Lourdés à porter

AUSGANG


Nell’assurdità dell’assenza, credevo di essere tua moglie, io. Ma io sono un uomo, mi rispondevi. E le gambe esauste di attese crude,rimandavano sillabe assolate per la prossima eternità. Che non so giudicare la qualità del vino, ma ho chiaro l’umore del silenzio torbido, quello che mi si incolla alle dita da quando non ti riesco mai a baciare. Mai. Sono una Diva del madrigale, avvolta di Lisbona, che qui si vive come in un vassoio retrò. Faccio arrivare direttamente da Parigi l’acqua di Notre Dame, perché è bello lavarsi con le tue braccia. Se fossi almeno una volta stata in te. Ho tante stelle marine che mi piovono sul viso, non porto orecchini. Il mio ovale di diamante era un coltello ieri. Poi sono andata al mercato del pesce, e tutti mi hanno regalato occhi di fiordaliso con cui agghindarmi i capelli. Canterò. Canterò la mia disgrazia occulta per tutto il tempo dell’irreparabile.Tu chiudi la porta e siediti d’autunno.Ascolta. Dalla mia bocca escono fili di perle agguantati da colibrì meccanici. Do RE Mi. Non dormire, vento. Ascolta. Ascolta le carezze di tuono che io esagero sulla tua pelle nuda, sporca di sogno. Una pelle poetica come si conviene al rigore dei backstage, dove si ricamano trame musicali adatte al mio ventre illuso di donnapavone. Poi ti catturo.Ed è un controsenso amarsi al contrario.