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Murakami

Post n°8 pubblicato il 23 Aprile 2009 da miamist3ve
 

Rileggendo per l'ennesima volta il catalogo di natale di una nota catena francese ho scoperto che è stato finalmente pubblicato in italiano quel gioiellino letterario che è "after dark", romanzo che racconta uan notte a tokio.

Mi è così tornata alla mente un breve articolo scritto da murakami sulla scrittura.

Articolo che avevo trodotto indegnamente per un'amica che non ha grandi compentenze in inglese.

Ve lo lascio qua da leggere pur essendo lungo è parecchio interessante.

 

Non ho mai avuto intenzione di diventare uno scrittore di romanzo almeno non fino a che non ho compiuto 29 anni. Questo è assolutamente vero.

Fin dalla più tenera età ho sempre letto molto, e entravo così profondamente nelle novelle che leggevo che sarebbe bugiardo dire che non ho mai pensato di scrivere qualcosa. Ma non ho mai pensato di avere il talento per scrivere romanzi.
Durante l’amia adolescenza ho amato Dostoevskij, Kafka e Balzac, ma non ho mai osato pensare di poter scrivere qualcosa che potesse rivaleggiare con quello che ci hanno lasciato. avrei continuato a leggere come hobby e avrei cercato un altro modo per guadagnarmi da vivere.

L'area professionale che avevo scelto per me era la musica. Ho lavorato duro, ho risparmiato, preso molto in prestito da amici e parenti e poco dopo aver lasciato l'università ho aperto un piccolo locale jazz a Tokyo. Durante il giorno servivamo il caffè e la sera offrivamo alcolici. Servivamo anche alcuni semplici piatti. c'erano sempre dei dischi che suonavano in sottofondo, giovani musicisti che suonavano jazz dal vivo nei week end.
Ho tenuto aperto per 7 anni. Perché? per una sola semplice ragione: per poter ascoltare jazz tutto il giorno.

HO incontrato il jazz la prima volta nel 1965 quando avevo 15 anni, Art Blakey e i Jazz Messangers suonavano in Kobe a gennaio quell'anno e ho ricevuto il biglietto come regalo di compleanno. E' stata la mia prima volta che ho sentito il jazz, e mi ha ribaltato. Ero stato colpito da un fulmine. Il gruppo era stato semplicemente grandioso, Amene Short al sax tenore, Freddie Hubbard alla tromba, Curtis Fuller al trombone  Art Blakey che faceva guidava tutto con il suo modo di suonare la batteria solido e pieno di immaginazione. Penso che sia stata uno dei gruppi più solidi della storia del jazz. non avevo mai sentito della musica così incredibile: ero ammaliato.

Un anno fa a Boston ho cenato con il pianista jazz panamense Danilo Perez, e quando gli ho raccontato l storia ha tirato fuori il suo cellulare e mi ha detto " vuoi parlare con wayne haruky?"  "certamente" quasi senza parole. Ha chiamato Wayne Shorter in Florida e mi ha passato i ltelefono. Gli ho semplicemente detto di non aver mai sentito una musica così incredibile né prima né dopo quella magica serata. La vita è così strana, non sai mai quello che ti potrà succedere. Io sono qua 42 anni dopo che scrivo Novell, vivo a boston e parlo con Wagner Shorter al telefono non avrei mai potuto immaginarlo.

Quando ho compiuto 29 anni, all'improvviso ho avuto l'impressione che volevo scrivere un romanzo, che ce la potevo fare, non avrei mai scritto nulla che potesse esser al livello di Dostoevskij e Balzac, certamente, ma mi sono detto che non era importante. Non dovevo diventare un gigante letterario. Non avevo però ida di come scrivere una storia o di cosa scrivere. Non avevo esperienza, dopotutto e neppure avevo uno stile prefabbricato sul quale basarmi.
Non conoscevo nessuno che mi potesse insegnare a farlo, e neppure amici a cui parlar di letteratura. Il mio unico pensiero era quanto sarebbe stato bello poter scrivere come suonare uno strumento.

Avevo studiato il piano da bambino, e potevo leggera abbastanza musica da poter intuire una semplice melodia, ma non avevo la tecnica che mi avrebbe permesso di diventare un musicista professionista. Nella mia testa avevo però l'impressione che la mia musica crescesse in un turbinio ricco e forte. Mi domandavo se sarebbe stato possibile per me trasformare la musica in parole: questo è come è nato il mio stile.

Che sia musica o letteratura, la cosa base è il ritmo. Il tuo stile ha bisogno di un ritmo costante e naturale, senno le persone smetteranno di leggerti. Ho imparato l'importanza del ritmo dalla musica e soprattutto dal jazz.
Dopo viene la melodia, che in letteratura vuol dire il giusto ordine delle parole poste in maniera tale da fare si che possano sincronizzarsi al ritmo.
Se il modo con cui le parole si attagliano al ritmo è lineare non puoi chiedere nient'altro.
Poi viene l'armonia i suoni mentali interni che sono le fondamenta delle parole. Poi viene la parte che preferisco la libera improvvisazione. Attraverso dei canali speciali la storia sgorga liberamente dal profondo. Tutto quello che devo fare è entrare nella corrente poi finalmente arriva la cosa più importante; l'orgasmo che senti quando hai finito il lavoro quando finisci il tuo "spettacolo" e hai la sensazione di aver raggiunto un posto che è nuovo e ricco di significato. E se tutto va bene riesci a condividere quel senso di estasi con i tuoi lettori (il tuo pubblico). Questo è un apice che non può essere raggiunto in nessun altro modo.

Tutto quello che so sulla scrittura l'ho imparato dalla musica. Potrebbe sembrare paradossale dirlo, ma se non fossi stato ossessionato dalla musica non sarei mai diventato un romanziere. Anche adesso dopo 30 anni, continuo ad imparare molto sul buon scrivere dalla musica. Il mio stile è tanto profondamente influenzato dalla libera improvvisazione di Charlie Parker, per dire, quanto dalla prosa elegantemente fluida di F. Scott Fitzgerald.   E continua ad attingere come modello letterario dalla qualità del continuo auto rinnovamento della musica di Miles Davis.

Uno dei miei pianisti Jazz Preferiti è Thelonius Monk. Una volta quando qualcuno gli ha chiesto come potesse ottenere certi suoni speciali dal piano, Monk ha indicato la tastiera e ha detto " Non può esserci nessuna nuova nota. Quando guardi la tastiera, le note sono già la. Ma se dai la sufficente intenzione alle note, suonerà diversa. Devi scegliere le note che senti davvero significanti"

spesso mi ricordo queste parole quando scrivo, e mi dico " E' vero. non ci sono parole nuove. Il nostro lavoro è quello di dare nuovo significato e dare dei toni speciali a parole assolutamente comuni" trovo il pensiero rassicurante. Vuole che ci siano ancora di fronte a noi vasti spazi sconosciuti, territori fertili che aspettano solo che noi lì si coltivi.

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Un blog di: miamist3ve
Data di creazione: 20/04/2009
 

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