Per una volta. Per lavoro. E io e te. Finalmente soli. Per tutta la notte. La nostra notte. Amore mio dolcissimo. Ceniamo insieme. Mi vesto bene, autoreggenti, parrucchiere, trucco, reggiseno della Perla. Per te che lo slaccerai, lo strapperai forse baciandomi i capezzoli? Ma è già successo? O ancora deve accadere? Non so più. Non mi interessa. La cena, non mi hai portata in un ristorante defilato, hai scelto quel bel posto giapponese, nello spazio Armani. Non riesco a mangiare, ti guardo negli occhi come tu guardi me. Usciamo. Passeggiamo un po’. Abbracciati. Arriviamo a piazza della Scala, ora è bellissima, la Galleria, cerchiamo un taxi davanti al Duomo illuminato. Taxi. Mi baci. Ti bacio. La tua lingua si intreccia alla mia lingua. La tua mano sul ginocchio mi accarezza. Via Torino, le colonne di San Lorenzo. Quanta gente fuori, nella piazza, i motorini parcheggiati disordinatamente: stasera non c’è la polizia. Corso di Porta Ticinese, è una serata calda, coppie di ragazzini che passeggiano con una birra in mano. Scendiamo accanto alla darsena, i negozietti con le serrande abbassate, fiori per terra fuori dal chiosco chiuso. Poi il portone, la corsa per le scale, la tua casa di ringhiera. Mi rincorri, ti rincorro, ti cadono le chiavi, apri la porta. Mi baci, infili la mano tra le mie gambe, accendi il camino. Il colore del fuoco, le tue braccia attorno ai miei fianchi, il calore dentro di me. Le giacche buttate lì per terra, come corpi morti. Il mio collo, lo baci dappertutto. Togli la giacca, ti slaccio i bottoni ad uno ad uno, baciandoti la pelle nuda, ti mordo ma non lascio segni, accarezzo la tua nuca. Sfili il mio vestito nero, mi sento bellissima, così, davanti al fuoco, con le tue mani dappertutto. Mi guardi. Ti guardo. Slacci il reggiseno, sfili le mutandine, mi lasci solo con le calze autoreggenti. Per poco, però. Strappi via anche quelle, me le smagli. In un attimo sei nudo. Dentro di me. Fuori la città è sveglia, il rumore, i locali notturni, gente che beve fino a notte fonda. E noi dentro le tue quattro mura, soli, neanche la musica. Sento il tuo respiro come un suono, incostante, denso, affannoso, il peso del tuo corpo su di me per terra. Poi mi baci e mi ribaci. Mi stringi tra le braccia e mi accompagni in camera. Stiamo al caldo, abbracciati, sto appoggiata a te, non so se riesco a prender sonno. Sogno. Sogno di te e di me. Di una passeggiata fuori, di una stanza che non sia un albergo, di una casa nostra. E’ l’alba, esco da casa tua. Ci tornerò? Chissà. La nebbia avvolge le mie sensazioni. Ti amo o no? Che cosa importa? Quello che importa è la notte, la nostra notte, che è stata o che sarà. E la mia Milano. Mi avvolge, mi circonda, all’alba è bellissima. Io sono qui. La mia città è qui, attorno a me con il suo abbraccio e il profumo di pane da una saracinesca abbassata. Inizia un altro giorno. Il battito del cuore, del MIO cuore, è in pace. La città, la mia città, il mio amore.